Ritratto di giovane monaco benedettino. Ritratto di giovane monaco benedettino

dipinto ca 1520 - ca 1525

Il dipinto raffigura il ritratto a mezzo busto frontale di un giovane monaco benedettino in tunica nera. Nella mano destra, regge un libro

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Caroto Giovanni Francesco (1480 Ca./ 1555)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Un «Ritratto d'un Monaco Benedettino di Guido Reni» è ricordato nel 1718 da Bartolomeo Dal Pozzo nella propria collezione a Santa Maria in Organo (p. 307). Dopo vicissitudini che non ci sono note, esso ricompare alla metà dell'Ottocento nella quadreria che Cesare Bernasconi, il futuro Conservatore onorario della Pinacoteca civica, aveva raccolto nella sua casa di via San Vitale 4881. La provenienza è esplicitamente dichiarata nel catalogo a stampa del 1851, che conserva ancora il riferimento a Reni. Spetta a Carlo Ferrari - pittore, restauratore, collezionista in proprio, ma soprattutto il più acuto conoscitore del suo tempo in città - il merito di aver proposto il nome di Caroto stilando il “Catalogo con Stima” dei dipinti legati da Bernasconi al Comune di Verona (1871, c. 28r). Dal momento del suo ingresso al museo, nel 1871, l'attribuzione ha oscillato tra Giovan Francesco e il fratello Giovanni, assestandosi progressivamente e con poche eccezioni (Cuppini 1981, che assegnava al secondo anche il “Ritratto di fanciullo con disegno” di Castelvecchio, inv. 5519-1B130) sul primo nome. I non molti ritratti che si possono assegnare a Giovanni Caroto, come il “Monaco benedettino” del Princeton University Art Museum (già Portalupi e Cannon: Richter 1936, p. 28 n. 20) o il “Monaco olivetano Bartolomeo Martini” dell'Accademia Tadini di Lovere proveniente da Santa Maria in Organo (segnalato da Sergio Marinelli), mostrano una costruzione assai più lineare e quattrocentesca dell'immagine, ancora debitrice ai modelli di Bartolomeo Montagna e di Francesco Morone. Come sottolineato da Gianni Peretti (2010, p. 408-409; ibi 2020, 138), il dipinto del museo presenta una materia più fusa e pastosa, un carattere più spiccatamente sentimentale della figura, velata di una sottile malinconia adolescenziale, ma al tempo stesso prosciugata da qualsiasi cedimento patetico, una più astratta essenzialità (si veda il cono d’ombra proiettato sullo sfondo). La finezza psicologica e la morbidezza del modellato, che accarezza l’epidermide con sottoli modulazioni di luce, contrastano non poco con la resa grossolana e semplificata della mano o del saio: questi elementi, secondo Peretti (2020), suggerirebbero che Caroto si fosse limitato ad inserire l’ovale del volto su un fondo preparato da altri, come rivelerebbe anche il fatto che esso emerge in modo innaturale dalla sagoma scura che lo contiene. Il classicismo senza tempo dell'immagine, per certi aspetti avvicinabile a quella di “Sofonisba” (n. inv. 1260-1B0341), può giustificare l'antica attribuzione a Guido Reni. Per questi motivi è quasi impossibile avanzare una datazione sicura del ritratto, anche se proprio l'affinità con la “Sofonisba” induce a ritenerlo un'opera relativamente giovanile. La cocolla nera indossata dal giovanissimo monaco rivela che egli apparteneva alla congregazione benedettina di Santa Giustina, fondata nel 1408 da Ludovico Barbo presso l'omonimo cenobio padovano. Fin dal 1442 essa si era insediata a Verona nel monastero dei Santi Nazaro e Celso, che resta la provenienza antica più probabile del nostro dipinto. A Giovan Francesco Caroto è stato attribuito un altro “Ritratto di giovane benedettino”, con un libro e la palma del martirio, conservato a Modena nelle collezioni della Banca Popolare dell'Emilia Romagna (tela, 55 x 37 cm; Benati 1997, p. 45 n. 17). Tale attribuzione non può essere condivisa (Peretti 2020), anche perché il ritratto modenese sembra più tardo, probabilmente della fine del secolo, ma conferma il ruolo di Caroto quale ricettacolo di opere della più varia natura e di problematica collocazione, generalmente di modesta qualità, e indirettamente la scarsa considerazione che la critica moderna, a partire da Adolfo Venturi, gli ha riservato. (da Gianni Peretti 2010, p. 408-409)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717783
  • NUMERO D'INVENTARIO 1407
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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