Pezzi Domenico (attribuito)
notizie 1513-1534

Nella lunetta archiacuta e con cornice a grottesche, è raffigurata l'Annunciazione, ubicati ai lati di una finestra tonda chiusa da vetrata (con l'mmagine di S. Agata), decorata superiormente da uno stemma (due edifici affiancati, sovrastati da un'aquila e retti da un campo a bande verticali). Al di sotto della lunetta inseriti in una struttura a polittico ligneo a doppio registro, sono visibili al centro e in basso, il martirio di S. Agata ad opera di due manigoldi vestiti con costumi cnquecenteschi, la scena è affiancata da S. Agnese e S. Caterina. Nello scomparto superiore si nota invece l'incoronazione di San Nicola da Tolentino per mano della Vergine e di S. Agostino, e ai lati la raffigurazione di S. Biagio e di San Gottardo. Al centro della cornice inferiore, in un campo circolare è infine visibile la data dell'esecuzione dell'affresco

  • OGGETTO dipinto murale
  • ATTRIBUZIONI Pezzi Domenico (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Gravedona (CO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il ciclo di affreschi in questione era dal Barelli in poi (Altre chiese....., 1876) ritenuto di mano di Sigismondo de Magistris cui erano stati attribuiti quasi tutti gli affreschi della chiesa, M. T. Binaghi Olivari invece (Zenale Leonardo 1982, pp. 228. 230), sulla scia di raffronti stilistici con opere di Pietro di Domenico da Lugano (Domenicus de Petro dictus Sursnicus de lacu lugani) che nel 1520 dipinge una Madonna in trono tra San Gerolamo e San Biagio in Ravecchia (Bellinzona) (vedi W. Suida, La pittura del Rinascimento nel Canton Ticino, Bellinzona 1932, p. 11), che manifesta più di un punto di contatto stilistico con gli affreschi di Gravedona. Sempre la Binaghi nota ancora riferimenti a Bramantino (Madonna del Broletto ora alla Pinacoteca di Brera a Milano) e al Luini del 1515- 17, cui si uniscono spunti dal Gaudenzio Ferrari degli anni tra il 1516 e il 1518. e forse anche da Jacopo de Barberis. A. Rovetta invece, dopo una iniziale (1972) attribizione generica ad Andrea de Gezis e Bernardino de Donati (R. Togni, Pittura a fresco in Valtellina, nei secoli XIV- XV. XVI, Sondrio 1974, p. 118) probabili autori del ciclo di affreschi della cappella di S. Caterina d'Alessandria in Sant'Antonio di Morbegno, nellos studio del 1986 (Arte Lombarda) precisando la personalità di Domenico di Pietro, cn buona probabilità dall'autore ritenuto indentificabile con Dominicus de' Peciis del lago di Lugano citato in due documenti genovesi del 1516 e del 1532 e attivo tra la Liguria e il Canton Ticino, preferisce mantenere le distanze dall'attribizione della Binaghi, ritenendo che "certe analogie, giustamente avanzate dalla Binaghi, (vadano).. imputate alla identità delle fonti figurative e dell'educazione formale, legate oltre che al Suardi e a Gaudenzio, anche al Luini e a Durer (...) "analogie che fanno parte di un linguaggio comune nel secondo decennio del secolo tra la Valtellina a Alto Lario, linguaggio "probabilmente non di un unico pittore ma di una Koinè artistica" (p. 99). A conclusione dello studio il Rovetta ribadisce ancora come precedente più probabile del ciclo gravedonese, quello di S. Caterina commissionato nel 1515 forse a Bernardino de Donati e Andrea de Gezis per la chiesa di S. Antonio a Morbegno, dal quale viene ripreso in Gravedona l'impostazione figurale e alcune sigle di volti e sopratutto "la solennità classica dell'impostazione ed il tono meditativo ed ispirato...". Il contenuto del ciclo di S. Maria delle Grazie fa appello "a molteplici contenuti, comunicati in una formidabile unità, formale: l'esaltazione del martirio, la glorificazione dell'Ordine Agstiniano, l'esaltazione della Vergine come indispensabile presenza mediatrice tra l'umano e il divino" (Rovetta 1982, p. 16). va precisato inoltre che nel "Liber Memorabilis" (Biblioteca Civica di Como, Fila I, n. 44, i. 2; 26) che segue le vicende della chiesa e del convento è citato in un documento del 1467 l'impegno del Convento di impegnarsi el culto di S. Agata, S. Agnese e S. Biagio e che nel 1474 è la dedicazione della Chiesa a S. Nicola da Tolentino. In ultimo lo stemma, ritenuto dal Rovetta (1982) non identificabile, è stato invece dalla Binaghi riconosciuto essere quello della famIglia De Segrigonis (C. Maspoli, Stemmario quattrocentesco. Codice Carpani, Lugano 1973, p. 99). Restauri: 1938, Sopr. dell'Arte Medievale e Moderna, Alberto Vitali e Massimo Tua
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300208701-0
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese
  • DATA DI COMPILAZIONE 1987
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2010
  • ISCRIZIONI In cartelle rettangolari al di sotto dei quattro santi - SANCTUS BLASIUS/ SANCTUS GOTARDUS/ S. AGNES. MECU. ENIB. HABE CUSTODE CORPORIS MEI. ANGELU DNI/ VIRGO SCTA CATHERINA GERCIE GEMA URBIS ALEXADRIE COSTI ERAT FILIA - a pennello -
  • STEMMI Al centro, in alto, del decoro intorno al rosone - familiare - Stemma - De Segrigonis -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

BENI COMPONENTI

ALTRE OPERE DELLO STESSO AUTORE - Pezzi Domenico (attribuito)

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'