Ritorno di Attilio Regolo a Cartagine (?). Ritorno di Attilio Regolo a Cartagine (?)

dipinto 1450 - 1499

Il dipinto raffigura, al centro, un uomo, probabilmente Attilio Regolo, che incede verso altri personaggi che lo stanno salutando, questi ultimi ritratti all'interno di un loggiato. Altri uomini sono a cavallo o a piedi. Sullo sfondo un paesaggio roccioso con una città fortificata sulla cima

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Mocetto Girolamo (1470 Ca./ 1531 Post)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Sebbene in passato (Baron 1909) il piccolo dipinto (insieme alla tavola analoga inv. 684-1B0824) sia stato ritenuto parte di una predella d’altare, l’indagine condotta da Mattia Vinco (2018, pp. 202-204) ha permesso di confermare che i due pannelli decoravano la fronte di un cassone nuziale. Lo studioso ha, inoltre, scoperto che la raffigurazione del “Ritorno di Attilio Regolo a Cartagine” doveva trovarsi a sinistra, mentre la scena del “Supplizio” si collocava alla destra di uno stemma centrale. Come anticipato, i due pannelli raffigurano episodi della storia di Attilio Regolo, generale romano sconfitto e catturato durante il tentativo di conquistare Cartagine. Egli venne, prima, inviato dai cartaginesi a Roma per trattare il riscatto dei prigionieri e la pace, e fu, in seguito, giustiziato per aver dissuaso i suoi concittadini dall’accordarsi con il nemico. Non è chiaro se l'episodio qui raffigurato si riferisca al ritorno di Attilio Regolo a Cartagine, dove lo accolse la vendetta dei cartaginesi, o al precedente arrivo o partenza da Roma. Una sostanziale continuità tra i paesaggi di sfondo dei due dipinti, entrambi con un castello simile innalzato su una rocca, suggerisce che si tratti del ritorno del generale romano dai suoi nemici e molto probabilmente la storia era completata da altri pannelli dispersi. I due dipinti sono sempre stati considerati di incerta attribuzione e la definizione del loro autore resta problematica per le mediocri condizioni conservative in cui si presentano. In particolare, il presunto “Ritorno di Attilio Regolo a Cartagine” è penalizzato da lacune e graffiature che interessano i volti delle figure, alterati e illeggibili anche per ridipinture apportate nel corso di vecchi interventi di restauro. Sulla base dell’iconografia e dei valori pittorici originali ancora apprezzabili sembra comunque possibile riferire i due pannelli a Girolamo Mocetto, come già avanzato con i leciti dubbi del caso nel primo e fondamentale contributo storiografico sull’artista veneziano (Baron 1909). Come indicato da Francesca Rossi (2010, p. 207) l’intento di rivisitazione antiquaria alla base del "Supplizio di Attilio Regolo" è simile nella "Strage degli innocenti" di Londra, National Gallery (in due tele, invv. 1239-1240, cm 68 x 44,5 ciascuna; Romano 1988, p. 40, figg. 12-13). Entrambi sono ambientati in un ampio edificio classicheggiante accuratamente illustrato nei dettagli costruttivi fino alle venature e al trattamento dei marmi. Scendendo nell’analisti stilistica più approfondita, si coglie tra i due pannelli e le opere di Londra una matrice comune nei modelli di alcune teste e nella fissità dei gesti e delle pose delle figure che producono movimenti meccanici da manichini, come si può notare confrontando la dinamica gestuale della figura di Erode con il braccio e l’indice levato e quella del re cartaginese che ammonisce Attilio Regolo. Un’impostazione figurativa che si ripresenta nell’affresco con la "Continenza di Scipione" realizzato da Mocetto nel 1517 per la decorazione di casa Cattanei a Verona, ora a Castelvecchio (inv. 298-1B0476). Un altro indizio a favore di Mocetto ci viene dai due cavalli raffigurati in uno dei pannelli, similissimi nella "Giustizia di Traiano" dello stesso fregio veronese (inv. 299-1B0454) e confrontabili anche con quelli delle incisioni mantegnesche giovanili raffiguranti la “Battaglia tra Israeliti e Amaleciti” (Romano 1988, pp. 31-38, figg. 4-6), a proposito delle quali l’analogia si estende al motivo del castello innalzato su una rocca dal rilievo pronunciato. Tale spunto paesaggistico, ricorrente nell’iconografia di Carpaccio e di Cima, è oltremodo rivelatore della cultura veneziana dell’artista. L’ambientazione della scena del supplizio sembra inoltre risentire del soggiorno veronese di Mocetto. A tal proposito, Vinco (2018) ribadiva che le architetture dipinte nel “Supplizio” ricordano gli sfondi di molte tavolette e predelle veronesi, come anche il pavimento a scacchiera, adottato dai pittori locali, tra cui Antonio II Badile. L’ambientazione della scena ricorda vagamente piazza dei Signori, qui intesa come simbolo per rappresentare al meglio la virtù civica, ripresa anche da Giolfino (invv. 937-1B1577, 938-1B1577), nonché dallo stesso Antonio Badile (Magagnato 1979, p. 50, n. 10, fig. 23). Ulteriori confronti con l’ambito veronese si possono riscontrare con la produzione di Francesco Morone (si vedano le “Stimmate di San Francesco”, inv. 1450-1B348 e la “Madonna col bambino” del Museo canonicale di Verona databile entro il primo decennio del XVI secolo; Dal Pozzolo 2004, pp. 53-55, n. 18). A Morone rimandano, infatti, «le figure rigide ma rese con precisione geometrica» (Vinco 2018, p. 204) così come il profilo del protagonista e la spazialità ariosa della botte, elementi che, secondo Vinco, potrebbero sostenere una datazione delle due tavolette veronesi a ridosso dello scadere del secolo. (da Francesca Rossi 2010, p. 207)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715182
  • NUMERO D'INVENTARIO 685
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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