Il Cavaliere in Rosa. ritratto d'uomo

dipinto 1560 - 1560

Il dipinto a olio su tela è firmato e datato 1560. E' il ritratto ufficia\nle di Gian Gerolamo Grumelli (1536-1610), nobile bergamasco e importante personaggio politico del suo tempo. L'opera, di grande formato rettangolare, è orientata in verticale e dotata di una cornice lignea dorata del XIX \nsecolo.

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Moroni Giovan Battista (1520-1524/ 1578)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo e Giardini Moroni
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Moroni
  • INDIRIZZO Via Porta Dipinta, 12, Bergamo (BG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nato da una delle più importanti famiglie nobili di Bergamo, Gian Gerolam\no Grumelli (1536-1610) era il secondo dei tre figli di Marcantonio Grumelli e della sua terza moglie Medea Rossi. Dopo aver studiato all'università\n di Padova, nel 1560 - data inscritta nel ritratto - tornò a Bergamo per \nsposare Maria Secco d'Aragona di Calcio; nello stesso anno fu costruita la nuova dimora della famiglia Grumelli, destinata a diventare probabilmente la residenza dell¿effigiato. Rimasto vedovo l¿anno successivo, si ris\nposò con Isotta Brembati, vedova del fratello della prima moglie. Isotta \nmorì nel 1586; nel 1587 Gian Gerolamo celebrò il suo terzo matrimonio co\nn la bresciana Camilla Pedrocca. E' sepolto nella chiesa di San Francesco a Bergamo. Noto come il "Cavaliere in rosa", il dipinto è tra i più impr\nessionanti ritratti di Moroni per la preziosità cromatica, la resa tattil\ne delle vesti (seta, fili d'argento e velluti) e degli ornamenti e la realistica concentrazione del volto dell'effigiato. Menzionato per la prima volta nel 1793 da Tassi, il Cavaliere in rosa è stato a lungo genericamente\n descritto come un personaggio di casa Grumelli abbigliato secondo il costume spagnolo, come era d'uso in Lombardia nel Cinquecento: fu Locatelli Milesi (1922-23) a riconoscere in lui Gian Gerolamo Grumelli, grazie al manoscritto di Foresti (1794-1808) sulla nobile famiglia bergamasca. Moroni descrive la preziosità cromatica e materica dell'abito, tratteggiando i fil\ni di luce e i riflessi luminosi sulla seta: in questo modo esalta, pur nell'elogio dell'unicità dell'individuo, l'appartenenza dello stesso a uno s\npecifico gruppo sociale. Gian Gerolamo è raffigurato in piedi; con la man\no destra afferra un cappello nero ornato da piume di struzzo e perle, mentre appoggia la mano sinistra sull¿elsa della spada, dotata di una custod\nia in pelle nera con montature in oro e argento. Indossa un completo in seta rosa o rosso corallo, composto da una giacca abbottonata con doppia manica e da un paio di calzoni a pallone. Sotto il ginocchio, porta delle giarrettiere impreziosite da perle e un paio di pantofole in velluto. Il colore, particolarissimo, degli abiti del Grumelli è stato associato a lungo \na una sua impresa personale: un ramo di corallo accompagnato dal motto ¿\nLunge dal pianto mio se arrossa, e impietra¿. Tuttavia, il fatto che l?\n?impresa sia stata pubblicata quasi trent¿anni dopo la realizzazione del\n dipinto (1588) e l¿assenza di qualsiasi riferimento a essa nel dipinto \nfanno sì che sia difficile confermare questa ipotesi. Una nuova proposta,\n relativa a un eventuale significato biblico del colore (rosso come il mantello che il profeta Elia lasciò al successore Eliseo), è stata avanzata\n da Facchinetti e Ng (2019). Sullo sfondo, l'architettura in rovina e le statue mutile (una delle quali molto simile a un torso raffigurato da Moroni nel ¿Ritratto di Alessandro Vittoria¿, oggi a Vienna, Gemäldegaleri\ne, cat.78) alludono al passare del tempo e all'avvicendarsi di diverse epoche storiche. Il bassorilievo dipinto raffigura invece il profeta Elia che ascende al cielo su di un carro di fuoco, lasciando il suo mantello miracoloso al discepolo Eliseo. L'iscrizione in spagnolo (MAS EL ÇAGUERO QUE E\nL PRIMERO, tradotto con "meglio chi segue del primo"), omaggio a coloro che seguono i primi, rafforza il messaggio biblico del bassorilievo e potrebbe ben adattarsi a un evento di cui Grumelli è protagonista nel 1560, inc\nluso - secondo qualche studioso - il secondo matrimonio con Isotta. Sia Grumelli che Isotta, poeti dilettanti, potrebbero essere gli autori del motto. L'edera collocata sullo sfondo va letta come simbolo dell¿eterno lega\nme coniugale: il motivo si intreccia e si oppone alla caducità dell¿esi\nstenza, alla "vanitas" espressa dalla scultura crollata al suolo. Il Cavaliere in Rosa fu certamente tra i dipinti che Pietro Moroni (1792-1858) riceveva da Marcantonio Fermo Grumelli nel giugno 1817 a saldo di un debito (¿¿per estinguere un Capitaletto prestatomi gratis da un galantuomo imm\nanifestabile da me¿, come scriveva di suo pugno il conte Grumelli; Contr\natto e Ricevuta datati 1817). La documentazione a Palazzo Moroni non specifica quali dipinti furono coinvolti nello scambio, che vide coinvolto come perito Diotti, ma solo che si trattava di ¿quattro quadri¿. Ad assicu\nrare la presenza del Cavaliere in Rosa in questo piccolo lotto è l¿asse\nnza della tela, sempre menzionata in casa Grumelli nelle fonti, nell¿inv\nentario (dettagliatissimo) del 4 agosto 1818, steso in seguito alla morte di Marcantonio Fermo Grumelli. Della stessa partita dovevano essere anche il "Ritratto di Isotta Brembati" e il ¿Ritratto di anziana in nero¿, c\nhe condividono la stessa vicenda collezionistica del ritratto. È certo ch\ne già nel 1824 il dipinto fosse esposto presso Palazzo Moroni, a Bergamo \nAlta. Qui fu visto sia da Karl Friedrich von Rumohr (1832) sia da Charles Lock Eastlake (1854 e 1855).
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • ENTE SCHEDATORE R03/ FAI - Fondo Ambiente Italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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