Igea
statua,
post 1836 - ante 1836
Monti Gaetano Matteo (1776/ 1847)
1776/ 1847
Igea è raffigurata seduta frontalmente con le gambe incrociate al di sotto del ginocchio. Solo le gambe sono coperte da un telo drappeggiato. Il braccio destro scende dritto lungo il corpo e tiene in mano una brocca; il braccio sinistro è piegato e nella mano tiene una ciotola da cui sta bevendo un serpente il cui corpo è appoggiato alle gambe della Dea.
- FONTE DEI DATI Regione Lombardia
- OGGETTO statua
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MATERIA E TECNICA
marmo bianco
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ATTRIBUZIONI
Monti Gaetano Matteo (1776/ 1847)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi. Raccolte d'arte della Fondazione Biblioteca Morcelli Pinacoteca Repossi
- LOCALIZZAZIONE Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
- INDIRIZZO Via Bernardino Varisco, 9, Chiari (BS)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Opera della maturità dell'artista ravennate, ritrae la figura mitologica di Igea, figlia di Asclepio, che, tenendo una patera nella sinistra, lascia che un serpente, simbolo dell'arte medica, vi si abbeveri. Secondo Terraroli (1991, p. 77) l'artista avrebbe fuso qui, insieme alla figura di Igea anche quella di Ebe, coppiera degli dei, figlia di Giove, a motivo della presenza della piccola brocca contenente l'ambrosia tenuta nella destra della donna. Il pezzo, proveniente dalla collezione dell'avvocato Pietro Bartolomeo Repossi, è sicuramente il più aderente ai dettami neoclassici perseguiti dal Monti, discepolo del Canova; il modellato morbido e levigatissimo, il panneggio fluente ma senza alcuna ridondanza, il viso dal limpido profilo classico sono altrettanti elementi che mettono in luce, oltre alla perfezione tecnica, la purezza dell'invenzione e la capacità di allineamento dell'artista su stilemi cari alla cultura del classicismo italiano senza, per questo, scadere nella fredda retorica di tanta scultura del periodo. La fragile morbidezza della figura e il suo fiorire, quasi, dal panneggio che avvolge la parte inferiore del corpo lasciando scoperta tutta la parte superiore, ha fatto pensare a una sorta di emulazione della Paolina Borghese del Canova, "viva e allo stesso tempo algida e lontana, come attingesse alle fonti dell'ideale" (Terraroli, 1991, p. 77); tuttavia proprio questa idealizzazione delle forme e un certo, volutamente non celato, tributo al maesto, fa pensare a una dipendenza almeno psicologica (oltre che, in qualche caso, di forme) dalla Ebe, altra opera celeberrima dello scultore di Possagno.
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà privata
- ENTE SCHEDATORE R03/ Fondazione Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0