Mercato. parabola del ricco Epulone
dipinto,
post 1600 - ante 1625
Cornice in legno intagliato e dorato liscia con decorazione sul listello interno
- OGGETTO dipinto
- AMBITO CULTURALE Ambito Fiammingo
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Da Ponte Leandro Detto Leandro Bassano (seguace Di)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto proviene dalle collezioni Sabaude, ma non è possibile riconoscerlo tra quelli citati dalle fonti inventariali, documentarie e letterarie note e dunque non si conosce con esattezza l’epoca della sua acquisizione. In termini generali si può ritenere che la datazione dell’opera al primo quarto del Seicento non renda possibile stabilire un’associazione diretta con le passioni collezionistiche di Carlo Emanuele I, alle quali si legano alcune commissioni in direzione della famiglia Bassano e inclinazioni di gusto compatibili con il soggetto rappresentato (Bava, 1995, part. 222-224). La Gabrielli (1971) lo attribuisce genericamente a un seguace di Leandro Bassano e si dichiara dubbiosa relativamente al soggetto. Rileva la buona qualità del dipinto e del suo stato di conservazione, l’accuratezza della composizione quasi miniaturistica e lo colloca cronologicamente alla fine del XVI secolo o all’inizio di quello successivo. Ragiona però sui toni chiari e freddi della tavolozza impiegata - invero esaltati dal rame del supporto - e sul verticalismo dell’impianto compositivo che ritiene indizio di un'autografia ascrivibile a un artista nordico, ispirato da una delle tanto ammirate scene di genere fuoriuscite dalla bottega dei Bassano. Certamente si tratta di una copia successiva e plausibilmente di ambito fiammingo da un celebre originale di Jacopo Bassano, oggi con tutta probabilità perduto. Il maestro si confrontò infatti con il soggetto più volte nell’arco della sua carriera: verso il 1553-54 nella versione di Cleveland, che prevede una rappresentazione essenziale dell’episodio con personaggi limitati, e circa vent’anni dopo mettendo a punto una composizione completamente diversa che conosciamo soltanto da un dipinto di collezione privata che gli è stato direttamente riferito da Ballarin (1995, p. 258, figg. 152 e 256) o dalle numerose ed eterogenee copie tratte dalla bottega o da seguaci di epoche successive. Tra le versioni iconograficamente più prossime al dipinto in oggetto spiccano quelle di Vienna e del Prado, attribuite dalla critica a Leandro; quella facente parte dal 2000 della collezione della Banca Popolare di Vicenza, assegnata a Leandro e Jacopo Bassano da Fernardo Rigon (2011), che però non prevede nello sfondo il dettaglio con la punizione del ricco Epulone invece puntualmente riportato nella Parabola sabauda e infine un’opera genericamente ritenuta di bottega presso il Museo di Praga (Ballarin, 1988; 1995, p. 258 figg. 152 e 256). Le desunzioni di epoca successiva, prima fra tutte la precocissima incisione firmata dal fiammingo Jan Saedeler e datata verso il 1593 (Pan, 1992; Mason, in Il Rinascimento a Venezia, 1999, p. 574 n. 172) o la copia settecentesca attribuita ad Antonio Paglia (Anelli, 1996), indicano l’enorme successo e la capillare diffusione del prototipo bassanesco e più in generale di quel filone produttivo che si è soliti definire come “le cucine dei Bassano”. In esse la narrazione puntuale delle parabole o di episodi evangelici come Cristo in casa di Marta e Maria o la Cena in Emmaus, è apparentemente presa a pretesto per ritrarre ambientazioni manieristiche, nelle quali interni rustici ricolmi di oggetti e stoviglie si riversano direttamente nel paesaggio. Mentre pare per converso più corretto ritenere che i brani realistici avessero la funzione di presentare i temi biblici nel loro ambiente quotidiano, riattualizzandoli o rendendo più accessibile al pubblico il messaggio allegorico ad essi connesso, spesso esposto per contrasto (cfr. Rearick, 1978, I, pp. 333-343 e Aikema, 1996, pp. 106-109). In questo caso la storia si snoda verso il fondo rappresentando l’affacendarsi delle cuoche e dei servitori in primo piano a sinistra e la povertà di Lazzaro a destra, collocando il ricco Epulone poco oltre e la punizione a cui è condannato nello sfondo. Sia Ridolfi (1914, I, pp. 384-402) che Verci (1775, pp. 98 n. 153 e 100 n. 184) attestano la considerevole presenza di tali soggetti nelle case veneziane: presso i Contarini di San Felice e di San Samuele, a casa di Jacopo Pighetti e in quella dello stesso Jacopo all’indomani della sua morte. Notevole in tale senso è anche la coppia di dipinti, da sempre ritenuti en pendant, del Museo di Treviso, assegnati da un cartellino antico posto a tergo al pennello di Hans Rottenhammer e a Paul Brill e tra i quali gli studi spartiscono le competenze relativamente alla pittura delle figure e del paesaggio
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350800
- NUMERO D'INVENTARIO 679
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0