Progetto per un monumento sepolcrale. Progetto per un monumento sepolcrale
disegno
1500 - 1599
Tibaldi, Pellegrino (cerchia)
1527-1596
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO disegno
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MATERIA E TECNICA
carta/ pietra nera/ penna e inchiostro
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ATTRIBUZIONI
Tibaldi, Pellegrino (cerchia)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Civiche Raccolte Grafiche e Fotografiche del Castello Sforzesco. collezione Giulia Crespi Morbio Collezione Carlo Morbio
- LOCALIZZAZIONE Castello Sforzesco - complesso
- INDIRIZZO Piazza Castello, Milano (MI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L'Album Tibaldi entra nelle raccolte del Civico Museo d'Arte Antica, al Castello Sforzesco, nel 1905 quando è acquistato grazie dal mercante d'arte Julius Böhler di Monaco. L'album Tibaldi aveva fatto parte della collezione di Carlo Morbio (1811-1881), nato a Novara ma stabilitosi fin da giovane a Milano. Infatti nel Catalogo ragionato ed illustrazione degli autografi e dei ritratti di celebri personaggi dal risorgimento delle lettere insino a noi raccolti e posseduti dal cav. Carlo Morbio. (Milano, 1857, p. 97) e ancora nelle Opere Storico-Numismatiche di Carlo Morbio (Bologna, 1870, p. 186) è lo stesso Morbio a citare la "Cartella di Pellegrino" definita una "preziosa raccolta de' suoi disegni originali". È probabile sia stato soprattutto il fraintendimento del monogramma PPAM (inscritte in un cuore sormontato da una croce), all'epoca interpretato appunto come firma di Pellegrino Pellegrini, ad aver portato il conoscitore e chi dopo di lui ebbe modo di vedere e valutare i disegni all'errata attribuzione al Tibaldi. Dopo la morte del Morbio, la figlia Giulia, moglie dell'imprenditore tessile Benigno Crespi, cede gran parte della collezione paterna al libraio Theodor Ackermann che la vende in varie aste a Lipsia, in Germania. È questa probabilmente la ragione dell'intermediazione di un altro mercante tedesco, il già citato Böhler, che permise il ritorno dei disegni a Milano. Il foglio 37 presenta il progetto di ricchissimo monumento funebre per un vescovo. Due cariatidi sostengono una mensola sulla quale poggia una prima arca che ne sostiene una seconda, di dimensioni leggermente inferiori, in cima alla quale è ritratto un vescovo supino. \nIl disegno si può mettere in rapporto con il monumento funebre del vescovo di Bobbio, Battista Bagarotti (Castello Sforzesco, inv. 1417), realizzato tra il 1517 e il 1519 (V. Zani in Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco. Scultura lapidea, v. III Milano, Electa, 2014). Si possono rilevare alcuni fondamentali punti di contatto tra il foglio 37 dell'album Tibaldi e il monumento conservato nelle sale del Castello che riguardano la porzione superiore del monumento. Oltre alla non comune struttura costituita da due arche sovrapposte, le decorazioni appaiono così simili da far ipotizzare una dipendenza diretta: dal basso verso l'alto, le zampe leonine e il teschio che sorreggono la prima arca e in particolare la fascia inferiore dell'arca stessa, ancora più aderente la resa scultorea del fregio immediatamente superiore con festoni e puttini. Nella decorazione dell'arca sommitale si notino invece i leoni alati (e addirittura si potrebbe insistere sulla curiosa forma arcuata delle ali). \nIl monumento oggi al Castello é commissionato da Bagarotti stesso per la cappella dell'Assunta nella chiesa francescana di Santa Maria della Pace a Milano. Quando nel 1805 la chiesa é sconsacrata, l'opera viene smontata e riassemblata nella chiesa di Sant'Angelo e, dopo un passaggio nelle raccolte dell'Accademia di Brera, approda definitivamente al Castello Sforzesco nel 1900. L'attribuzione ad Andrea Fusina, avanzata da Mongeri nel 1863 sulla base del confronto con l'unica opera certa dello scultore, la tomba di Daniele Birago in Santa Maria della Passione (firmata e datata 1495), non è stata messa in discussione per più di un secolo. Nel 1999 Vito Zani, affatto convinto dalla consonanza stilistica con l'opera di Fusina, propone di attribuire invece il monumento ad un altro scultore legato al vescovo di Bobbio: Ambrogio Montevecchia. Zani sostiene l'attribuzione sia rinforzata dal confronto delle teste di Medusa sulle sei colonnine che sorreggono la struttura con i volti delle statue dell'altare del Crocifisso del duomo di Piacenza, una delle pochissime opere attribuite (su base documentaria) a Montevecchia. \nTornando al possibile rapporto tra il foglio 37 dell'album Tibaldi e il monumento funerario, va sottolineato come gli avvenimenti seguenti la soppressione di Santa Maria della Pace possano aver portato a un assetto, successivo al rimontaggio, diverso da quello di partenza. Si guardi in particolare alla mensola sorretta dalle sei colonnine, sorprendentemente spoglia rispetto al resto dell'opera. Un ultimo appunto: un documento citato proprio da Zani testimonia la richiesta di una lapide destinata alla propria tomba avanzata da Bagarotti nei confronti della Fabbrica del Duomo; nell'attuale assetto del monumento non si rileva la presenza di alcuna lapide e nemmeno di uno spazio che potesse in passato ospitarla. Il disegno, al contrario, prevedeva una grande lapide tra le due cariatidi.
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- ENTE SCHEDATORE R03/ Gabinetto dei Disegni
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0