Madonna con il bambino e i santi Giovanni battista e Girolamo. Madonna con il bambino e i santi Giovanni battista e Girolamo
dipinto
1517-1520
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
1480-1485/ 1556
Al centro del dipinto, Gesù bambino è raffigurato stante sulle ginocchia della Madonna. Il gruppo centrale è affiancato, a sinistra, da san Giovanni Battista e, a destra, da san Girolamo. Sullo sfondo, un paesaggio con due borghi fortificati arroccati sulle colline
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto era ritenuto opera di Girolamo da Santacroce già durante la sua permanenza nella collezione di Giulio Pompei e fu registrato nell’inventario del legato evidenziando la falsità dell’epigrafe sul parapetto che delimita le mezze figure in sacra conversazione, recante il nome di Giambattista Cima da Conegliano (Ferrari, Muttoni, 1853). Nei primi anni del Novecento, tra le comunicazioni pervenute al Museo, solo Lotze propendeva per un'attribuzione a Girolamo da Santacroce, mentre Cavenaghi (comunicazione del 12 agosto 1904) e Vincenzo Botteon (comunicazione del 6 novembre 1905) assegnavano il dipinto a Cima o alla sua scuola. A seguito di alcuni contributi su Cima, l'opera era stata ridimensionata al prodotto di un anonimo modesto copista del maestro trevigiano (Fossaluzza 1997; Lademann 1998), escludendo talvolta fermamente il nome di Girolamo da Santacroce (Humfrey 1983). Il fatto che la composizione sia una ripresa quasi esatta anche nelle dimensioni di un dipinto cimesco (Lipsia, Museum der Bildenden Künste, inv. 1648, cm 78 x 113; Lademann 1998, pp. 69-70 n. I/11) di cui esistono numerose copie e varianti di bottega o successive, tra cui va ricordata la replica in collezione privata milanese forse eseguita sotto la supervisione del maestro (cm 70 x 115; Humfrey 1983, pp. 125-126, fig. 49a), contribuisce evidentemente a suggerire la mano di un abile imitatore che ebbe accesso a un cartone di bottega per il trasporto del disegno. Tale ipotesi è stata confermata dall'indagine riflettografica condotta nel 2004 che ha permesso di rilevare segni di spolvero evidenti nello scollo della veste della Vergine e sulla spalla sinistra del bambino e ha, inoltre, segnalato il ductus schematico del disegno delle pieghe delle vesti, tipicamente cimesco. La maniera di Girolamo da Santacroce si manifesta in chiari dettagli stilistici, difficilmente leggibili prima del recupero conservativo della superficie pittorica che si presentava offuscata dallo sporco, da vernici e vecchi ritocchi alterati. La tela era, inoltre, stata rifilata lungo i margini e incollata ad una tavola durante un restauro condotto presumibilmente nell'Ottocento presso la Regia Accademia delle Belle Arti di Venezia, come testimonierebbe un sigillo a cera lacca che marchiava l'opera. Le principali variazioni rispetto al prototipo di Lipsia si notano nella traduzione del paesaggio. L'azzurro del cielo non è carico di nuvole rigonfie ma rigato da file di nubi sottili e da una striscia più densa e biancastra che delimita l'orizzonte; alberi e cespugli sono resi con chiome a pallottola caratteristiche di Santacroce ma non di Cima, che disegna i fogliami in maniera più libera e inventiva. Oltre al cavaliere che sbuca dal lato destro, nel quadro veronese sono inoltre aggiunte piccole figure in lontananza: due soldati armati a piedi lungo un sentiero, un gregge di pecore al pascolo con il pastore seduto in attesa, un secondo cavaliere in corsa sul suo destriero che sventola uno stendardo. Anche per quanto riguarda le monumentali figure in primo piano, i loro occhi assorti tendono a un leggero strabismo sconosciuto a Cima e invece sigla dell'artista di origine bergamasca. L’elemento definitivamente risolutivo a favore di Girolamo da Santacroce giunge dal confronto con una piccola pala d’altare firmata da suo figlio Francesco, la "Madonna in trono e i santi Giovanni battista e Francesco" del Museo Bardini di Firenze (inv. 46; cfr. Zeri, Bacchi 1991, p. 39, ill.), dove è raffigurato un san Giovanni identico a quello del dipinto di Castelvecchio, derivato evidentemente dallo stesso modello paterno. La sostanziale adesione al prototipo suggerisce una datazione del dipinto tra il 1517 e il 1520, di poco successiva all’avvio di un’attività in proprio di Santacroce, nella fase di interesse verso nuovi modelli a cui attingere oltre agli esempi belliniani dell’apprendistato giovanile, che rimarranno comunque i riferimenti principali dell’artista (Rossi 2010, pp. 214-215). Una versione dello stesso soggetto dipinta da Santacroce in età più avanzata (Milano, Castello Sforzesco, inv. 11; Fossaluzza 1997, pp. 376-378 n. 267), fornisce del modello un’interpretazione più autonoma e personale, ma senza rinunciare ad alcuni spunti che nell'esemplare veronese gli erano serviti per differenziarsi dall'originale cimesco: le pecore al pascolo con il pastore seduto e il cavaliere con lo stendardo. (da Francesca Rossi 2010, pp. 214-215)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717868
- NUMERO D'INVENTARIO 1250
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI al centro, lungo il margine inferiore - JOANES. BAPTIST. [C]ONE[LI]ANO O[...].F - capitale -
- STEMMI sul retro - Marchio - Regia Accademia delle Belle Arti di Venezia - 1 -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0