Madonna con il bambino e i santi Giovannino, Girolamo, Francesco, Placidia, Mauro e Simplicio. Madonna con il bambino e i santi Giovannino, Girolamo, Francesco, Placidia, Mauro e Simplicio

dipinto post 1550 - ante 1555

Il dipinto raffigura la Madonna in gloria con il bambino e san Giovannino, tra i santi Girolamo e Francesco. In basso, i santi Placidia, Mauro e Simplicio

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Giolfino Nicola (1476/ 1555)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La pala è ricordata come opera di Nicola Giolfino, sull’altare a cornu Epistulae nella chiesa di Santo Stefano, dalle fonti veronesi a partire da Bartolomeo Dal Pozzo (1718) fino a Simeoni (1909a), che annota anche l’esistenza della cornice, su cui «è dipinta una Pietà piena d’espressione». Nello stesso anno la Fabbriceria di Santo Stefano ottenne dal Ministero il permesso di rimuovere entrambi gli altari laterali al maggiore, intitolati alla Vergine e ai santi Mauro Simplicio e Placidia, e di consegnare in deposito al Museo Civico le due pale di Domenico Brusasorci e di Nicola Giolfino (AMCVr, anno 1909, cartella V, Doni e Depositi). Al momento del suo ingresso al Museo quest’ultima era ancora completa della cornice originale (Trecca 1910; 1912), oggi nei depositi, nella cui predella è inserito un tondino ligneo raffigurante un "Cristo morto sorretto da due angeli", certo di altra mano. Sebbene figuri nel 1805 tra i quadri scelti da Saverio Dalla Rosa per illustrare la sua progettata "Scuola veronese di Pittura" (Guzzo 2002a), il dipinto non ha goduto di un’eccessiva fortuna critica. Debole e monotono lo giudicavano, per esempio, Crowe e Cavalcaselle (1871), mentre Bernardini (1902) ne sottolineava le caratteristiche negative, da lui ritenute tipiche delle prime opere: «un fare secco, gli occhi piccoli, spesso semichiusi, infossati, con un tratto scuro nel cavo di essi verso il naso, le sopracciglia circonflesse, le teste tondeggianti, larghe da capo, il mento aguzzo, le facce larghe, le carni giallastre, le dita appuntite, le pieghe degli abiti frequentissime e serpeggianti, svolazzanti trasversalmente come usa Liberale, le ombre forti, il modellato non fermo, il rilievo scarso, il colorito poco gradevole e armonioso». Più di recente anche Marinelli (1987) ha riconosciuto nella tela una qualità pittorica non elevatissima, «neppure per il livello abituale di Giolfino». In effetti, anche Marina Repetto Contaldo (2010, pp. 386-387) ribadiva che la composizione, nettamente bipartita secondo uno schema già collaudato nelle pale di Bovolone (ca. 1526-1532) e di San Briccio di Lavagno (ca. 1532-1541), appare sciatta ed eccessivamente affollata di presenze. Nella parte alta, sopra un ammasso incombente di nuvole, si dispone il gruppo della Vergine con il bambino e san Giovannino, affiancato da san Girolamo e san Francesco, accomunati da un «tenero patetismo ancora sulla linea della cosiddetta Madonna dei Gelsomini» (Marinelli 1987); in basso si accalcano, disputandosi il poco spazio rimasto a disposizione, i tre santi titolari dell’altare, cioè la vergine martire Placidia (erroneamente identificata, come indica la corona che porta sul capo, con la figlia di Valentiniano III), e i vescovi veronesi Mauro e Simplicio. La pala, se non occupa un posto di particolare rilievo nel catalogo di Nicola Giolfino, è però emblematica delle difficoltà che sempre si incontrano nel datarne le opere soltanto su parametri di carattere stilistico e senza il supporto dei documenti. Dapprima ritenuta tra le sue cose più giovanili (Zannandreis [1831-1834] 1891; Belviglieri 1898; Bernardini 1902), e in seguito spostata nel quarto decennio (Repetto 1963; 1974), risulta invece eseguita tra il 1550, quando Giovanni Del Bene, arciprete di Santo Stefano e probabile committente del pittore, trasferisce alla sinistra dell’altar maggiore l’altare dei santi Placidia e Simplicio, in precedenza collocato nella navata, e il 1555, anno di morte dell’artista (Brownell 1988). Anzi, era forse già terminata nell’aprile del 1553, quando il vescovo Luigi Lippomano, in visita a Santo Stefano, ordinò formalmente l’esecuzione di una pala per l’altare della Vergine (in realtà già iniziata da Domenico Brusasorci e in parte pagata dall’arciprete Dal Bene), senza accennare a quella dell’altare gemello dipinta da Giolfino, presumibilmente perché già in situ. (da Marina Repetto Contaldo 2010, pp. 386-387)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717802
  • NUMERO D'INVENTARIO 1096
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI in basso, al centro - S. MAVRVS / S. SIMPLICIVS - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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