Conoscere il cloruro di sodio

a cura di Simone Gliottone, pubblicato il 15/02/2024

L’essere umano è l’artefice del grado di sapidità della propria esistenza: scegliendo come agire, quando seguire l’istinto e quando invece affidarsi alla più glaciale razionalità, egli delinea i contorni del proprio pensiero e del proprio operato, mettendo all’interno delle relazioni sociali il proprio granello di sale. Nella storia, l’uomo ha sempre avuto la necessità di possedere del sale: che si trattasse di salgemma della qualità più pura, fornita dalla miniera, o di cloruro di sodio di qualità inferiore, proveniente dalle saline marine, l’uomo ha sempre avuto bisogno di esso per rendere i contorni della sua vita definiti e descrivibili — proprio come dovrebbero essere i sapori del cibo: identificabili, circoscrivibili, narrabili e anche riproducibili.

Salgemma, Miniera di sale di Khewra (Pakistan). Ser Amantio di Nicolao, Wikimedia Commons, CC BY 2.0 DEED
Salgemma, Miniera di sale di Khewra (Pakistan).

Che cos’è il sale, di cui oggi si ha una disponibilità pressoché infinita? La chimica informa che la denominazione esatta è cloruro di sodio, con formula NaCl, in cui sono presenti un atomo di sodio e uno di cloro nel rapporto 1:1, tenuti assieme da un legame ionico che, nel sale in cristalli, rende il reticolo ordinato secondo uno schema cubico in cui questi due ioni — negativo per il cloro e positivo per il sodio — si trovano alternati, mentre nel sale in soluzione li troviamo naturalmente separati.

Le conoscenze sulle proprietà chimiche del sale portarono al suo impiego nella conservazione degli alimenti, poiché forti concentrazioni di sale risultano tossiche per molti microrganismi. Questo utilizzo fu largamente adottato come tecnica gastronomica per prolungare la durata di un cibo, fino alle scoperte di Nicolas Appert. Nel 1810, l'inventore, dopo vari esperimenti, capì che la combinazione di calore e l’esclusione dell’aria da un contenitore chiuso ermeticamente rendeva il cibo contenuto al suo interno utilizzabile per molte settimane: questa tecnica fu subito sperimentata in ambito militare.

Oggi questo impiego del sale è ormai stato sostituito da tecniche più moderne ed efficaci, quali la surgelazione e la refrigerazione industriale, la pastorizzazione, la liofilizzazione. Tuttavia, come hanno insegnato gli antichi Romani con il garum, la salamoia o la conservazione sotto sale (e spezie) rendono il cibo molto più desiderabile e gustoso.

In origine, il sale fu un bene prezioso e raro per la civiltà umana: tanto da un punto di vista nutrizionale e gastronomico, quanto da quello legato a un più ampio immaginario simbolico. Alcune delle più antiche notizie a riguardo si traggono dalla letteratura greco-romana, la quale proponeva alcuni miti circa l'importanza e l'origine del cloruro di sodio nell'antichità.

Uno dei racconti più ricordati è quello delle nozze di Peleo, re di Ftia, e della nereide Teti, genitori di Achille, che videro una divinità marina — Nereo, padre di Teti — offrir loro in dono proprio del sale per il lieto evento. Con questo gesto generoso, il sale divenne un vero e proprio dono da parte delle divinità agli uomini, sancendo ulteriormente i loro legami, alimentati dagli esseri umani con devozioni e sacrifici.

Altro interessante racconto è quello relativo alla nascita di Afrodite. Esiodo narra, nella sua opera Teogonia, di come la divinità sia stata generata da un atto di violenza compiuto da Crono. Il Titano evirò il proprio padre Urano e il fallo, ormai separato dal corpo, cadde nelle acque che bagnano Cipro, producendo schiume dalle quali venne alla luce — già in forma adulta — la dea dell’amore e del sale. La nascita di Afrodite, secondo la mitologia greca, è una delle due conseguenze di questo accadimento: prima che Crono privasse il padre del proprio membro, Urano si trovava in una copula continua con Gea. Questa loro continua unione simboleggiava l’assenza di tempo, che venne tragicamente eliminata, decretando la fine dell’eternità.

I nostri predecessori non ebbero fin da subito le conoscenze necessarie per determinare, dal punto di vista chimico, quali e quanti tipi di sali esistessero e quali fossero i loro componenti atomici, fino al 1810, quando Davy dimostrò che il sale comune è formato da sodio e cloro. Successivamente, nel 1819, Liebig confermò la veridicità delle teorie di Davy con ulteriori esperimenti.

Prima di Liebig e Davy, già nel XVIII secolo, si ebbero le prime scoperte grazie a chimici quali Stahl, Du Hamel, Marggraf. Rouelle compì il passo decisivo nel 1774, riuscendo a definire la classe dei sali come «l’unione di qualsiasi acido, o minerale o vegetale, con un alcale fisso, un alcale volatile, una sostanza metallica o un olio».

Prima di queste affermazioni in campo chimico, le fonti più autorevoli in materia furono il Traicté de la Chymie di Lefèvre, pubblicato nel 1660, e la teoria alchemica, che includeva il sale tra i cinque elementi costituenti il mondo dell’esperienza.

Una delle caratteristiche più considerate dai produttori di sale fu la sua solubilità: essa è elevata, pari a 360 grammi in un litro d’acqua alla temperatura di 20 °C e a 391 grammi, sempre in un litro d’acqua, ma alla temperatura di 100 °C. Questo significa che, per ottenere un metro cubo di cloruro di sodio puro, si deve far evaporare un volume d’acqua marina pari a 85 metri cubi.

Questi dati, insieme al fango e ai residui organici che penetravano nelle saline, spiegano perché nei secoli passati si preferisse il sale continentale proveniente dalle miniere al sale marino prodotto nelle saline a cielo aperto, il quale — grazie alla sua colorazione rosa, rossa, grigia oppure nera, data a volte dai terreni dei fondali, altre volte da alghe e batteri che proliferavano nelle vasche di evaporazione, o ancora da un non accurato lavoro di purificazione da parte dei salinai — mostrava agli occhi dei commercianti e degli acquirenti la zona geografica di produzione e, quindi, la relativa qualità.

Senza tormentare troppo i pensieri sull’origine del sale, ciò che si può sottolineare è come le diverse culture abbiano saputo conoscere e sfruttare tale elemento. Grazie agli impieghi che esso permette — da quelli gastronomici a quelli meno poetici dell’industria chimica — il cloruro di sodio ha incoraggiato l’essere umano a sviluppare e manifestare la propria cultura.

Bibliografia

Appert N., L'art de conserver, pendant plusieurs années, toutes les substances animales et végétales, Paris, 1810

Barbier J.P., Nicolas Appert inventeur et humaniste, Paris, 1994

Bergier J.F., Una storia del sale, Venezia, 1984

Esiodo, Teogonia, Milano, 2004

Hocquet J.C., Il sale e la fortuna di Venezia, Roma, 1990

Kurlansky M., Sale. Una Biografia, Milano, 2003

Laszlo P., Storia del sale. Miti, cammini e saperi, Roma, 2004

Bibliografia in rete

Treccani Enciclopedia Online, 02/02/2024 (LINK)