Madonna de' Caliari. Madonna in gloria con il bambino, san Matteo, san Girolamo e il committente, detta Madonna de' Caliari
dipinto
ca 1510 - ca 1510
Giolfino Nicola (1476/ 1555)
1476/ 1555
Il dipinto raffigura la Madonna con il bambino in gloria. Sopra di lei, due putti reggono un drappo. In basso, a sinistra, san Matteo e, a destra, san Girolamo con il leone. Al centro, il committente ritratto a mezzo busto di profilo. Sul fondo, un paesaggio con colline alberate, montagne e costruzioni
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Giolfino Nicola (1476/ 1555)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La pala era collocata in origine sull’altar maggiore della chiesa di San Matteo Concortine, dove è citata dalle fonti settecentesche come «opera delle migliori di Niccolò Giolfino» ([Lanceni] 1720), «bellissima» (Biancolini 1749) e «insigne» (Marini 1797). L’ultimo a ricordarla in sede prima della soppressione della chiesa per decreto napoleonico è Saverio Dalla Rosa, che la segnala tra «li oggetti relativi alle Belle arti, che meritano considerazione» ([1803-1804] 1996, p. 311) e la elenca tra i dipinti più significativi destinati a illustrare la progettata pubblicazione di una "Scuola veronese di Pittura" (Guzzo 2002). In un inventario compilato il 28 aprile 1806, sette giorni dopo la chiusura al pubblico della chiesa, la pala figura ancora sull’altar maggiore «tutto di marmo, con custodia e trono con colonne, sue portine latterali tutte di pietra», probabilmente eretto nel corso dell’ampliamento dell’edificio iniziato nel 1740 (ASCDVr, Amministrazione Particolare della Diocesi, XVII/2, San Matteo Concortine). Entrata al Museo nel 1812, in epoca anteriore al 1858 viene impregnata di una miscela di terra rossa e olio cotto che avrebbe dovuto assicurarne la conservazione, con il risultato di alterarne per sempre la gamma cromatica. Il danno, ormai irreparabile, è infatti già registrato nel verbale di restauro del 15 marzo 1858: «La presente trovasi dalla metà in su per di dietro col beverone, in conseguenza di ciò è alterata la gloria e in cima in molte parti sgrostata e sollevato in gran parte il colore, il manto gial d’oro di S. Matteo è tutto coroso dal tempo e altri piccoli bucchi sparsi di poco rilievo, gli necessita la fodrattura» (Processi Verbali 1857-1861). Probabilmente in quest’occasione, per nascondere la sagomatura mistilinea della centina, realizzata nel Settecento quando la tela fu inserita nel nuovo altar maggiore, il dipinto venne «riquadrato mediante aggiunta degli angoli», rilevati nel 1914 in una relazione del restauratore Attilio Motta (AMCVr, anno 1914, fasc. I) e soltanto parzialmente eliminati prima dell’ultimo restauro (cfr. Repetto 1963, fig. 53). Le condizioni della pala, via via peggiorate col tempo, spiegano senza dubbio i giudizi negativi espressi da Cavalcaselle che, in margine a uno schizzo sommario tratto dal dipinto, ne rileva il «colore basso, giallastro, tristo, biggio scuro» (Venezia, Biblioteca Marciana, Cod. It. IV, 2031 [=12272], busta D, foglio 8r), e poi da Spaventi (1892), che la trova «di una intonazione monotona e di un fare punto simpatico, anzi strano, e inferiore per moltissimi rapporti» alla "Pentecoste" di Santa Anastasia. Ma fanno anche apparire del tutto immotivato l’entusiasmo, dimostrato da Avena (1947) e condiviso da Tessari (1968), «per l’intensità del colore che, morbido, pieno e vario, forma le figure, si addensa nelle ombre, è linfa nel paesaggio e riverbero nell’atmosfera e nelle nubi». Questa pala è nota anche come "Madonna de’ Caliari", dal nome del committente rivolto in preghiera verso san Girolamo, identificato con don Girolamo de’ Caliariis, in carica come rettore di San Matteo Concortine dal 1496 al 1541, quando viene sostituito dal nipote don Novello (Sgulmero 1903). La scoperta di altri documenti (ASVr, Provincia, Anagrafi, reg. 224) ha consentito di rintracciare nel 1482 in Sant’Egidio il dodicenne Girolamo, figlio di Novello e di Francesca Caliari, e i suoi numerosi fratelli, alcuni dei quali si trasferiranno con lui nella contrada di San Matteo Concortine, proprio al confine con l’abitazione di Giolfino (ASVr, Comune, Anagrafi, regg. 693, 697, 700), confermando in linea di massima la datazione della pala, proposta da Sgulmero intorno al 1510, basandosi sull’apparente età di circa quarant’anni dimostrata dal donatore. Pur nell’impossibilità di valutare appieno i pregi attribuiti al dipinto dalle fonti settecentesche, la composizione risulta ancora oggi di grande respiro, aperta su un vasto paesaggio impregnato di umori nordici, contro il quale si stagliano le figure dei due santi ai volti segnati di ombre pesanti come in Liberale. Al tardo Liberale sembrano richiamarsi anche la tipologia della Vergine e del bambino e le tonalità autunnali dell'insieme, anche se le indicazioni in tal senso sono, con ogni probabilità, accentuate dall'alterazione del tessuto cromatico; è tuttavia evidente come gli insegnamenti di Liberale e le desunzioni dalla grafica tedesca (in particolare da Albrecht Dürer) siano stati assimilati e reinventati dal pittore, a supporto di un linguaggio ormai ben definito e personalizzato da una forte tensione emotiva oltre che formale. (da Marina Repetto Contaldo 2010, pp. 378-380)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717803
- NUMERO D'INVENTARIO 1318
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0