miracolo del vaglio/ viaggio ad Affile e vestizione/ San Benedetto si ritira nella grotta

dipinto murale,

nella parte bassa la parete è decorata da una fascia con specchiature a motivi geometrici circolari, di colori rosso mattone e bianco, che si ripeterà con variazioni nelle forme lungo tutto il perimetro dei tre ambienti; al di sopra di essa, la cornice della lunetta che racchiude le scene mostra una finta architettura costituita da grandi mensoloni prospettici rettangolari

  • OGGETTO dipinto murale
  • ATTRIBUZIONI Magister Consolus (notizie Sec. Xiii)
  • LOCALIZZAZIONE chiesa monastica
  • INDIRIZZO via dei Monasteri, Subiaco (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fa parte di un ciclo di affreschi con "storie della vita di San Benedetto" che decorano le pareti dei tre ambienti che collegano la Scala Santa alla cappella superiore, nella chiesa inferiore del Sacro Speco, riuniti intorno al nome di Consolus e della sua bottega. Il pittore, di cultura romana o romano-assisiate, ha lasciato la sua firma accanto alla "Madonna con Bambino in trono tra due angeli", dipinta in una nicchia del primo ambiente dove, sul fondo azzurro, si legge: "Magister Conxolus pinxit hoc opus". Le scene qui rappresentate si riferiscono ai primi avvenimenti della vita del santo, secondo quanto riferito dalle fonti agiografiche: all'età di 17 anni, insieme con la sua nutrice Cirilla, Benedetto si ritirò nella valle dell'Aniene presso Eufide (l'attuale Affile), dove avrebbe compiuto il primo miracolo, riparando un vaglio rotto dalla stessa nutrice; lasciò poi Cirilla e si avviò verso la valle di Subiaco, presso gli antichi resti di una villa neroniana, dove le acque del fiume Aniene alimentavano tre laghi e a Subiaco incontrò San Romano, monaco di un vicino monastero che, vestitolo degli abiti monastici, gli indicò una grotta impervia del Monte Taleo (attualmente contenuta all'interno del Monastero del Sacro Speco), dove Benedetto visse da eremita per circa tre anni. Lo spazio dei tre momenti narrativi è unificato in una sorta di grande apertura paesistica, prevalentemente rocciosa, popolata da qualche albero, da chiesette isolate con pareti rosate e da una grotta, il tutto descritto in modo sommario e simbolico, utilizzando mezzi tradizionali e tipologie arcaizzanti, così come anche nelle forme e nei gesti dei personaggi. L'autografia del dipinto è stata riconosciuta, tra gli altri, da Serena Romano, alla quale si rimanda per una sintesi ragionata della letteratura critica sulla cronologia e sull'attribuzione del ciclo di affreschi, soprattutto in relazione all'estensione dell'intervento di Conxolus. Questi probabilmente dirige l'esecuzione di buona parte dei dipinti del primo e secondo ambiente e delle cappelline annesse. Per i suoi caratteri arcaizzanti, diversi studiosi hanno suggerito una datazione piuttosto arretrata (A. Venturi, 1907; F. Hermanin, 1904) oppure molto spostata in avanti, fino alla soglia del XIV secolo (M.L. Cristiani testi, 1982), come fenomeno di arretratezza e provincialismo culturale. Diversa la tesi di Francesco Gandolfo che propone una netta separazione della realizzazione delle volte da quella delle pareti, considerando queste ultime appartenenti a un primo stadio decorativo con una datazione agli anni dei pontificato di Niccolò III (1277-1280), di cui rifletterebbero la cultura in termini di recupero arcaizzante e di repertori figurativi. Fatta salva la possibilità di individuare una netta cesura nell'esecuzione degli affreschi, Serena Romano la riconduce di fatto a un'interruzione di breve durata, probabilmente dovuta a un cambio di equipe, in particolare al un repentino e significativo aggiornamento in direzione "romano-assisiate" con l'ingresso di un artista che tuttavia non scalza il gruppo originario riunito intorno a Conxolus. A quest'ultimo la studiosa assegna la realizzazione della lunetta con il viaggio ad Affile e gli altri episodi ad esso associati. Secondo la Romano l'intero ciclo di affreschi costituisce il tentativo di "mettere in scena le storie della vita di S. Benedetto, in un modo che segnala una precisa volontà di rispondere alla sfida lanciata dai francescani, a ridosso di un momento in cui le storie francescane di Assisi contribuivano a cristallizzare e sottolineare il mito del fondatore di un ordine che sembrava tanto più adeguato ai tempi rispetto a quello benedettino" (p. 132). Questa considerazione avvalorerebbe l'ipotesi cronologico-stilistica che vede il ciclo benedettino realizzato a ridosso di quello assisiate, secondo la studiosa entro il 1296 o al massimo il 1299. Ella fa riferimento, inoltre, alle vicende storiche del monastero benedettino, in particolare alla figura dell'abate Bartolomeo, eletto nel 1286, che le fonti ricordano quale ottimo abate e accorto amministratore dei beni del convento. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1296, il monastero conobbe un momento molto più incerto e tormentato, soprattutto con il malgoverno dell'abate Francesco (probabilmente appartenente alla famiglia dei Caetani), che fu deposto per volontà pontificia. Per il ciclo di storie benedettine, dunque, una cronologia entro la fine del XIII secolo sembrerebbe verosimile anche in relazione alla situazione storica del convento subliacense
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201221768
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico del Lazio
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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