Branzi, Piergiorgio

1928-2022
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  • BIOGRAFIA Fotografia, ma anche pittura, incisione, scrittura: nel corso della sua lunga vita Piergiorgio Branzi ha lasciato il segno in tanti campi dell’arte e della cultura italiana del Novecento, padroneggiando molti di essi grazie ad uno spiccato talento e ad un’acuta intelligenza. Toscano, classe 1928, è tra i primi fotografi a recarsi nel Sud Italia per documentare le tematiche sociali e i mutamenti culturali del dopoguerra; nel 1953 infatti, Branzi parte all’avventura a bordo di una motocicletta con l’intento di esplorare visivamente il Meridione d’Italia; attraversa Emilia, Abruzzo, Marche, Molise, Puglia, Lucania, Campania, Lazio per poi rientrare in Toscana, viaggiando su strade che erano poco più che sentieri. Tra il 1955 e il 1957 partecipa alle principali esposizioni italiane e vince numerosi concorsi; negli stessi anni diventa un membro attivo della comunità fotografica italiana, contribuendo ad animare il dibattito culturale sulla fotografia dall’interno di quegli ambienti - i circoli “La Bussola” e “Misa”, il settimanale “Il Mondo” diretto da Mario Pannunzio - che si fanno portatori delle istanze più aggiornate, spesso provenienti dall’estero, sulla pratica fotografica. Nonostante i successi raggiunti in ambito fotografico, Branzi decide di proseguire la propria strada professionale come giornalista. Nel 1960 viene assunto in RAI per documentare, cinepresa alla mano, le Olimpiadi di Roma. Rimane in azienda fino alla pensione, prima come corrispondente dall’estero, poi come conduttore del telegiornale e infine come direttore della sede di Firenze. Nel 1962 è il primo operatore di una televisione occidentale a trasmettere da Mosca e tra il ‘66 e il ’69 dislocato a Parigi, ci da notizia dei tumulti legati alla contestazione giovanile. Il grande ritorno alla fotografia avviene negli anni ’90, quando Italo Zannier lo invita a prender parte al progetto collettivo di rilettura in chiave fotografica dei luoghi di Pier Paolo Pasolini, “i sojtornat di estàt”. Spinto da quell’onda, Branzi riprende in mano anche un progetto sulle strade e i marciapiedi di Parigi. Gli anni duemila segnano la svolta del passaggio alla fotografia digitale: Branzi sperimenta sia con il bianco e nero che con il colore e si appassiona soprattutto alla stampa, avendo la possibilità di ritornare sui vecchi scatti per enfatizzare alcuni dettagli e contrasti che l’analogico rendeva in modo diverso. Negli ultimi anni di vita si trasferisce con la famiglia nella campagna a nord di Roma, dove riscopre una certa fascinazione per la fotografia della natura e dove si dedica alla cura del proprio archivio, al fine di soddisfare le tante richieste per mostre e pubblicazioni sul proprio lavoro. Piergiorgio Branzi è stato riconosciuto dalla critica internazionale come un autore di spicco della fotografia italiana del ‘900. Sue fotografie sono conservate, oltre che in importanti collezioni e gallerie italiane, anche nelle collezioni del Fine Art Museum di Houston, della Tate Modern di Londra, della BNF di Parigi e del SF MoMA

dal catalogo

DOVE SI TROVANO LE OPERE

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