rilievo dei Putti di Saturno (rilievo lastra ad altorilievo)
Lastra ad altorilievo, con due putti alati, coperti da un corto mantello (clamide) gettato sulle spalle, mentre reggono lo scettro, attributo di Saturno. I due Eroti, dalla chioma scomposta, sono impostati secondo uno schema più statico che trova il suo asse di equilibrio proprio nello scettro collocato al centro della scena, rispetto al quale assumono movimenti divergenti: il putto di destra, in posizione frontale, controbilancia il peso dello scettro inclinandosi nella direzione opposta, in una posizione del tutto innaturale, accentuata anche dal movimento del mantello; per lo sforzo di reggere con le braccia distese lo scettro, calpesta il piede sinistro del proprio compagno. Il putto di sinistra, invece, posto quasi di profilo, lo aiuta a reggere l'attributo del dio. Lo sfondo è costituito da un prospetto architettonico reso con un rilievo piatto, costituito da una base che poggi su una fascia e una gola rovescia, coronato da una serie di modanature disposte in ordine inverso. Sopra, quattro basi di lesene scanalate, di cui le due centrali sono più ravvicinate.
- FONTE DEI DATI Regione Veneto
- OGGETTO rilievo lastra ad altorilievo
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MATERIA E TECNICA
Marmo
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MISURE
Altezza: 57,5 cm
Lunghezza: 69 cm
Spessore: 10 cm
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CLASSIFICAZIONE
scultura/ rilievo/ altorilievo
- AMBITO CULTURALE Ambito Culturale Romano/ Prima Età Imperiale
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Archeologico Nazionale di Venezia
- LOCALIZZAZIONE Museo Archeologico Nazionale di Venezia
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il rilievo, insieme a quello dei putti che trasportano lo scettro (inv. 39), giunse a Venezia da Ravenna, come si evince da un appunto del notaio e collezionista Oliviero Forzetta che nel 1335 li menziona come possibile acquisto della sua raccolta. Non sappiamo se il collezionista riuscì a procurarseli e se i rilievi erano già a Venezia; di certo furono visti nel 1532 da Marin Sanudo, che li ricorda murati in un edificio della Frezzeria. E' probabile, però, che entrambe le lastre fossero presenti a Venezia da almeno un secolo, come si deduce dalla profonda eco che questi rilievi ebbero nelle opere pittoriche e plastiche della prima metà del Quattrocento. Sempre nel 1532, Sansovino ebbe l'ordine di portarli nella Libreria di S. Marco, ma per motivi a noi ignoti furono portati nella cantoria dell'organo di S. Maria dei Miracoli. Da qui, su interesse dello scultore Antonio Canova e di Jacopo Morelli, nel 1811 furono trasportati nello Statuario Pubblico, da cui poi giunsero al Museo Archeologico. Entrambe le lastre fanno parte di un unico ciclo di rilievi, denominati "dei troni", costituito da alcuni esemplari conservati in luoghi diversi e di cui si ignora la provenienza. Si tratta di un ciclo di notevole ampiezza, singolare per la qualità di esecuzione e la varietà iconografica, legato al culto dinastico e alla divinizzazione imperiale, con significato religioso; gli scarsi dati a nostra disposizione non consentono di identificare il monumento per il quale sono stati creati, senzaltro di notevoli dimensioni, ma è probabile che in origine, oltre alle nove divinità attestate, ve ne fossero altre tre, per comporre il tradizionale dodecatheon. Le difficoltà interpretative sono anche maggiori, se si considera il fatto che di questo ciclo esistono varie repliche, fatto che può spiegare anche le diversità di lavorazione. Sulla base di considerazioni stilistico-formali, quali la saldezza delle forme, laccurata definizione dei piani anatomici e lariosità con cui sono trattate le ciocche degli amorini, hanno indotto a ritenere che le lastre siano state prodotte da officine neoattiche, in cui prevalgono ancora i moduli stilistici della tradizione augustea e giulio-claudia. La datazione proposta per le lastre marciane, dunque, è ai primi decenni del I sec. d.C. Il confronto con due rilievi che raffigurano lesaltazione della famiglia Giulio-Claudia e scena di sacrificio del Museo Archeologico di Ravenna e con altri due con parata di offerenti che sfilano davanti a un prospetto architettonico simile a quello delle due lastre, ha indotto a ipotizzare che un archetipo del ciclo in esame sia stato creato a Roma da officine neoattiche per un importante monumento, probabilmente anche per volontà imperatoria, e che in seguito sia stato replicato a Ravenna da maestranze urbane.
- TIPOLOGIA SCHEDA Reperti archeologici
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA S162
- ENTE SCHEDATORE Regione Veneto
- DATA DI COMPILAZIONE 1996
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0