San Sebastiano. San Sebastiano
dipinto
1536 - 1545
Antonio Da Vendri (1485 Ca./ Post 1545)
1485 ca./ post 1545
Il dipinto raffigura san Sebastiano, legato ad un albero, con due frecce conficcate nel petto e nella gamba destra. Vicino alla testa del santo, sulla destra, si intravede parte di un crocifisso
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Antonio Da Vendri (1485 Ca./ Post 1545)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE I tre frammenti raffiguranti la "Madonna con il bambino" (n. inv. 5557-1B2285), "San Rocco" (n. inv. 5556-1B2284) e la presente tela con "San Sebastiano" sono quanto resta di una pala proveniente dalla chiesa parrocchiale Santa Maria in Stelle, dov’è ricordata nel 1720 da Lanceni, che l’attribuiva a Nicola Giolfino. La pala passò poi nella collezione di Francesco Caldana, il quale, probabilmente per ragioni commerciali o per il cattivo stato di conservazione, decise di tagliarla in cinque pezzi, successivamente acquistati e ricomposti da Andrea Monga. Già nel 1820 Da Persico descriveva i due frammenti della parte inferiore tra i dipinti della collezione Caldana: «di Girolamo dai Libri o d’un migliore, se non sono di lui, due quadri che paiono porzioni d’uno maggiore, ognuno avente più figure, uno di donne l’altro di uomini, tutte in atto di contemplazione e con belle varietà di vestiti e di forme» (1820-1821, I, p. 131). I due dipinti, raffiguranti "Devoti", ora alla National Gallery di Londra (n. 749), furono visti nel 1864 da Sir Charles Eastlake, direttore del museo londinese, assemblati con le altre tre tele presso gli eredi Monga e acquistati in quella occasione (Davies 1961). Le prime notizie sui tre elementi delle collezioni civiche veronesi si trovano invece nella "Descrizione" della quadreria Caldana pubblicata nel 1822, attribuiti per esigenze di mercato a tre autori diversi: a Giolfino la Madonna, «soavissima nelle fattezze, morbide le carnagioni e freschezza nel colorito», a Paolo Morando detto Cavazzola la figura di san Rocco e a Jacopo Bellini quella di san Sebastiano, «opera di pregio». Avena (1914) riteneva che le tele fossero opera di un discepolo di Liberale e per primo ne sottolineava il rapporto con l’unico dipinto noto di Antonio da Vendri, la "Madonna con il bambino" di Castelvecchio (n. inv, 907-1B157). Egli riportava anche l’epigrafe, dettata da Andrea Monga, posta sulla cornice: «Haec tabula a Nicolao Giolfino picta in sacello S. Mariae a Stellis olim sita a familia nobilium Iustorum iuspatrona commissa et cum propriis imaginibus devotis espressa posteriori tempore distracta et in quinque partibus defracta nunc in unum restituta MDCCCLIII». Le misure del "San Sebastiano" e del "San Rocco", quando erano di proprietà Monga, risultavano maggiori a causa di alcune integrazioni, mentre quelle della "Madonna con il bambino" corrispondono alle attuali. Infine Guzzo (1992-1993), ricostruendo le complesse vicende della pala, ne propose una convincente ipotesi ricostruttiva, attribuendo contestualmente al pittore altri frammenti di affreschi sulle pareti della chiesa. I numerosi personaggi che affollano la parte inferiore della pala, rappresentati con grande forza ritrattistica, con abiti che denotano una diversa estrazione sociale, forse sono i membri di una confraternita religiosa, quella del SS. Corpo di Cristo, ricordata nel 1532 (Guzzo 1992-1993); non quindi, come credeva Monga, membri della nobile famiglia Giusti, che, come è noto, aveva ampi possedimenti nella zona e poteva averne commissionato l’esecuzione. Nei registri cittadini Antonio da Vendri è definito «depentor» o «pictor», e più avanti negli anni (1541) anche «sartor» (Mazzi 1911), circostanza che potrebbe addirsi molto bene alla raffinatezza, eleganza e precisione dei preziosi abiti dei personaggi della pala di Santa Maria in Stelle. I cinque ritagli, dopo l'attribuzione di Avena (1914), sono sempre stati assegnati ad Antonio da Vendri. Caterina Gemma Brenzoni (2010, p. 463) notava che i quindici personaggi che affollano le tele ora alla National Gallery di Londra sono stilisticamente e fisionomicamente molto vicini alle figure delle tre tele di Castelvecchio e il loro assemblarsi in atteggiamenti differenti e con una sorprendente ricchezza di vesti preziose costituisce un interessante documento storico, che può ricordare modelli nordici, quali il pittore veronese ebbe modo di conoscere quando lavorava al castello di Selva di Levico al servizio di Bernardo Cles, principe vescovo di Trento. Sulla base del confronto con i ritratti di devoti della predella londinese, Sergio Marinelli ha potuto attribuire all'artista una tela del Bonnefantes Museum di Maastricht, in Olanda, raffigurante il "Giudizio di Paride", che presenta analoghe figure a mezzo busto di sapido naturalismo (1996, p. 355, fig. 408). Questo gruppo di opere dimostra l'indipendenza dell'artista che, seppure influenzato dai suoi contemporanei, soprattutto Giolfino e Cavazzola, rivela la capacità di esprimersi anche al di fuori degli schemi consueti. La pala va riferita agli anni della maturità, subito dopo l'esperienza trentina (1535-36), quindi contemporaneamente agli affreschi eseguiti sulla parete sinistra, vicino all'ingresso, nella chiesa di Santa Maria in Stelle. (da Caterina Gemma Brenzoni 2010, p. 463)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717733
- NUMERO D'INVENTARIO 5555
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0