Canapificio Corderia Italiana (Rimini)
1870 - 1942
- FONTE DEI DATI Regione Emilia-Romagna
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Fra il 1840 e il 1850 il penultimo mulino della Fossa Viserba, immediatamente a monte di quello detto ‘della Marina’, venne ampliato per affiancare ai palmenti da grano un impianto di pillatura del riso. Era nata la ‘Pilleria Risi di Viserba’, di proprietà della ditta Brisi di Ancona gestita da Daniele Serpieri. Lo stabilimento lavorava il risone che, dopo la raccolta, la trebbiatura e la spulatura, doveva ancora essere brillato, cioè privato dalla scorza. Nel 1859 la Pilleria Risi passò di proprietà a Felice Ronci, che nel 1870 a sua volta la vendette alla società di Antonio Turchi e Giovanni Ghetti. Sotto la loro gestione si decise di trasformare il mulino da grano in torcitoio da canapa, lasciando attiva anche la pillatura del riso. Dopo due anni, nel 1872, lo stabilimento ‘Turchi & Ghetti’ venne ceduto alla ditta ‘Antonio Tozzi e Soci’ di Trieste che proseguì la duplice produzione per circa un ventennio. In seguito alla crisi della risicoltura, nel 1890, Tozzi decise di chiudere definitivamente il reparto di pilleria. Allo stesso tempo affiancò al torcitoio un reparto di corderia mobile attrezzato con pochi macchinari, un fabbricato entro cui si produceva corda con metodo analogo a quello dei maestri funai che la torcevano a mano camminando a ritroso; nell’opificio di Viserba, invece, denominato impianto di corderia meccanica mobile, si usava la trazione animale. Nel 1902 Tozzi cessò la lavorazione e dopo un anno di inattività cedette alla ‘Corderia Milanese’ di Giuseppe Dossi che gestì lo stabilimento fino al primo conflitto mondiale. Dossi sostituì i vecchi macchinari con impianti moderni ed efficienti; prolungò il capannone di corderia mobile, sostituì la trazione animale con quella meccanica e iniziò a lavorare una speciale corda lucidata che fece diventare famoso lo stabilimento. Fece anche installare un impianto termico per produrre vapore, energia elettrica e forza motrice della ditta Franco Tosi di Legnano. Nel 1908 lo stabilimento cambiò nome e divenne ‘Canapificio Corderia Italiana’. Nel 1917 Dossi vendette alla società ‘Barbieri & C.’, che la cedette dopo pochi mesi alle ‘Filature Tessiture Riunite già Carugati e Bazzoni’. Alla fine del 1918 ci fu l’accordo tra quest’ultima e la ‘Filatura Lombarda di Lino e Canape’, da cui nacquero le ‘Manifatture Italiane Riunite’. Nel 1920 l’azienda venne incorporata nella ‘Società Linificio e Canapificio Nazionale’. Negli anni compresi tra il 1920 e il 1928, la Corderia raggiunse il massimo sviluppo, arrivando ad occupare più di trecento operai. Negli anni della recessione economica anche la produzione viserbese venne sospesa. Nel 1930 la Corderia subì un’ultima conversione ed un temporaneo rilancio: dismesso l’impianto di corderia mobile, restarono operativi unicamente i reparti di filatura a umido. Durante il secondo conflitto mondiale, il complesso venne usato come deposito di materiali bellici e campo di prigionia, prima dai tedeschi, poi dagli alleati. Al termine del conflitto, la Corderia fu acquistata dal finanziere milanese Giovanni Ceschina, che si impegnò a ricostruirla e rimetterla in produzione. Da allora il complesso è in completo stato di abbandono. E’ in programma un intervento di riqualificazione dell’area che prevede la realizzazione di un insediamento residenziale (con una quota di edilizia residenziale pubblica), un centro di quartiere, un centro commerciale e un’area a verde pubblico.
- TIPOLOGIA SCHEDA Architettura
- ENTE SCHEDATORE Settore Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna
- PUBLISHER Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0