Madonna con Bambino; santi; episodi della vita di Cristo (polittico) (1300-1349)
polittico,
1300-1349
Polittico a dodici scomparti: al centro la Madonna con Bambino su trono con ai lati due santi e il committente; negli scomparti ai lati sono raffigurati santi (fra cui San Cristoforo, Santa Chiara, Santa Caterina, e San Francesco d'Assisi); in quelli superiori scene della vita di Cristo con al centro la Crocifissione. Il polittico è decorato inoltre con tondi che presentano santi ritratti a mezzo busto.
- FONTE DEI DATI Regione Emilia-Romagna
- OGGETTO polittico
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
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MISURE
Altezza: 142
Larghezza: 252
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Pinacoteca Comunale di Faenza - Faenza
- LOCALIZZAZIONE Pinacoteca Comunale di Faenza - Faenza
- INDIRIZZO Via S. Maria dell'Angelo, 9
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Anna Tambini ha ipotizzato che l'autore sia "un artista che su una matrice sostanzialmente riminese inserisce elementi di diretta derivazione bolognese [...] intorno al 1330-40 ca." (Tambini 1982). Il polittico trecentesco proviene con tutta verosimiglianza dall’antico monastero delle clarisse di San Martino in Poggio, come conferma l’inserto della monaca clarissa inginocchiata ai piedi della Vergine, probabilmente la committente, nonché la scelta dei santi. Nel registro inferiore compaiono: San Cristoforo, Santa Chiara, San Giovanni Battista, Santa Caterina d’Alessandria, San Francesco d’Assisi e San Ludovico di Tolosa; i due Santi che fiancheggiano la Madonna possono identificarsi con San Martino e Santa Agnese di Assisi. Coerente con la matrice francescana è il rilievo dato alle figure di Santa Chiara e di San Francesco, al centro di ognuno dei tre scomparti ai lati della Madonna. A San Francesco è associato, in modo molto originale, l’episodio delle stimmate: nella croce in mano al Santo, compaiono il Crocifisso ed il cherubino da cui partono i raggi che colpiscono le piaghe del costato, delle mani e dei piedi. Consono alla devozione francescana è inoltre il racconto della Passione di Cristo svolto nelle cuspidi; ne mancano due che dovevano presentare rispettivamente un altro episodio cristologico “post mortem” e una coppia di santi per simmetria alla cuspide con San Lorenzo e Sant’Antonio Abbate. Da un punto di vista stilistico, l’originalità del polittico è di combinare la ricerca di monumentalità, particolarmente evidente nei volumi dilatati della Vergine, di Santa Chiara e di Santa Caterina, memori delle figure di Pietro a Bagnacavallo, con un’attenzione tutta gotica agli elementi decorativi e descrittivi. Il fondo oro è impreziosito da una quadrettatura bulinata e si estende anche ai tondi dove sono delineate le figure degli Apostoli: Andrea, Giovanni Evangelista, Pietro, Tommaso (?), Bartolomeo, Giacomo il Maggiore. Le aureole hanno un raffinato decoro a lettere pseudo cufiche (San Giovanni Battista, San Cristoforo, Santa Caterina) o a foglie sottilmente incise (Santa Chiara). La solennità della Madonna, che siede in trono con la maestà tipica di Giotto, risulta mitigata dalla ricchezza dei colori, che vanno dai toni squillanti del rosso al delicatissimo rosa della veste del Bambino, mentre il manto è lumeggiato da ampie filettature dorate che, oltre alla funzione decorativa, accentuano lo sporgere dei ginocchi e il senso massivo della figura, come nelle Madonne della tarda scuola riminese, in particolare di Giovanni Baronzio e in quelle bolognesi dello Pseudo Jacopino. Il rilievo dato al motivo del libro, al di là del riferimento a Maria come “Sedes Sapientiae”, sembra alludere alla nuova cultura letteraria che si affermava nelle corti signorili e nei conventi ed è quindi un emblema di nobiltà, assegnato anche agli Apostoli dei Tondi. Un fine gusto dell’ornato si palesa anche nelle stoffe, nel drappo dietro la Vergine su cui compare l’aquila ghibellina, nella splendida veste di Santa Caterina, che ha un’eleganza tutta riminese: nel velo sui capelli, piccoli tocchi di bianco simulano i riflessi delle perle. Un ideale di eleganza sembra toccare anche il Battista, che anziché la tunica irsuta di peli di cammello, indossa una veste con un raffinato bordo di pelliccia in un luminoso colore verde acido, accostato con un bellissimo accordo cromatico al rosa del manto. Una naturalezza, che si direbbe più gotica che giottesca, caratterizza San Cristoforo: il dinamismo della figura è enfatizzato dall’ampia falcata delle gambe, dallo scatto della testa, dia lembi del manto svolazzanti nell’acqua tra cui una razza e un’anguilla, si alternano a motivi dal sapore fiabesco, come l’improvvisa fioritura del bastone che ributta foglie verdeggianti e datteri, secondo il racconto della Leggenda Aurea. Nelle cuspidi del registro superiore, si conferma la dipendenza da idee e modelli della scuola giottesca riminese, anche se con il ricorso a una più efficace forza narrativa e a una commossa verità di accenti di ascendenza bolognese. L’Orazione nell’orto si avvicina alle versioni di Pietro da Rimini affrescate a Ravenna, a Pomposa e a Tolentino: sullo sfondo di una scabra montagna rocciosa, la solitudine di Cristo, confortato solo dall’Angelo, si contrappone al gruppo degli Apostoli profondamente addormentato, tra cui, in modo molto originale, risalta la robusta figura di Pietro che, vinta dal sonno, sembra appoggiarsi pesantemente alla cornice della cuspide. La cattura di Cristo è ricca di azione, inglobando tre episodi: il bacio di Giuda, l’arresto di Cristo, Pietro che taglia l’orecchio al servo del sommo sacerdote. Fulcro della scena è la figura di Giuda che, per effetto del ritmo ascensionale dell’ampio panneggio, prevarica anche visivamente su Cristo che sembra sottrarsi all’abbraccio. Rispetto alla soluzione offerta da Giotto a Padova che focalizza il tremendo colloquio tra Giuda e Cristo all’interno di una composizione di grande equilibrio formale, qui l’evento si svolge in uno stretto spazio verticale che si direbbe modellato dalle azioni e dalle passioni dei personaggi. Il senso drammatico è sottolineato anche pittoricamente dalle macchie di rosso intenso che punteggiano la scena, nel fiotto di sangue che ricade in primo piano, nella veste di Pietro, nelle uniformi dei soldati, fino al bagliore della torcia fiammeggiante in alto sopra le punte delle picche. Tali elementi denunciano un gusto espressionistico prossimo alla pittura gotica bolognese, la cui influenza trapassa nella seconda generazione dei riminesi, in particolare in Francesco da Rimini e Giovanni Baronzio. * (il testo prosegue nel campo OSS) Testo di Anna Tambini dalla sua pubblicazione sulla storia delle Arti Figurative a Faenza, Il Gotico, Edit 2007.
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
- ENTE SCHEDATORE CRC srl Bologna
- PUBLISHER Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0