Pentimento di San Pietro. San Pietro e il gallo

dipinto,

La figura di san Pietro occupa buona parte della tea; è rappresentato seduto e poggiante il piede sinistro su di una pietra. Tiene in mano un libero aperto, mentre un altro è adagiato sulla pietra in primo piano. Il santo, suggerendo un movimento repentino enfatizzato dalla mano sinistra aperta, con espressione costernata rivolge lo sguardo verso l'alto. Sulla sinistra un gallo canta poggiato su un masso

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Baglione Giovanni (attribuito): pittore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Alessandro Tiarini
    Annibale Carracci
    Vermiglio Giuseppe
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO via XX Settembre, 8, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Citato per la prima volta nell'inventario del 1631 con attribuzione a Giovanni Baglione (Campori 1870 p. 82) il dipinto datato 1606 viene riportato con la medesima attribuzione nel catalogo delle opere del duca Vittorio Amedeo I di Savoia, redatto dal Della Cornia in anni non molto lontani dall'esecuzione dell'opera. La paternità del dipinto verrà mutata improvvisamente dal Callery che nel 1854 avanzò il nome del bolognese Alessandro Tiarini (Callery 1854), ma già nel 1897 il Baudi di Vesme riformulò l'ipotesi restituendola al Baglione (Baudi di Vesme 1897, pp. 43-45). Ancora nel 1951 si ebbe un'ulteriore rettifica a favore di Annibale Carracci (Pacchioni 1951) e dopo vent'anni Noemi Gabrielli, nella sintetica ricostruzione delle vicende critiche dell'opera, confermò la prima attribuzione del 1631 a Giovanni Baglione (Gabrielli 1971). La complessa vicenda attributiva ha avuto seguito in tempi più recenti, ad iniziare dal 1980 quando Luigi Spezzaferro ha ricondotto l'opera in orbita bolognese, assegnandola ad un anonimo maestro e riconoscendovi citazioni dalla prima versione del San Matteo dipinta da Michelangelo Merisi da Caravaggio nel 1602, rifiutata e immediatamente sostituita con l'esemplare ora esposto alla chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma; con una simile attribuzione è stata menzionata da Ferdinando Bologna circa un decennio dopo (Spezzaferro 1980; Bologna 1992). A metà degli anni '90 studi condotti per via indipendente da Anna Maria Bava, Daniele Benati ed Andrea De Marchi hanno attribuito l'opera a Giuseppe Vermiglio, pittore di origini piemontesi per il quale il seppur caravaggesco dipinto della Sabauda sarebbe prova dei suoi trascorsi procaccineschi avvenuti prima della sua formazione romana (Benati 2004; Bava 2005). L'attribuzione al Vermiglio è stata recepita di buon grado da Gianni Papi (Papi 2000); tuttavia la questione attributiva è stata riformulata a favore del Baglione al passaggio nel mercato antiquario ed al relativo acquisto da parte della famiglia Petrucci di Torino, di una tela che tiene forti rapporti di similarità con quella in questione, resa nota per la prima volta da Rosanna Arena e più tardi citata da Anna Maria Bava nel saggio sui caravaggeschi in Piemonte (Arena 2003; Bava 2010) firmata e datata "IOAN. BAGLIONUS ROMANUS P. 1608". Il dipinto, più grande della tela del 1606 e con l'aggiunta della figura di san Giovanni evangelista a sinistra, acquistato nel 2007 dalla Galleria Sabauda della famiglia Petrucci, è stato identificato in un recente e puntualissimo saggio da Harula Economopoulos con quello citato nell'inventario datato 1625, relativo ai beni dell'illustre esponente dell'aristocrazia della Milano boromaica Ercole I Sfrondati; il quadro è poi menzionato in altri due inventari della famiglia milanese del 1684 e del 1788 e passò tra le disponibilità del conte Alessandro Serbelloni, amico fraterno ed erede scelto dell'ultimo diretto rappresentante della famiglia (Economopoulos 2013). Una seconda versione del dipinto datata 1606 e raffigurante l'inconsueto soggetto iconografico -'San Pietro penitente e San Giovanni evangelista' appunto- comparsa recentemente nel mercato antiquario a Vienna ed ora presente in collezione privata romana, è stata anch'essa attribuita al Baglione da Herward Rottgen e poi pubblicata con la medesima paternità da Marco Gallo. L'esecuzione delle due tele si collocherebbe pertanto nell'orbita delle commissioni del cardinale Paolo Sfondrati -probabilmente per un donativo rivolto al fratello Ercole da poco graziato dalla nascita di un figlio sano e pertanto denso di implicazioni dottrinali (Gallo 2013)- ad iniziare dal 1606 quando cioè il cardinale accolse sotto la sua ala protettrice Giovanni Baglione, il quale quello stesso anno fu insignito dei titoli del cavaglierato di Cristo e di Principe dell'Accademia di San Luca. Tali onorificenze coadiuvarono il pittore a ricoprire da allora, dopo la scomparsa del Merisi, uno posto di rilievo nel panorama artistico romano. Insieme ad uno studio delle due teste di san Giovanni e san Pietro, già di collezione romana di esponenti di casa Savoia ed ora esposto presso gli Uffici vaticani, e ad altre due tele conservate rispettivamente nella Galleria Spada e nella collezione Marini di Roma, entrambe con la medesima insolita iconografia che con ogni probabilità deriva dall'antica icona con le raffigurazioni dei due Principi degli Apostoli esposta alla devozione dei fedeli in Laterano, le due tele sopra menzionate formano un gruppo iconograficamente organico, legato al recupero di un preciso filone della tradizione iconografica romana riscoperto e promosso dal cardinale Paolo il quale si rivolse al suo pittore prediletto per la sua esecuzione. Nel gruppo individuato dalla Economopoulos e così riunito, rientra anche il dipinto con il 'Pentimento di Pietro' in Sabauda; è difatti innegabile l'identità d'impianto rispetto alle due tele di commissione Sfrondati, benché (continua in OSS)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350882
  • NUMERO D'INVENTARIO 797
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • ISCRIZIONI sulla pagina del libro tenuto in mano da san Pietro - 1606 - Baglione Giovanni - a pennello -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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