Storie di Cristo (Natività, Crocifissione, Deposizione, Discesa al Limbo, Resurrezione, Giudizio universale)
dipinto,
Giovanni Da Rimini (attribuito)
notizie 1292-1336
Dipinto a tempera su tavola
- OGGETTO dipinto
- AMBITO CULTURALE Ambito Riminese
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ATTRIBUZIONI
Giovanni Da Rimini (attribuito): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Giotto, Cerchia Di Duccio Di Buoninsegna, Seguace Di Pietro Cavallini
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Gallerie Nazionali d'Arte Antica - Palazzo Barberini
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Barberini
- INDIRIZZO Via delle Quattro Fontane 13, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La trecentesca opera della Collezione Barberini presenta una ripartizione raffigurante sei episodi della vita di Cristo: la Natività, la Crocifissione, la Deposizione, la Discesa al limbo, la Resurrezione e il Giudizio Universale. La tavola – attribuita per la prima volta a Giovanni da Rimini da Roberto Longhi (1935) – è stata ritenuta pendant di un’altra tavola con Storie di Santi, acquistata nel 2015 dalla National Gallery di Londra; le due opere costituirebbero un dittico messo oggi in discussione da motivazioni di ordine tecnico e iconografico. La collocazione originaria delle due opere è sconosciuta ma si trovano insieme nell’inventario di fine Seicento (1692- 1704) di Carlo Barberini (VI. inv. 92-04), compilato da Girolamo Giannini e Marco Antonio Maganini e pubblicato da A. Lavin (1975) al n. 333: “Due quadri in tavola rap.te diversi misterij con fondo dorato al: p.mi: 3: 1: 2. Cornice di pero di Giò: batta Vespignano”. Al momento della divisione della Collezione tra le famiglie Barberini e Sciarra (1911) il dipinto -oggetto della presente scheda - dovette passare nella collezione di quest’ultima poiché è nuovamente citata nella collezione di Maffeo Barberini Colonna di Sciarra (1771 – 1849); le opere di suddetta collezione, provenienti dal maggiorascato Barberini, furono inventariate da Gaspare Landi nel 1818: in questa sede l’opera appare come “Tavola, vita di Gesù, di Giotto” (in Mariotti 1892). Nel 1925, nella ricognizione delle opere di Palazzo Venezia compilata da Federico Hermanin, l’opera figura nella prima sala dell’appartamento di Paolo II sotto la dicitura “Scuola romana del secolo decimoterzo”. Il dipinto compare successivamente nel catalogo delle opere di Palazzo Barberini (Di Carpegna 1953). La critica non è sempre stata unanime circa l’attribuzione: Adolfo Venturi accostò il dipinto a Duccio di Buoninsegna al momento del rientro in collezione Barberini dopo l’acquisizione dalla collezione Sciarra (1896); in seguito lo avrebbe citato come seguace di Cavallini (1907). Alcuni autori non si pronunciarono sul nome dell’autore, tra questi si ricordano Hermanin (1910), Van Marle (1924), Offner (1927), Salmi (1932-33) e Lavagnino (1936). Il Coletti (1947) attribuì erroneamente la tavola a un seguace di Neri da Rimini e il Berenson a Baronzio. Voce non concorde con quella definitivamente accettata di Longhi fu quella di Cesare Brandi (1937) secondo cui la tavola evidenziava un’opera di un artista maturo e quindi poco affine a una fase giovanile del Riminese. La resa dei corpi e dello spazio circostante rimandano all’avvenuta ricezione delle innovazioni di Giotto, mentre i soggetti scelti afferiscono alla tradizione bizantina. Questa apertura all’arte orientale si evince nella produzione riminese del XIV secolo
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201363047
- NUMERO D'INVENTARIO 1441
- ENTE SCHEDATORE Gallerie Nazionali di Arte Antica
- DATA DI COMPILAZIONE 2022
- ISCRIZIONI Retro - «Di M[aestro] Giotto» - a pennello - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0