San Francesco d'Assisi e storie
La tavola, un dossale con terminazione a cuspide, consiste in una figura centrale di san Francesco stante, affiancato da scene che illustrano alcuni miracoli da lui operati dopo la morte. Il santo è rappresentato in posa strettamente frontale,vestito di un saio marrone con cappuccio e cordone con tre nodi, e mostra un volto estremamente emaciato, racchiuso entro un'aureola decorata con motivi vegetali; con la mano destra mostra le stimmate, mentre con la sinistra regge un Libro chiuso. Lateralmente, due angeli a mezza figura, in posa speculare,protendono il braccio destro verso di lui, mentre reggono con la mano sinistra una croce di colore rosso. A sinistra, dall'alto in basso, si susseguono le scene agiografiche, tutte caratterizzate da articolati sfondi architettonici
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Giunta Di Capitino Da Pisa Detto Giunta Pisano (attribuito): esecutore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale di S. Matteo
- LOCALIZZAZIONE Convento di San Matteo in Soarta (ex)
- INDIRIZZO Piazza San Matteo in Soarta, 1, Pisa (PI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola, a cui sembra alludere una predica dell'arcivescovo Federico Visconti già nel 1264, era verosimilmente collocata in origine sull'altar maggiore della chiesa dei frati minori di Pisa. Ricordata ancora in San Francesco, come opera di Cimabue, da fonti del secolo XVI (Libro di Antonio Billi, anonimo magliabechiano,Vasari), in età moderna fu conservata dapprima nella cappella delle reliquie,quindi nella cappella di patronato della famiglia Della Seta, a sinistra del coro, entro una tela raffigurante il Transito di san Francesco del pittore seicentesco Ottavio Vannini. Con la soppressione del convento nel 1861 l'opera fu acquisita dal Comune, per essere tuttavia di nuovo restituita ai Francescani nel 1910. Il dossale è ricordato nella chiesa di San Francesco dalla prima metà del XVII secolo, da dove fu rimossa nel 1859 e ricollocata nel 1910. Da Morrona (1793) respingendo l'identificazione col San Francesco di Cimabue, sosteneva che l'autore fosse uno dei più antichi pittori pisani, avanzando ipoteticamente il nome di Giunta. Salmi (1910) attribuì l'opera a pittore pisano della prima metà del '200 e, sostenendo la sua derivazione dal dossale di San Francescoa Pescia di Bonaventura Berlinghieri del 1235, la datò prima del 1250; Sirèn(1922) la riferì a Ugolino di Tedice assieme al Crocifisso di San Pierino diPisa; Sandberg Vavalà (1929) non accettò tale attribuzione, pur riscontrando nell'opera elementi stilistici lucchesi e bizantini. Sinibaldi e Brunetti (1943) sottolinearono l'appartenenza alla corrente pisana più strettamente legata a Giunta e Garrison (1949) la riferì a uno stretto seguace di Giunta, datandola intorno al 1250-1260. Longhi (1948), sottolineandone il carattere ripetitivo, preferì parlare di scuola pisana del XIII secolo. La critica si è poi divisa tra coloro che hanno sostenuto l'attribuzione a Giunta (Boskovitz1973; Tartuferi 1991) e coloro che l'hanno decisamente negata. Boskovitz (1973) ha riferito a Giunta oltre a questo dossale altri due di simile iconografia conservati rispettivamente nel Tesoro della Basilica di Assisi e nella Piancoteca Vaticana; l'opera pisana risalirebbe ad un periodo ante il 1235, anno in cui Bonaventura si firma nel dossale con San Francesco di Pescia, rispetto al quale il dossale pisano sarebbe quindi successivo. Caleca (1987) sottolinea l'impossibilità di un'attribuzione a Giunta per motivi cronologici, visto che i miracoli raffigurati divennero di pubblico dominio verso il 1250. Per tipologia e funzione, l'opera è avvicinabile ad altri dossali raffiguranti un personaggio affiancato da storie che illustrano il suo ciclo agiografico,come ad esempio quello, proveniente da S. Silvestro, con santa Caterina; in particolare, può essere posto a confronto con una serie di tavole dipinte di ambito francescano, con analoga terminazione a cuspide, destinate ad illustrare i meriti e la qualità sia spirituali che taumaturgiche, del santo di Assisi;come queste, la tavola di Pisa era probabilmente utilizzata come oggetto mobile da esporre sull'altare durante le principali solennità francescane, nonché come strumento per la predicazione. Nella rappresentazione di Francesco, spesso posto a paragone con Cristo nella cultura dell'epoca, sono introdotti numerosi dettagli che alludono all'iconografia tradizionale, di matrice bizantina, del Cristo Pantokrator, quali l'attributo del Libro, l'introduzione di cavità all'attaccatura del collo e di solcature sulla fronte, o ancora la presenza dei due angeli ai due lati. Nella scelta delle scene, la tavola si differenzia dagli altri dossali francescani per la completa assenza di episodi relativi alla vita di Francesco;il programma, nel porre in evidenza soprattutto le qualità taumaturgiche del santo, tende piuttosto a promuoverne il nuovo culto, assimilandolo alle più consuete espressioni della religiosità tradizionale. Nell'opera si fa ricorso a formule grafiche e compositive di origine bizantina, specialmente nella caratterizzazione dei tratti fisionomici e nel modo di illuminare gli incarnati o nell'introduzione degli svolazzi negli abiti degli angeli, che trovano punti di contatto nella tradizione pisana della prima metà del secolo XIII, rappresentata soprattutto da Giunta, alle cui opere la tavola è stata spesso accostata. Per altri versi,dettagli come la resa delle pieghe del saio di Francesco o il ricorso agli sfondi architettonici differenziati cromaticamente trovano punti di contatti con opere della metà del secolo, come la pala di santa Caterina, e con dipinti dei discendenti e della bottega di Berlinghiero
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900528908
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Museo Nazionale di San Matteo - Pisa
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
- DATA DI COMPILAZIONE 2001
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2007
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0