Battesimo di Cristo. battesimo di Cristo
dipinto
1535 - 1540
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
1480-1485/ 1556
Al centro del dipinto, san Giovanni battista versa l'acqua sul capo di Cristo, il quale è raffigurato con le braccia incrociate sul petto. A sinistra, due angeli tengono le vesti. Nel cielo terso appaiono Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo. Sullo sfondo, un paesaggio con il fiume, alberi e edifici
- OGGETTO dipinto
-
MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
-
ATTRIBUZIONI
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel catalogo della collezione di Giulio Pompei steso in occasione del legato al Museo figuravano tre opere ritenute di Girolamo da Santacroce: questo "Battesimo di Cristo", una ripresa da un soggetto di Cima da Conegliano (1250-1B0334) e un’"Adorazione dei pastori" (inv. 1251-1B263). Successivamente solo l’"Adorazione" rimase assegnata con certezza all’artista veneto bergamasco, come lavoro giovanile, mentre le altre finirono per insabbiarsi tra i casi irrisolti della vasta produzione convenzionalmente ricondotta alla sua abile bottega di copisti, comprendente prima il figlio Francesco e poi il nipote Pietro Paolo, che continuarono per decenni a riprodurre gli stessi schemi in opere difficilmente riordinabili cronologicamente. Per il "Battesimo", tra i dubbi sull’autografia del capofamiglia (Adolfo Venturi, comunicazione al Museo, 18 ottobre 1903, Girolamo Santacroce) e l’acuto di Antonio Avena, che addirittura denunciava il dipinto tecnicamente non conforme al XVI secolo e quindi «probabilissimamente falso; opera del XIX secolo» (cfr. la scheda cartacea presso l’archivio del Museo), la voce di Giuseppe Fiocco (comunicazione al Museo, 1913; 1916) è stata l’unica ad affermare la paternità di Francesco, portando a sostegno della sua convinzione il confronto con una variante del soggetto al Museo Correr (inv. I 59) riconosciuta a quest’ultimo. Ma anche alla luce del restauro condotto nel 2003, il dipinto veronese si distingue per una maggior morbidezza pittorica e tenuta qualitativa rispetto alla versione del Correr la cui composizione, ridotta lateralmente e semplificata nello scenario paesaggistico che fa da cornice alla scena, sembrerebbe anzi discendere dal prototipo di Castelvecchio. Una distinzione tra padre e figlio si può giocare invero su sottili disquisizioni, almeno per le opere realizzate finché Girolamo fu in vita, considerando che dagli anni quaranta, ma forse già prima, i due lavorarono assiduamente fianco a fianco. Collocabile in questa fase, verso il 1535-1540, il dipinto offre un esempio della produzione matura di Girolamo, impostata sul recupero tardivo di modelli belliniani della sua lontana educazione giovanile. Il soggetto discende infatti dal "Battesimo di Cristo" di Giovanni Bellini nella chiesa di Santa Corona a Vicenza (circa 1502), ma l’interpretazione che ne viene data è espressione di una cultura timida e ritardataria, di maniera. In un diverso scenario paesistico, del modello sono riprese fedelmente le figure di Cristo e di san Giovanni ma non il gruppo di angeli a sinistra e il Padre Eterno in gloria, proposti in versione semplificata, gli angeli ridotti da tre a due, l'Eterno privato della sua monumentalità e trasformato nell'inconsistente figurina di un'apparizione da ex-voto. Il forte ancoraggio della composizione a un'organizzazione frontale e simmetrica degli elementi, così come la materia pittorica compatta e il disegno lineare condotto diligentemente, imprimono di staticità l'insieme. L'artista sembra più a suo agio con la descrizione del paesaggio, diversamente movimentata, senza dubbio la parte più riuscita del quadro. Anche qui si rappresenta una natura tradotta, schematizzata, ma stavolta tentando un avvicinamento al contemporaneo per rispondere alle suggestioni della paesaggistica più in voga a Venezia, quella fiamminga, rievocata nella visione lenticolare dei dettagli, nel modo di accostare i verdi e gli azzurri che sfumano in lontananza, punteggiati dalle macchie sempre scure delle zone boschive, e nei gradoni rocciosi dalle forme pronunciate che si articolano in successione serrata di piani. (da Francesca Rossi 2010, pp. 216-217)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
-
CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717867
- NUMERO D'INVENTARIO 80
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI sul retro della tavola, in alto al centro - FRANCESCO (?) DA SAN [...] [VENE]ZA - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0