Madonna con il bambino e i santi Sebastiano e Rocco. Madonna con il bambino e i santi Sebastiano e Rocco

dipinto murale 1475/ 1476

L'affresco rappresenta una Sacra conversazione: la Madonna con il bambino in trono è affiancata dai santi Sebastiano, a sinistra, e Rocco, a destra

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a affresco
  • ATTRIBUZIONI Morone Domenico (1440 Ca./ Post 1517)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'affresco proviene dal portico che da piazza dei Signori immette nel cortile del palazzo del Capitano veneto, da dove fu levato nel 1902. Varcata la porta sammicheliana, le guide ottocentesche lo descrivono sulla parete destra, subito dopo una "Madonna" attribuita a Battista del Moro, che ne ha condiviso lo stacco e le vicende successive. Dallo stesso ambiente provengono altri lacerti, tra cui una "Annunciazione" dipinta sui pennacchi dell'arcone che suddivide il portico in due brevi campate (inv. 4325-1B1102; inv. 4326-1B1103). Osserviamo innanzitutto che il dipinto può essere agganciato al gruppo di opere che Sergio Marinelli ha raccolto sotto il nome convenzionale di Maestro dell'affresco di san Giacomo (1990, pp. 663,756). L'appellativo deriva da un grande affresco frammentario proveniente dalla chiesa o dall'ospedale del Corpus Domini, "San Giacomo tra i santi Girolamo e Lorenzo (?)", al quale lo studioso ha opportunamente aggregato due tavole raffiguranti "San Bartolomeo" e "San Rocco", elementi di un polittico smembrato proveniente invece da San Clemente. Queste opere, ora esposte nelle sale di Castelvecchio (inv. 1267-1B564; inv. 180-1B344; inv. 181-1B345; inv. 182-1B399; inv. 183-1B400), attingono una qualità straordinaria, esaltata da una linea di contorno fluida e incisiva, che all'occorrenza si piega in deformazioni espressive di rara potenza. A esse si può ora aggiungere l'affresco votivo testé ritrovato. La loro parentela stilistica è percepibile soprattutto nella figura di san Sebastiano, imbastita su un disegno nervoso e filante che sa raggiungere una notevole astrazione formale, per esempio nel profilo smussato del volto o nel cuneo appuntito formato dalle mani congiunte in preghiera. I lineamenti incisi e taglienti, che si rispecchiano sia nei tratti fisionomici dei due santi su tavola, sia in quelli di san Giacomo, sono ammorbiditi da una stesura pittorica vibrante e pulviscolare. La speculare figura di san Rocco è forse più convenzionale, ma caratterizzata da un modellato altrettanto morbido, ed è praticamente sovrapponibile al san Girolamo dell'affresco del Corpus Domini. Accomuna le due pitture murali anche un singolare aspetto di non finito, dovuto probabilmente alla caduta delle numerose parti lavorate a secco dall'artista. Il problema attributivo è stato impostato in un saggio di Luciano Bellosi (1994), secondo cui, nel gruppo del Maestro dell'affresco di san Giacomo si deve riconoscere quanto resta delle prime opere note di Domenico Morone, che egli colloca negli anni ottanta, quando il pittore aveva ormai passato i quarant'anni. Domenico Morone era nato verso il 1442 e quindi dovette iniziare la sua attività di maestro indipendente già a partire dagli anni sessanta. Gianni Peretti (2010, pp. 259-260) ritiene che proprio in quel decennio debbano cadere le opere attribuite da Marinelli al Maestro dell'affresco di san Giacomo, ipotesi sostenuta anche dal parere di Andrea De Marchi. L'esacerbata espressività di queste figure di santi trova la sua genesi naturale in ambiente padovano. La loro monumentalità, il panneggio fitto e aderente alle membra suggeriscono un'interpretazione donatelliana ancor più che squarcionesca, benché non manchino generiche analogie con certe cose dello Schiavone. L'affresco proveniente dal palazzo del Capitano condivide lo stesso linguaggio arduo e originale, non sempre la stessa stupefacente qualità. Questo appannamento può essere dovuto al precario stato di conservazione con il quale esso è giunto fino a noi, che ha reso praticamente illeggibili le figure della Madonna e del bambino, ma la forza perentoria dell'esordio sembra comunque smorzata, circostanza che suggerisce una datazione un po' più tarda, probabilmente negli anni settanta. Si è tentati di collocarlo nel biennio 1475-1476, quando il capitano veneziano Zaccaria Barbaro provvide a rinnovare la sua residenza, facendo erigere anche la monumentale loggia del cortile (Cuppini 1981, pp. 254-256). Il dipinto in questione si pone quindi come un anello di congiunzione tra la prima fase dell'artista e la sua produzione successiva, come concorrono a dimostrare i confronti con la "Madonna" di Berlino del 1484 e con i personaggi astanti dipinti negli affreschi di San Bernardino del secolo successivo. Secondo Peretti (2010), all'inizio degli anni novanta il percorso stilistico di Domenico conobbe un'improvvisa soluzione di continuità, verso una linea meno nervosa, una forma più semplificata, fisionomie meno aristocratiche e psicologie più distese. Si può congetturare che questa svolta sia stata stimolata dal confronto con la personalità emergente del figlio Francesco, che aggiornò le formule dell'atelier familiare sui modelli vincenti della pittura veneta contemporanea, quelli di Bartolomeo Montagna e di Giovanni Bellini. Eppure Domenico conservò sempre la propria autonomia, una personalità artistica ben riconoscibile, anche nelle sue cose più tarde.||||(da Gianni Peretti 2010, pp. 259-260)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717849
  • NUMERO D'INVENTARIO 6223
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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