capitello - a stampella - bottega campana (fine XII)
Il capitello a forma di trapezio capovolto, delimitato da un listello piano, illustra nel fronte anteriore due cavalieri medievali che si affrontano con una lunga lancia in groppa a due cavalli bardati. I cavalieri indossano una cotta di maglia ad anelli con cappuccio, lunga fino alle ginocchia, chiamata usbergo. Il cavaliere di destra indossa una spada stretta tra gomito e corpo, tipico armamento dei guerrieri normanni. Sulla faccia posteriore sono scolpiti due grifoni alati affrontati che si abbeverano. Quello di sinistra presenta una testa d'aquila e un corpo flessuoso come quello di un cavallo, con le zampe posteriori munite di artigli retrattili e una coda felina. Quello di destra ha il corpo di leone e gli artigli d'aquila. Sullo sguancio di destra è scolpito un cervo con il palco delle corna a tre ceppi di ramificazioni che sta per afferrare un leoncino, il lato sinistro manca per un taglio del marmo avvenuto in passato
- OGGETTO capitello a stampella
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MATERIA E TECNICA
marmo bianco/ scultura
- AMBITO CULTURALE Bottega Campana
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Maestro Dei Mesi
- LOCALIZZAZIONE abbazia benedettina
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Proveniente dall'antico chiostro romanico abbaziale, realizzato al fianco della chiesa prossima alla consacrazione, avvenuta l'11 novembre 1182. Lo Zigarelli ha identificato il capitello come strumento di confine, o stafilo longobardo riguardo alla Divisio Ducatus dell'849. Il modellato plastico del capitello di Montevergine si accosta ai cinque reimpiegati nella cripta della cattedrale di Sant'Agata dei Goti e a quelli del chiostro di Santa Sofia di Benevento; con quest'ultimi, in modo particolare con quello che illustra lo stesso tema, ossia i cavalieri che combattono. In quello del Museo di Montevergine, però c'è la volontà di dare alle figure un maggiore rilievo plastico, ancor più rispetto a quello conservato a Benevento nella cripta della cattedrale di Sant'Agata dei Goti. Quest'ultimo propone un tema vicino a quello di Montevergine, ma offre una versione appiattita per cui è stato realizzato prima rispetto a quelli dei due complessi di Montevergine e del chiostro di Santa Sofia, isolato rispetto agli altri quattro di Sant'Agata dei Goti, forse più antichi. L'influsso che ebbe il monastero vergiano sul territorio beneventano è attestato dalla nascita di quattro fondazione risalenti al XII secolo, per cui come attestano i temi decorativi comuni è possibile che i lapicidi che operavano nei due chiostri, seguissero un programma decorativo legato alle necessità dello stesso e frutto della realtà delle botteghe dei lapicidi locali. Inoltre la tipologia di monastero benedettino maschile, organizzato secondo un modello neo-cluniacense, giustifica la presenza di capitelli con l'illustrazioni di animali e di guerrieri. Il museo lapidario venne fondato nel 1764 dall'abate Jacuzio, con l'intento di conservare sia i marmi antichi che quelli medievali. Il capitello doveva far parte del museo poichè viene citato nel Veridico e distinto notamento del 1808 (ASMV, inv.1, b, 39), fonte di conoscenza primaria sul museo lapidario, illustrato ancora in una tavola dell'itinerario dell'Annuvola del 1840, descritto da Giovanni Zigarelli nel suo Viaggio del 1852, infine ripreso in una fotografia della Guida del Santuario di Montevergine del 1905
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1500239437
- NUMERO D'INVENTARIO 00000045
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Salerno e Avellino
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino
- DATA DI COMPILAZIONE 1989
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2005
2009
2018
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0