Adorazione dei magi. adorazione dei Re Magi

dipinto 1800 - 1899

Sotto un'alta capanna in legno siede su uno sgabello la Madonna con in braccio il bambino benedicente, mentre san Giuseppe in piedi poggiato al bastone osserva la scena. I re magi con il loro corteo di paggi stanno offrendo i doni. In lontananza dietro la capanna, un angelo reca l'annuncio a un gruppo di cavalieri. Sullo sfondo un paesaggio con un fiume, alberi, montagne e paesi

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Pietro Di Cristoforo Vannucci Detto Perugino (maniera)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Redigendo l’inventario della quadreria di Cesare Bernasconi, Carlo Ferrari (1871) si soffermava lungamente su questa tavola, al tempo fornita, oltre che della cornice, anche di una custodia in legno, giudicandola un autografo di Raffaello e stimandola di conseguenza la cospicua cifra di 16.000 lire. «L’effetto che produce questo quadro a chi lo guarda si è quello di restar estatici. Con più lo si ammira nuove bellezze vi si scorgono» annotava il pittore veronese, e soggiungeva: «il disegno è dello stile più puro […]; tutto è condotto a quella perfezione che caratterizza i lavori di Raffaello. […] Nel colorito vi è […] un festoso ed un brio da rallegrare l’osservatore più melanconico»; le figure gli apparivano poi tutte contraddistinte da una «verginale purezza», inequivocabilmente rapportabile ai modi «del divino artista». Un elemento a favore di tali speculazioni era d’altronde rappresentato da una scritta apposta sul verso – secondo Ferrari antica, ma invece, per il poco che ancora si intravede, perlomeno ottocentesca – che recitava appunto «prima maniera di Raffaello», a dire il vero contraddetta dall’ulteriore, coeva iscrizione «Pietro Perugino», fedelmente appuntata dal nostro compilatore, ma ignorata nelle sue possibili conseguenze anche in ragione di un atteggiamento tipico della critica dell’epoca, che tendeva ineluttabilmente a far confluire tra le primizie dell’allievo le opere del maestro ritenute di miglior qualità (Marabottini 2004, p. 391). In parte fantasiose erano anche le elucubrazioni relative alla provenienza del dipinto: dopo aver segnalato la presenza sul retro di un timbro in ceralacca con lo stemma del ducato di Monferrato (segnalato anche nella scheda cartacea, che riporta pure una "vecchia scrittura", ed attualmente illeggibile), egli specificava che il pannello era stato rinvenuto a Firenze e quindi, condizionato dall’errata attribuzione, si avventurava ad ipotizzarne l’identificazione con una perduta "Adorazione dei Magi" donata da Raffaello a Taddeo Taddei, citata negli inventari della famiglia fiorentina fino all’inizio del Seicento. Gli entusiasmi di Ferrari ebbero in realtà scarsissimo seguito. Dalla scheda cartacea conservata nell’archivio del Museo (che riporta una attribuzione incerta ad Eusebio di Giacomo di Cristoforo, detto da San Giorgio, allievo di Perugino) l’ascrizione a Raffaello risulta infatti mantenuta in forma dubitativa nel solo catalogo Alinari (n. 13493), mentre l’annotazione «Perugino?» sulla foto Anderson (invv. 39244-10C3068, 39245-10C3069, 39247-10C3071, 39248-10C3072, 39249-10C3073) rimanda a un secondo, più cospicuo filone critico, accreditato dal riconoscimento della derivazione della composizione dall’"Adorazione dei Magi" affrescata nel 1504 dal pittore umbro nell’oratorio dei Bianchi a Città della Pieve (Scarpellini 1984, pp. 108-109, figg. 218-220). In questo caso l’autografia apparve da subito insostenibile e fu stigmatizzata energicamente già da Bernardini (1902), che riteneva l’opera «debolissima» e di mano di un imitatore. In seguito Frizzoni (1904), interpellato dal direttore del Museo civico Pietro Sgulmero circa il «razionale riordinamento della pubblica pinacoteca», si pronunciava per l’immediata rimozione dal contesto espositivo del dipinto, giudicato niente più che una «copia relativamente moderna»; posizione stemperata da Trecca (1912) che, recuperando il parere di Williamson (riportato nella documentazione archivistica), si interrogava sulla possibilità di riconoscervi l’intervento di uno dei collaboratori diretti di Perugino, Eusebio da San Giorgio. A fronte dell’innegabile discendenza di quest’opera dall’affresco peruginesco, rispetto al quale l’anonimo copista apporta varianti minime, sostanzialmente limitandosi a semplificare i partiti decorativi e a sfoltire le presenze figurative nei gruppi laterali degli astanti e nello sfondo, ambigua ne rimane la datazione. In apparenza la qualità particolarmente brillante dei pigmenti e il carattere di grossolana ripresa degli stilemi quattrocenteschi di talune fisionomie farebbero pensare a un'opera ottocentesca, alla quale difetta però il tono di reinterpretazione purista che contraddistingue la maggior parte di tale produzione (Petrillo 2004, pp. 445-455) e che viceversa, nelle parti di miglior qualità, lascia sospettare l'intervento di un maestro più antico: la formulazione di un parere definitivo rimane perciò vincolata all'esecuzione di più approfondite indagini scientifiche. (da Monica Molteni 2010, pp. 480-481)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717698
  • NUMERO D'INVENTARIO 5151
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul retro - Pietro Perugino / prima maniera di Raffaello - corsivo -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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