I cartelloni di tatuati

Un’interessante tipologia di supporto presente nel Fondo Cesare Lombroso è costituita dai cartoncini di grandi dimensioni che riproducono sezioni o figure intere di corpi nudi, utilizzando diverse tecniche: lapis; matite colorate; inchiostro o acquerello.

Spesso, la riproduzione era accompagnata da una didascalia, posizionata nella parte superiore o inferiore del foglio, che indicava nome, cognome e estremi biografici dell’effigiato, la posizione originaria e il significato dei tatuaggi riprodotti.

Tale impostazione aveva una precisa finalità espositiva e didattica, come testimoniano anche i fori presenti sui lati e sugli angoli dei supporti: oltre all’utilizzo durante le lezioni universitarie, sappiamo infatti che Lombroso, così come altri criminologi, era solito esporre i cartelloni in occasione delle mostre che accompagnavano i congressi di antropologia criminale.

Disegno su carta che riproduce i tatuaggi di Francesco Spiteri Torino, Archivio del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino
Disegno su carta che riproduce i tatuaggi di Francesco Spiteri

dal Catalogo

Di questo nucleo fa parte, ad esempio, un cartoncino, a grandezza quasi naturale e foderato in tela, che riproduce i tatuaggi di Francesco Spiteri, pluriomicida originario di Alessandria d’Egitto. La riproduzione è stata inviata a Lombroso dal dottor Santangelo, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Pietro Pisani di Palermo, attorno al 1893. Il disegno è stato eseguito con pregevole qualità da un anonimo autore che ha utilizzato diverse tecniche: l’acquerello nero per il contorno del corpo; lapis, acquarello blu, inchiostro nero e matita rossa e blu per i tatuaggi. Un altro esemplare significativo è costituito da un grande disegno acquarellato, copiato dal vero, eseguito da Luigi Frigerio, che raffigura un detenuto della Casa Penale di Alessandria, esposto al Congresso di Parigi del 1889. L’opera è un esemplare unico per l’autorialità certa, la fine tecnica esecutiva, la precisione delle copie dei tatuaggi e la particolare rappresentazione del detenuto, raffigurato in una posa che ricorda gli studi accademici di nudo.