Arca di S. Lanfranco

monumento funebre, post 1498 - ante 1509

La complessa struttura architettonica consta di sei alte colonne su base a vaso, poggianti sopra piccoli plinti decorati da 24 medaglioni con profili di imperatori, santi, poeti e 2 monaci, di cui uno orante,forse qui ritratti l'abate e il priore del monastero (nel gusto delle monete antiche e vicini a quelli nello zoccolo di Certosa) che reggono il grande sarcofago a cassa. Quest'ultimo, ornato da 8 formelle con delicati rilievi narranti vita e miracoli di S. Lanfranco, è compreso tra 2 lastre (l'inferiore in pietra nera di Salterio) distanziate da 6 pregevoli testine di cherubini a tuttotondo. Al centro del sarcofago, tra 2 volute di raccordo a fogliami, si imposta un parallelepipedo, alto e stretto, che ospita, nella porzione inferiore, 2 targhe con epigrafi commemorative in latino (riguardanti la vita del Santo e il committente Pallavicini) e nella superiore 6 rilievi a soggetto cristologico (Presentazione di Gesù al tempio, Guarigione di 3 infermi; Nascita di Gesù; Crocifissione; Visitazione di Maria; Annunciazione). Una piramide tronca apicale, con delfini sugli spigoli e stemmi al centro (uno scaccato con aquila ad ali ali spiegate, l'altro con cappello prelatizio e 4 papiri che alludono a Pallavicini) è sormontata da un'esile edicola con colonnette e 4 angeli reggistemma.

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO monumento funebre
  • MATERIA E TECNICA calcare bianco di Botticino
    marmo bianco di Candoglia
    marmo rosso di Verona
    pietra di Saltrio
    porfiroide
    marmo bianco di Carrara
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo
  • ATTRIBUZIONI Amadeo, Giovanni Antonio (pavia, 1447 - Milano, 1522/08/28)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE
  • LOCALIZZAZIONE Chiesa di S. Lanfranco
  • INDIRIZZO Via Lanfranco Beccari, Pavia (PV)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel presbiterio della chiesa romanica di S. Lanfranco è custodita la quattrocentesca arca marmorea commissionata dall'abate Pietro Pallavicini da Scipione, primo commendatario del monastero vallombrosiano, al grande architetto e scultore pavese Giovanni Antonio Amadeo, come recita l'epigrafe. Lo straordinario manufatto è destinato ad ospitare le spoglie di Lanfranco Beccari, vescovo pavese dal 1180 al 1198, che strenuo difensore dei diritti ecclesiastici, in contrasto con l'autorità comunale, secondo il suo primo biografo il vescovo Bernardo, si ritira nel cenobio, sino alla morte avvenuta il 23 giugno 1198 (sull'epigrafe è riportata la data 1194). La chiesa, precedentemente dedicata al Santo Sepolcro, cambia intitolazione in S. Lanfranco, in ricordo di colui che qui aveva operato miracoli in vita e dopo la morte. L'arca è pensata per celebrare il terzo centenario della morte di S.Lanfranco. A seguito dell'uccisione dell'abate Luca Zanachi da parte di alcuni monaci, l'abbazia vallombrosiana viene trasformata in commenda e nel 1480 affidata da papa Sisto IV al marchese Pietro Pallavicini da Scipione, protonotario apostolico e consigliere di Ludovico il Moro. Il primo commendatario, promuove un restauro ed un abbellimento della chiesa, dotandola di un presbiterio a pianta rettangolare, coperto da volta a botte con vele, culminante in una piccola abside semiesagonale (i lavori terminano nel 1509 come si deduce dalla data scolpita) creata ad hoc per accogliere degnamente l'arca marmorea, commissionata dallo stesso marchese, con l'illustre sepoltura. Nell'epigrafe presente sull'arca, scritta in un latino scorretto e con una grafia rozza, in origine posizionata nella parte posteriore (ma nel 1921 spostata anteriormente, in occasione dell'assemblaggio dell'arca, conseguente lo smontaggio per motivi di sicurezza durante la prima guerra mondiale,) viene elogiato il commendatario "Petrus Marchio Pallavicinus ex Scipiono". In fondo alla lunga iscrizione latina si legge "JOANNES ANTONIUS HOMODEUS FACIEBAT" che certifica l'autografia all'Amadeo, anche se la firma nella forma "Homodeus" compare solo nell'arca e nel clipeo con il suo autoritratto nel gugliotto sopra il Duomo di Milano, infatti è solito usare le formule De Amadeo, De Madeo, De Amadeis o Amadeo. Alla data di esecuzione nel 1498 giunge Robolini deducendola da fonti manoscritte e dall' iscrizione sull'arca in cui il committente risulta avere 52 anni, supportando la sua teoria con il fatto che nel 1498 cade il terzo centenario della morte di S. Lanfranco. In un atto del 22 marzo 1508 (in ASM Notarile 4744, Gerolamo Bareggi, doc. 1087) il monumento non risulta ancora finito. Il ritardo nell'esecuzione del manufatto può essere giustificato con le numerose committenze cui attende l'Amadeo in questo periodo: nel 1499 abbandona i lavori alla facciata della Certosa, per iniziare la direzione della fabbrica della Cattedrale pavese e di S. Maria di Canepanova; risulta attivo inoltre in Duomo a Milano (tiburio, porta di "compedo" e gugliotto). L'architetto, inoltre, potrebbe aver progettato la ristrutturazione della chiesa stessa di S. Lanfranco ed anche la costruzione del grande chiostro (già esistente nel 1497), in virtù della evidente "ascendenza" bramantesca, presente anche negli edifici pavesi del maestro (notevole l'affinità tra il chiostro e il cortile di palazzo Giovan Francesco Bottigella). Ideazione ed esecuzione del Il monumento celebrativo si collocano tra il 1498 e il 1509, è quindi una delle ultime opere scultoree di Amadeo, considerata una tappa significativa nell'evoluzione stilistica dell'artista, per Malaguzzi Valeri "la terza e ultima maniera", dove abbandona "le esagerazioni della tecnica" dei fratelli Mantegazza, per avvicinarsi ad una maniera più naturale e tranquilla, mutuata addirittura al genio di Leonardo. Infatti lo stile secco, tagliente, con panneggi accartocciati derivato dalla scuola dei Mantegazza, si stempera nelle sue figure sottili rese con finezza esecutiva, avvolte ammorbidite da un profondo sentimento. La complessa e originale struttura architettonica dell'arca, dallo spiccato senso di verticalità, che vuole ribadire il concetto di ascesi e di cammino terreno verso la santità, è paragonata ad una guglia gotica (in quegli anni Amadeo progetta al gugliotto del Duomo di Milano) o al culmine di un tiburio romanico (il piccolo tiburio con lanterne e lanternino di S. Teodoro). Malfatti precisa che l'arca è "una raffinata struttura rinascimentale, momento avanzato di un'evoluzione tipologica che trae origine da modelli funerari gotici: da quello della tomba 'alta' toscana importato a Milano da Giovanni di Balduccio con l'arca di S. Pietro Martire, e da quello della tomba campionese che ha, a Milano, uno splendido esempio nella tomba di Bernabò Visconti. Questa evoluzione tipologica passa attraverso le tombe milanesi quattrocentesche dei Borromeo Della Torre e Brivio, opere di artisti vicini all'Amadeo , che ne è considerato l'ispiratore".
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • ENTE SCHEDATORE R03/ Provincia di Pavia
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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