decorazione plastico-pittorica, complesso decorativo di Bertani Giovanni Battista detto Brizio, Segala Francesco (attribuito) (ultimo quarto sec. XVI)
decorazione plastico-pittorica,
1579-1580
Bertani Giovanni Battista Detto Brizio (ante 1516/ 1576)
ante 1516/ 1576
Segala Francesco (attribuito)
1504 (?)/ 1593
Ambiente a pianta quadrata dotato di due accessi (lati nord e ovest) e cinque finestre, di cui tre sul lato est e due sul lato sud. Il soffitto ligneo, intagliato, dipinto e dorato, è caratterizzato da ovale centrale privo di decorazione; la parte superiore delle pareti, prossima al soffitto, è scandita da lesene lignee dorate e dipinte poggianti su cornicione in stucco dorato, che definiscono tre spazi per ogni parete: maggiore il centrale, minori i laterali, recanti tracce di decorazione murale. La parte inferiore delle pareti e gli sguinci delle finestre sono decorati da motivi a finti marmi colorati dipinti. Camino in marmo rosso al centro della parete meridionale, poggiante su base
- OGGETTO decorazione plastico-pittorica
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MISURE
Altezza: 7,70 m
Lunghezza: 8,80 m
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ATTRIBUZIONI
Bertani Giovanni Battista Detto Brizio (ante 1516/ 1576): architetto
Segala Francesco (attribuito): disegnatore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Ducale/ D, 1, 9/ Sala dei Duchi
- INDIRIZZO p.zza Sordello, 40; p.zza Paccagnini, 3, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La sala dei Duchi rientra tra gli ambienti del cosiddetto Appartamento Grande di Corte Nuova (o di Castello). Il termine “sala”, che si mantiene in continuità con la definizione tradizionale, non è appropriato alla funzione assolta dall'ambiente nel contesto dell'appartamento, identificabile piuttosto con quella di una “camera”. Tale nucleo della reggia gonzaghesca si configura come risultato di una complessa genesi architettonica, segnata in parte da riutilizzo, adattamento e demolizione di preesistenze, in parte da costruzioni ex novo. Lo formano, oltre alla sala in oggetto, le sale di Manto, dei Capitani e dei Marchesi, gli ambienti già detti dell'Appartamento del Tasso (loggia, camera delle Virtù, studiolo con soprastante cappella e altri spazi funzionali), l'anticamera dei Duchi e ambienti di passaggio, organizzati intorno al cortile pensile dei Cani. L'appartamento, ideato e complessivamente realizzato durante il ducato di Guglielmo Gonzaga, spetta alla progettazione del prefetto delle fabbriche ducali Giovan Battista Bertani (1549-1576): se le sale dei Marchesi e dei Duchi, con l'interposto Appartamento del Tasso, costituiscono, nel complesso, una vera e propria addizione architettonica, nella quale è riproposto uno sviluppo verticale degli spazi (pubblici al piano nobile, strettamente privati al piano superiore) analogo a quello già attuato nell'Appartamento di Troia (L'Occaso 2009, p. 65, p. 109), i restanti ambienti sono innestati su costruzioni preesistenti (cfr. Schiavi 1929; Cottafavi 1936 [1963]; Rodella 2003, pp. 17-52; Valli 2014, pp. 498-501; Togliani 2016, pp. 109-118): ad attestarlo intervengono evidenze strutturali e lacerti pittorici. I lavori di decorazione plastica e pittorica dell'appartamento sono scalati fino all'ottavo e nono decennio: a chiuderli è la collocazione dei cicli di tele di Jacopo Tintoretto e bottega nelle sale dei Marchesi e dei Duchi (1580) e di Lorenzo Costa il Giovane nella sala dei Capitani (1581-1583). A mitigare l'assunto secondo cui la sala dei Duchi, la vicina anticamera e gli altri ambienti fino alla sala dei Marchesi costituiscano una costruzione ex novo, intervengono le osservazioni effettuate da Cottafavi (1931) in sede di restauro, opportunamente ricordate da Valli (2014, pp. 512-513). Dal punto di vista strutturale, infatti, la sala dei Duchi e l'anticamera dei Duchi risulterebbero preesistenti agli interventi del Bertani ed ottenute – annota Cottafavi (1931, pp. 92-93) – “modificando e sconvolgendo costruzioni precedenti, come lo attestano una porticina che si apriva sulla parete settentrionale della sala dei Duchi e, sullo stesso lato, per ambedue le sale, le tracce di una serie di grandi e piccole nicchie, legate con un motivo architettonico sobrio ma molto decorativo”, forse da leggere insieme alle tracce di nicchie visibili sulle testate della loggia del Tasso. L'assetto dell'ambiente progettato da Bertani, inoltre, avrebbe subito modifiche verso la fine del XVI secolo, mediante un ampliamento sul lato sud (L'Occaso 2008, p. 110, nota 79) e l'apertura di due finestre ai lati dell'unica esistente fino a quel momento sul lato orientale, come denunciato dall'interruzione della decorazione a finti marmi della parete stessa (Koering 2013, pp. 347-348; Valli 2014, p. 512). La sala dei Duchi deriva il proprio nome dall'esaltazione delle gesta militari e diplomatiche dei duchi Federico II e Francesco III Gonzaga, oggetto delle quattro tele