La collezione di tatuaggi del Museo Lombroso dell’Università di Torino
Le prime ricerche sul tatuaggio dell’antropologo Cesare Lombroso (1835-1909) si avviano all’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento quando, in qualità di medico militare, riscontrò la presenza di tatuaggi sul corpo di un centinaio di soldati.
Già da qualche anno, il tatuaggio era stato individuato da studiosi francesi e tedeschi come mezzo di identificazione di cadaveri di sconosciuti o di individui sospetti.
Torino, Archivio del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino
Luigi Frigerio, Disegno di tatuaggi copiati dal vero nella Casa Penale di Alessandria
Proseguendo, però, nei decenni successivi, con le osservazioni condotte su migliaia di individui, Lombroso verificò come la pratica fosse molto frequente nei carcerati: oltre a essere un segno di identità, il tatuaggio diventò dunque una cifra distintiva della personalità criminale. Secondo Lombroso, la motivazione che spingeva, inconsciamente, i criminali a tatuarsi era l’atavismo, cioè quel ritorno in un individuo di caratteri somatici e psichici degli antenati.
Stabilita questa connessione di “devianza” antropologica tra il tatuaggio e il criminale e per supportare questa teoria, Lombroso iniziò a raccogliere centinaia di riproduzioni di tatuaggi, singoli o a gruppi, e disegni di criminali tatuati a figura intera, alcuni dei quali sono ancora oggi conservati nella serie Il tatuaggio del Fondo Cesare Lombroso.