Crocifissione con la Vergine, san Giovanni evangelista e i santi Pietro, Francesco, Girolamo e Agostino. Crocifissione con la Vergine, san Giovanni evangelista e i santi Pietro, Francesco, Girolamo e Agostino
dipinto
1540 - 1540
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
1480-1485/ 1556
La scena è incorniciata da un arco in marmo bianco con due colonne classicheggianti. Al centro Cristo in croce è affiancato da due angeli che gli recano gli strumenti della Passione e raccolgono il sangue che sgorga dalle mani. In basso, san Girolamo abbraccia la croce in ginocchio; accanto a lui san Giovanni Evangelista e sant'Agostino. Dall'altro lato, san Francesco d'Assisi in ginocchio con le braccia spalancate, la Madonna e san Pietro. Sullo sfondo, un paesaggio montuoso con due castelli
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Galizzi Girolamo Da Santacroce (1480-1485/ 1556)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto apparteneva al primo nucleo della quadreria di Cesare Bernasconi catalogata nel 1851 dallo stesso collezionista, che attribuì l’opera a Girolamo da Santacroce. Anche all’epoca della stesura del catalogo del Museo civico di Verona, nel 1865, Bernasconi si dimostrò un attento conoscitore della pittura dei Santacroce, alla quale forse rivolse un interesse particolare per le comuni origini bergamasche che lo legavano a quegli artisti. Sua è infatti anche la prima assegnazione sicura a Girolamo da Santacroce della controversa "Madonna con il bambino e i santi Giovanni battista e Girolamo", derivata da Cima (inv. 1250-1B0334), e la conferma ancora a Girolamo del "Battesimo di Cristo" (inv. 80-1B0247), provenienti entrambi dalla collezione di Giulio Pompei. Proprio rispetto a quest’ultimo dipinto, la "Crocifissione" seguì in fondo una vicenda storico critica analoga, rimbalzando senza risoluzione dal nome di Girolamo a quello del figlio primogenito Francesco. Le motivazioni addotte a favore dell’erede non sono quasi mai state spiegate; solo Trecca (1912) fece capire che i suoi dubbi nascevano proprio dal confronto con il "Battesimo", rispetto al quale gli risultava «difficile trovare identità di maniera, se non forse nei monti e nel cielo». Nella valutazione non è trascurabile il fatto che si tratta con ogni probabilità di un prodotto della tarda maturità dell’artista, eseguito verso il 1540, nel periodo in cui il giovane Santacroce forse già lavorava in bottega, e per di più forse di un bozzetto, anche se molto finito, come dimostra l’impostazione monumentale della complessa composizione rimpicciolita in poco spazio, incorniciata nel trompe l’oeil architettonico di un altare classicheggiante. Un soggetto probabilmente pensato per una committenza di prestigio anche a giudicare dai santi affiancati alle presenze di rito della Madonna e di san Giovanni evangelista: Pietro con le chiavi della prima Chiesa, Francesco con le stimmate, Girolamo in veste d’eremita e Agostino vescovo. Pure in tali circostanze, la qualità pittorica si mantiene al livello della miglior maniera della produzione del capostipite della bottega veneziana nella resa morbida delle figure come del profondo paesaggio di sfondo, sfumato e ricco di trasparenze cristalline, estranea alla stesura più grafica e lineare del figlio. Un’ulteriore suggestione a favore del padre si ricava dal confronto con un soggetto di Francesco simile anche nel formato, la "Crocifissione con la Maddalena", a Venezia, Civico Museo Correr (inv. 58, cm 93 x 60; Mariacher 1957, pp. 208-209), che si presenta come un’ammanierata, quasi bidimensionale immagine da santino devozionale imparagonabile alla versione veronese. L’inserimento della composizione nel prospetto architettonico di un finto altare è una soluzione variamente sperimentata da Girolamo in una tipologia di opere da considerare nella casistica degli stendardi processionali, tra cui l’esempio più notevole, firmato e datato 1533, è costituito dalla "Trinità" conservata al Castello Sforzesco di Milano (inv. 395, tempera su tela, cm 140 x 90,5; Fossaluzza 1997, pp. 375-376 n. 266), mentre tra i disegni va ricordato il foglio con i "Santi Rocco, Sebastiano e Cristoforo" già appartenuto a Vasari e ora a Londra, British Museum (inv. 1900-7-17-32; Heinemann 1962, p. 173, S.586, fig. 661), opere entrambe contraddistinte da una fascia perimetrale riccamente decorata a candelabre e foglie d’acanto che racchiude il finto altare. Stringenti rapporti si ricavano con altre opere del catalogo di Girolamo da Santacroce. Il modello del Cristo in croce affiancato da due angioletti con i calici del sacro sangue si ripropone molto simile nel disegno tardo con la "Crocifissione", firmato, all’Albertina di Vienna (inv. 14253; ibidem, p. 173, S.582, fig. 662). Il sant’Agostino ricorda in piccolo la figura del suo omonimo nei "Quattro dottori della Chiesa" giunti dalla chiesa di Santa Maria dei Servi di Venezia alle Gallerie dell’Accademia (inv. 574; Moschini Marconi 1962, pp. 185-186, n. 307). (da Francesca Rossi 2010, pp. 217-218)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717866
- NUMERO D'INVENTARIO 5213
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI su cartiglio - I.N.R.I - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0