Iniziale "I". motivi decorativi vegetali
miniatura
1504 - 1511
Antonio Maria Da Villafora (1440-1450/ 1511)
1440-1450/ 1511
Frammento di miniatura con iniziale "I", incollata su cartoncino
- OGGETTO miniatura
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MATERIA E TECNICA
ORO
pergamena/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Antonio Maria Da Villafora (1440-1450/ 1511)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il ritaglio fa parte di un gruppo di miniature attribuite ad Antonio da Villafora, riunite per l’evidente appartenenza ad uno stesso codice, dimostrata dall’uniformità delle caratteristiche stilistiche delle immagini e dalla verificata adiacenza fisica di alcuni ritagli. Il ritaglio di maggiore dimensione (inv. 4546-1B1847) contiene l’incipit del salmo "Beati immaculati in via" (salmo 118). I restanti frammenti, ad eccezione della miniatura inv. 4550-1B1851, non conservano resti di scrittura; i più hanno il verso bianco, ovvero incollato su un cartoncino, e non danno quindi ulteriori indicazioni; l'inv. 4547-1B1848 reca nel verso il numero di pagina «II», confermando che il fregio miniato sul recto, come, verosimilmente, la scena figurata, sono nella pagina I, e costituiscono il foglio iniziale del volume. Il codice originario era un libro corale, uno "Psalterium pro diurnis horis" che inizia la domenica, "ad Primam", con il lungo salmo 118, alla cui recita sono dedicate le ore diurne della domenica e del lunedì. Il cumulo di frammenti è il risultato di una delle tante devastazioni cui andarono incontro molti manoscritti dopo le soppressioni dei monasteri veronesi e delle loro biblioteche in maggior parte tra la fine del Sette e l’inizio dell’Ottocento. Lo scopo di tale ottusa attenzione era pur sempre quello della conservazione, limitata però alla sola parte ritenuta pregevole, anziché a interi fogli percorsi da scrittura, reputata di nessun interesse. Si veda, a conferma, il foglio stappato da un libro liturgico (inv. 4548-1B0323) dove, con diligente stoltezza, è stata asportata la sola scrittura risparmiando l’intera decorazione. Quanto resta di questo manoscritto è sufficiente a fare intuire di che alta qualità dovesse essere il corale cui appartenevano le miniature. Si trattava di un salterio, come conferma il brano di testo sopravvissuto, di cui la grande "B" del frammento inv. 4546-1B1847, con monaci benedettini «qui ambulant in lege Domini», era l’iniziale dipinta nella carta d’apertura. Nel tentativo di ricostruire il foglio, si può ragionevolmente supporre che a destra della "B", a breve distanza ma non proprio adiacente, stesse il frammento con la scritta [E]ATI, a formare un incipit imponente, e che il lungo fregio con pavoni, draghi e putti, e il santo con rossa tunica e spada, formato dalla congiunzione dei ritagli invv. 4547-1B1848 e 4549-1B3270, chiudesse il margine destro della stessa carta. La lunghezza del fregio ricostruito (461 mm) dà una approssimativa idea della dimensione del codice. Altre coppie di frammenti combaciano, ma ogni ulteriore tentativo di loro assemblaggio in una pagina ipotetica, rischia d’essere arbitrario. È noto che Antonio Maria da Villafora trascorse l’ultima parte della sua vita in stretto contatto con i benedettini della Congregazione di Santa Giustina, nel cui cimitero fu accolto nel 1511. Presso il monastero di Santa Giustina, a Padova, miniò, così ci tramanda il sepoltuario, «omnia psalteria nova et missale» in una data compresa tra 1504 e 1511 (Billanovich 1968, pp. 213-214). Anche i frammenti di Castelvecchio sono evidentemente miniati per una comunità di benedettini neri, lo provano i protagonisti della grande iniziale. Resta valida l’ipotesi (Castiglioni 1982) che si tratti del monastero veronese dei Santi Nazaro e Celso, confluito nella Congregazione di Santa Giustina. Ciò non comporta che il miniatore lavorasse necessariamente a Verona. L’ipotesi si regge su alcuni fatti: dapprima la presenza dei ritagli in una collezione veronese dell’Ottocento, per cui è probabile che essi, come gli altri del Museo, provengano da un monastero veronese; poi, il forte legame del miniatore con i monaci di Santa Giustina; le documentate (Vasari) commissioni di nuovi libri da coro da parte dei monaci di San Nazaro negli ultimi anni del Quattrocento (delle quali sopravvive almeno l’antifonario AM 4929-1866 del Victoria & Albert Museum, miniato però nell’atelier Dai Libri); la stretta parentela stilistica delle miniature in esame con quelle dei salteri di Santa Giustina (Padova, Biblioteca Civica, C.M. 811-812; Biblioteca di Santa Giustina, corale 1) e con la Santa Scolastica Cini (Venezia, Fondazione Cini, 2223-167). È stato anche proposto di individuare san Celso nel santo con tunica, spada e libro del frammento 258.3.a (Mariani Canova 1984), che tuttavia non ostenta la palma del martirio.||||(da Gino Castiglioni 2010, pp. 350-353)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500736986
- NUMERO D'INVENTARIO 4556
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0