Lavanda dei piedi
dipinto,
Baglione Giovanni (1566/ 1644)
1566/ 1644
olio su tela su supporto ligneo rettangolare
- OGGETTO dipinto
- AMBITO CULTURALE Ambito Romano
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ATTRIBUZIONI
Baglione Giovanni (1566/ 1644): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Gallerie Nazionali d'Arte Antica - Palazzo Barberini
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Barberini
- INDIRIZZO Via delle Quattro Fontane 13, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Si tratta del modello per l’affresco che il pittore realizza nella cappella Gregoriana in San Pietre tra il 1629 e il 1630. L’opera tuttavia più che come bozzetto si presenta come ultimata e con le misure di una pala d'altare. Probabilmente entrò già nel 1628 nelle raccolte del cardinal nipote Francesco Barberini, per il quale potrebbe essere stata apposita mente realizzata. Come spiega la Rice, la congregazione della Fabbrica di San Pietro volle proseguire il ciclo petrino commissionato da Clemente VIII, integrandolo con ulteriori episodi neotestamentari relativi al primato di Pietro, poiché il capitolo della Basilica non voleva istituire altri altari, si affrescarono le nuove immagini come sovrapporte. Baglione fu scelto forse dietro pressione di Francesco Barberini, che orientava le scelte artistiche della congregazione sin dal gennaio 1629. Baglione conferisce grande rilevanza al personaggio di Giovanni, come già aveva fatto Giovanni Agostino da Lodi in una tela oggi alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, in cui l'evangelista, anacronisticamente vecchio e barbuto e insolitamente severo e assorto, sta al centro del quadro in asse col bacile del lavacro, ostentando il proprio Vangelo, come se la scena fosse una sua rimemorazione. Come in Agostino da Lodi, anche nella pala di Baglione san Giovanni rappresentato in primo piano col suo Vangelo, osserva quieto la caotica assemblea con una specifica funzione testimoniale, avvalorata dal piedistallo su cui poggia e sulla cui base il pittore che gli era devoto: non sfugga, a tal proposito, la significativa equivalenza fra l'eponimo lobannes evan gelista qui vidit scripsitque e lo lobannes Baglionus qui pinxit. Secondo uno schema scenografico già messo a frutto nella Resurrezione di Tabita, in cui i personaggi sono parimenti disposti in modo scalare, alle spalle del gruppo si apre una prospettiva di architetture all'antica che conferisce ulteriore erudistimo alla scena (evidente in questo elemento l'influsso della pittura fiorentina tardo cinquecentesca sul pittore): nella pala il capitello della colonna a sinistra nello sfondo, decorato da unicorni alati, riprende la tipologia di un capitello con pegasi della cella in terna del tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto (descritto anche dal Winckelmann nelle Osservazioni sull'architettura degli antichi, ora nel Museo dei Mercati di Traiano). Il muro di mattoni dipinto da Baglione che corre dietro la colonna, potrebbe alludere alla muraglia eretta per separare il Foro di Augusto dalla Suburra, e che sta appunto a ridosso del tempio. Sia il capitello sia questo muro sono assenti nel bozzetto. Lo sfondo si configura così come spartiacque fra le zone povere di Roma (Suburra) e le residenze dei ricchi. Si osservi a destra l'elegante loggia popolata da servi che trasportano un sacco di farina per la cena degli azzimi, aprono un vaso e a imbandiscono la tavola sulla quale Cristo e gli apostoli sederanno. A destra attende i convitati il benestante padrone di casa, che, per la berretta cardinalizia che pare indossare, potrebbe alludere al Barberini. Proprio in quel tempo Baglione decorava la propria cappella (dedicata come si disse a San Giovanni Evangelista e alla Vergine) nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano al Foro, ristrutturata da Luigi Arrigucci fra il 1626 e il 1632 su commissione, appunto, di Francesco Barberini. è significativo che la chiesa si trovi non troppo lontana dal tempio di Marte Ultore. Sembra perciò che Baglione, oltre all'esaltazione di Pietro, con la rilevanza data a Giovanni e alle rovine del Foro, abbia voluto tracciare, entro l'iconografia del quadro, anche una sorta di ritratto di sé e dei propri rapporti col potente porporato. è possibile rintracciare l'opera nell' Inventario Generale di Quadri dell'Ecc.ma Casa Barberini redatto per ordine di S.Ecc.za il Sig. Principe di Palestrina D. Francesco Barberini l'Anno 1844, redatto da Enrico Di Dominici è ricordato al n.465, con attribuzione a Baglione, di palmi 8X4.1/2, , nell'"appart.o della Divina Sapienza" "2a anticamera"(piano nobile ala nord), non appartenente al maggiorasco (fidecommesso). L'opera compare inoltre nella lista del Coppiere del 1627-1640 al numero 18 ("Un Quadro di quando N.S. lava li Piedi a San Pietro e li altri Appostoli con Prospettive e cornice nere Arabescate doro mano de Cav.e Baglione"), nell'Inventario di Taddeo Barberini del 1648-1649, al numero 51("Un quadro della Lavatione degli Apostoli con cornice nera rabescata d'oro alto palmi 12 in circa"). L'opera compare nell'Inventario di Maffeo Barberini del 1655 al numero 55 ("Un Quadro con dentro un Christo che lava li piedi ali' Apostoli con una prospettiva e Angeli in Cima con Cornice d' Al buccio tinta di nero rabescata d'oro alto palmi dieci e mezzo, e largo Sette") e in quello del post 1672 al numero 198 (Un Quadro p alto con Giesu christo quando lava Ii piedi ali' Apostoli alt. p.mi 9 1/2 e largo 6 Incirca con Cornice liscia Nera fiorata di Oro con Api mano di") come riportato da Aronberg Lavin 1965. il dipinto compare inoltre nell'Inventario annesso al Regio Decreto Legge del 16 aprile 1934, n. 705 al n. 32 come opera di "Giampaolo Baglioni"
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201363067
- NUMERO D'INVENTARIO 2453
- ENTE SCHEDATORE Gallerie Nazionali di Arte Antica
- DATA DI COMPILAZIONE 2022
- ISCRIZIONI in basso a sinistra - EQVs. IOANNES. BAGLIONIVS. RO. PI. 1628 - Baglione Giovanni - a pennello - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0