Cavallo che caracolla. cavallo

scultura, (?) 1919 - (?) 1919

Gesso raffigurante un cavallo colto nel momento fugace e scomposto di caracollare

  • OGGETTO scultura
  • MISURE Altezza: 29.4
  • ATTRIBUZIONI Degas Edgar (1834/1917): esecutore dell'originale in cera
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo delle Belle Arti
  • INDIRIZZO Viale delle Belle Arti 131, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Questo calco in gesso, riproducente l'originale in cera di Degas "Cheval caracolant", proviene dall'eredità di Yvon Palazzolo, figlio di Albino Palazzolo noto maestro fonditore della fonderia d'arte parigina A.A. Hébrard, così come i due bronzetti "Cavallo al trotto" e "Ballerina con tamburello" di proprietà della G.N.A.M. (cfr. schede nn. 00826283 e 00826285). A differenza dei bronzi elencati nel testamento di Yvon Palazzolo e donati secondo le disposizioni testamentarie del defunto al museo, questo gesso venne rinvenuto tra i beni non specificatamente elencati dal testatore. Le eredi leggittime di Yvon Palazzolo autorizzarono il notaio Carlo Carosi a disporne liberamente. Questi lo donò allo Stato (cfr. Archivio Generale G.N.A.M./ Doni definiti, 1995, pos. 2F). Per la complessa collocazione di questo gesso e dei due bronzi suddetti si rimanda alla puntuale relazione di B. Mantura relativa all'accettazione della donazione Palazzolo da parte della G.N.A.M. (cfr. Archivio generale G.N.A.M./ Doni definiti, 1995, pos. 2F). Un accenno alle intricate vicende che interessarono la fusione in bronzo delle sculture originali di Degas può aiutare a collocare questo pezzo. Pochi mesi dopo la morte di Degas, avvenuta nel 1917, il mercante Paul Durand-Ruel reperì e inventariò, nell'appartamento parigino dell'artista defunto, circa centocinquanta sculture, fra cere e gessi, incentrate sui temi cari al pittore francese: cavalli e ballerine in movimento. Di esse solo una settantina apparvero recuperabili e per desiderio di René Degas, fratello del maestro, e dello scultore, amico di Degas, Bartholomé, nominato esecutore testamentario, vennero trasferite nei depositi della fonderia parigina di A.A. Hébrard per una loro traduzione in bronzo. Direttore tecnico della fonderia era il milanese Albino Palazzolo. La fusione in bronzo venne avviata nel 1919, conclusasi la prima guerra mondiale ed eseguiti da parte di Bartholomé i necessari restauri. Onde evitare la perdita degli originali in cera e procedere alla fusione, si trassero dalle matrici degli stampi o calchi in gesso da cui partire per la realizzazione, tramite il procedimento tecnico della cera persa, dei bronzi definitivi. Dalle 73 sculture originali recuperate, anzi dai 73 stampi ricavati da esse, si decise di ricavare 22 esemplari per ciascuna, 1606 in tutto, che andarono a formare 22 serie di 73 pezzi bronzei ognuna. Venti serie destinate alla vendita - oggi conservate nei più importanti musei del mondo - ricevettero il contrassegno di una lettera da A a T; un numero d'ordine - forse quello in cui i pezzi vennero fusi - da 1 a 72 (la "Ballerina vestita", scultura n. 73, fusa in un secondo momento, ne è priva come della lettera seriale); l'impressione della firma "Degas" (che non esisteva sulle matrici); e la stampigliatura "cire perdue A.A. Hébrard". Delle due serie rimanenti, l'una, su cui venne apposto il sigillo "HERD", venne destinata agli eredi di Degas, l'altra, con impresso "HER", al fonditore. Ma, nel 1976, la Lefevre Gallery di Londra si assicurò dagli eredi di Hebrard un'altra serie - sino allora sconosciuta - che venne identificata con quella che il fonditore aveva fatto tirare quale guida al getto delle altre marcandola "MODELE" e col proprio sigillo. Sospetti che i bronzi fossero più dei 1606 ufficiali si erano affacciati sin dal 1954, anche perchè stampi e punzoni impiegati per la fusione ufficiale non erano stati distrutti dopo il loro utilizzo. Successivamente (cfr. Camesasca, 1986) è emerso un altro aspetto inquietante della questione e cioè che Albino Palazzolo eseguì fusioni in proprio - addirittura intere serie - non autorizzate marcandole come i pezzi delle serie uffciali e, a garanzia, col proprio monograma "AP". Concludendo la sua relazione, Bruno Mantura definisce i 13 bronzetti dell'eredità Palazzolo delle repliche non autorizzate della fusione contrattata con gli eredi Degas, appartenenti, cioè, ad una tiratura illegale da acquisire come "opere di documentazione". L'interesse di questo pezzo, a differenza dei bronzi, sta nel fatto di essere un calco in gesso patinato o stampo del tipo di quelli che, tratti dalle matrici originali, vennero impiegati per la fusione a cera persa dei bronzi. Per la compilazione del campo "cronologia" si è fatto riferimento all'anno d'inizio - il 1919 - del processo di tiratura dei bronzi presso la fonderia Hèbrard
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1200826284
  • NUMERO D'INVENTARIO 9120
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma
  • ENTE SCHEDATORE Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma
  • DATA DI COMPILAZIONE 2011
  • ISCRIZIONI sulla base - Degas - corsivo - francese
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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