commissionate dal duca Guglielmo a Jacopo Tintoretto nell'ottobre 1579 e dal pittore consegnate nel settembre dell'anno successivo. I dipinti, realizzati con notevoli interventi del figlio Domenico e della bottega, e oggi conservati presso l'Alte Pinakothek di Monaco come le altre quattro tele dedicate ai Fasti di casa Gonzaga previste per la sala dei Marchesi, raffigurano tre episodi relativi al padre di Guglielmo, Federico II, e uno avente per protagonista il fratello del duca, il giovane Francesco III, scomparso prematuramente: la presa di Parma da parte di Federico II (1521), l'entrata di Federico II a Milano (1521), Federico II difende Pavia (1522) e l'ingresso di Filippo II d'Asburgo a Mantova in occasione del matrimonio di Francesco III Gonzaga (1549), dipinto, quest'ultimo, nel quale compare un ritratto del fratello del duca, il committente Guglielmo (cfr. Koering 2013, pp. 347-354, con bibliografia precedente, in particolare Syre 2002 e Luzio 1890). Le quattro tele furono rimosse dalla sala dei Duchi forse già all'inizio del XVII secolo, certamente prima del 1665, quando tutti gli otto Fasti di Tintoretto sono registrati presso la villa gonzaghesca La Favorita; L'Occaso (2008, pp. 111-112) riprende l'ipotesi, avanzata da Luzio, per cui i quattro dipinti della camera possano identificarsi in “fatti d'arme della casa” collocati nella galleria di Santa Barbara tra 1626 e 1627. La partizione del registro superiore delle pareti, data dalla serie di lesene lignee e cornici in stucco dorate, è frutto del restauro diretto alla fine del terzo decennio del secolo scorso da Clinio Cottafavi (1931, pp. 92-93) che, supponendo che le tele del Tintoretto fossero state trasferite nel primo Seicento in Corte Vecchia, nella sala di Giuditta, fece qui costruire lesene e zoccolo a imitazione di quelli presenti nella detta sala (cfr. Bazzotti, Berzaghi 1986, p. 19). La ricostruzione si avvalse di tracce importanti: “lesene e zoccolo – sottolinea Cottafavi – […] non potevano essere che di legno, conservandosi ancora sui muri della sala dei Duchi, in rispondenza, i topetti di legno [tasselli murati] ai quali cornici e lesene erano avvitate”; le attuali misure degli spazi inquadrati dalle lesene non coincidono però esattamente con quelle delle tele (L'Occaso 2008, p. 110) e fonte di interrogativi è la scansione di ogni parete in tre porzioni che, se corrispondente all'assetto originario delle cornici, come pare suggerire Cottafavi, apre all'ipotesi della presenza di due laterali per ogni tela, di cui tuttavia le fonti tacciono. Risulta allora probabile che le tracce individuate in fase di restauro corrispondessero a quelle della carpenteria messa in opera dopo il trasferimento seicentesco dei quattro Fasti, per accogliere altri dipinti (“accampamenti” affiancati da “Virtù”, in L'Occaso 2008, pp. 110-112). La situazione antecedente il restauro è così descritta da Cottafavi (1931, pp. 91 e ss.): “tranne il soffitto che era quasi integro, mancando solo due mascheroni, due rosettoni e pochi altri pezzi minori, erano andate perdute le lesene divisorie delle tele del Tintoretto […] e lo zoccolo di sostegno: al posto del camino, un orrido vano […]. Tre delle finestre erano state chiuse con muri di una testa; il pavimento tutto sconnesso e mancante anche di qualche quadro in cotto […]. La piccola porta originaria di immissione nella antisala era otturata essendosene aperta altra di grandi dimensioni fra la precedente e il muro esterno”. Il camino, perduto, fu dunque rimpiazzato con altro “in marmo rosso che per lavorazione e disegno è parso coevo e che giaceva nei magazzini”; riaperta l'originaria porta verso l'antisala, furono otturate quella “di grandi dimensioni” sulla stessa parete e la porticina, “già per metà murata” verso lo studiolo sulla parete nord. Il pavimento fu totalmente rifatto in mattonelle in cotto (Valli 2014, p. 513). Il soffitto ligneo e l'ornato pittorico furono affidati alle stesse maestranze coinvolte nel restauro delle altre sale dell'appartamento, tra cui Arturo Raffaldini per la parte pittorica. Fra 1986 e 1987 l'impresa edile Benedini procede alla sostituzione di alcuni elementi della struttura lignea portante e dei manti di copertura della sala (Valli 2014, pp. 513-514); dopo il 1990 Antonio Colombo restaura il camino e la soprastante porzione di intonaco affrescato, nella quale è presente l'iscrizione riguardante il finanziamento dei restauri del Ventennio fascista (ASoMn, Relazioni Restauro, MN 523, s.d.). Attorno al 1996 Diego Voltolini interviene sull'intradosso del soffitto con operazioni di consolidamento (ASoMn, Relazioni Restauro)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267680-0
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- ISCRIZIONI Parete nord, nella finta tarsia marmorea al centro - Settembre / MCMXXX / Anno / VIII E.F - Società per il Palazzo Ducale (?) - capitale romana - a pennello - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0