Ultima Cena. Ultima cena

dipinto, post 1495 - ante 1498

Il momento rappresentato è il più drammatico del racconto evangelico, quando Gesù pronuncia la frase "In verità, vi dico, uno di voi mi tradirà", scatenando l'animarsi delle reazioni degli apostoli intorno a lui. La tensione degli astanti crea un movimento che si propaga dal centro verso l'esterno e che dalla figura di Cristo, la sola a rimanere immobile, si manifesta nei vari personaggi attraverso gesti e attitudini differenti. La figura di Gesù viene infatti isolata al centro della composizione, con le braccia tese di fronte a sè ad indicare il pane e il vino presenti sulla tavola. Gli Apostoli, collegati l'uno all'altro a piccoli gruppi di tre, sono divisi in quattro gruppi (due per lato) disposti tutti lungo il lato del tavolo opposto all'osservatore. A partire da sinistra sono raffigurati: Bartolomeo, Giacomo Minore, Andrea, Pietro, Giuda Iscariota, Giovanni. Sul lato destro sono invece dipinti: Giacomo Maggiore, Tommaso, Filippo, Matteo, Giuda Taddeo, Simone. Fa da sfondo alla composizione una parete sormontata da un soffitto a cassettoni, sulla quale si stagliano tre aperture, attraverso le quali si scorge un paesaggio in lontananza. Le due pareti laterali sono invece scandite da una serie di tendaggi, oggi purtroppo privi della decorazione originale a causa del degrado

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a tempera grassa
  • ATTRIBUZIONI Da Vinci, Leonardo (1452-1519)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Cenacolo Vinciano
  • LOCALIZZAZIONE Refettorio (ex) del convento di S. Maria delle Grazie
  • INDIRIZZO Piazza Santa Maria delle Grazie, Milano (MI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Vertice dell'attività pittorica di Leonardo da Vinci durante il suo primo soggiorno milanese (1482-1499), il dipinto dell'"Ultima Cena" fu realizzato dall'artista fiorentino tra il 1495 e il 1498, presso il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, all'interno del refettorio, oggi più comunemente conosciuto come Cenacolo vinciano. La commissione è da riferirsi al duca di Milano Ludovico il Moro, come parrebbero attestare le tre lunette soprastanti il dipinto murale con le insegne ducali circondate da ghirlande di fogli e frutti, mentre il tema dell'Eucaristia fu forse suggerito dai monaci stessi. L'opera costituisce una sorta di manifesto della pittura leonardesca degli anni milanesi, infatti in esso l'artista condensa tutti i suoi studi sui "moti dell'animo", sull'acustica, sulla prospettiva e sulla propagazione della luce. Attraverso alcuni accorgimenti prospettici, Leonardo creò uno sfondamento nella parete settentrionale del refettorio, dilatandone la spazialità ma rimanendo ancorato all'ambiente monastico di cui vennero idealmente riprese e continuate le linee delle pareti, nonché la fonte luminosa costituita dalle reali finestre aperte sulla parete occidentale della sala. Dal punto di vista della tecnica esecutiva, in assenza di testimonianze di un qualsiasi cartone o modello originale dell'artista, è stato ipotizzato che Leonardo abbia steso direttamente i suoi pensieri sull'intonaco della parete con il pennello intriso di bistro, variando di getto e all'improvviso posizioni e atteggiamenti dei personaggi, già assestati su una numerosa serie di studi e disegni. Durante il recente restauro sono state ritrovate tracce di gessetto rosso sotto la preparazione, che riflettono la sua predilezione a tradurre graficamente i pensieri, tracciando uno schema destinato a definire le masse. Un disegno di progetto, dunque, realizzato prima della stesura della preparazione e dell'imprimitura, come si trattasse di una grande tavola. A dispetto dell'eccezionale fortuna critica del dipinto, però, l'opera iniziò già a partire dal XVI secolo a deteriorarsi, per via della particolare tipologia di materiali utilizzati dall'artista: in sostituzione del canonico "buon fresco", che Leonardo non gradiva a causa della necessità di un'esecuzione troppo rapida, egli stese più strati di tempera grassa su due differenti preparazioni, una più grossolana a contatto con la parete e una gessosa su cui fecero presa i colori. Questo tipo di sperimentazione, che gli diede l'opportunità di intervenire a più riprese per cambiare e aggiustare i dettagli dell'immagine, non ebbe però un buon esito conservativo, provocando fin da subito il distaccamento e la perdita della pellicola pittorica. La storia del Cenacolo è infatti caratterizzata da un susseguirsi continuo di interventi di restauro, operati nel Settecento, nell'Ottocento e in almeno tre differenti campagne del Novecento, che spesso hanno contribuito solo ad alterare ulteriormente la già fragile superficie dipinta. In aggiunta a quanto fatto durante la dominazione napoleonica, nella quale il refettorio venne trasformato in una stalla, il Cenacolo vinciano subì numerosi danni a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale il dipinto fu coperto con dei sacchi e salvato così da danni irreparabili. L'ultimo intervento, protrattosi per 17 anni (dal 1982 al 1999) è stato curato dalla restauratrice Pinin Brambilla Barcilon, che ha riportato in luce sotto infiniti strati di colle, stucchi, ridipinture e sporco superficiale, ciò che di originale era rimasto dell'opera leonardesca, intervenendo tanto sull'adesione della pellicola pittorica al supporto quanto sulla reintegrazione delle enormi lacune, operata ad acquarello con l'intento di raggiungere una sorta di equilibrio cromatico d'insieme.
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • ENTE SCHEDATORE R03/ Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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