episodio di storia romana

dipinto 1753 - 1753

tela dipinta

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 121 cm
    Larghezza: 111 cm
  • ATTRIBUZIONI Lazzarini Giovanni Andrea (1710/ 1801)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria nazionale delle Marche
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo ducale
  • INDIRIZZO Piazza Rinascimento, 13, Urbino (PU)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto e il suo pendant, un altro episodio di storia romana (NCTN: 1100263576), entrano in collezione della Galleria Nazionale delle Marche nel 2007 con l’acquisto da parte dello Stato dall’antiquario romano Carlo Virgilio (Società Unipersonale Arte Moderna e Contemporanea S.R.L.). Le due opere hanno medesime dimensioni e coerenza di soggetto e stile: appartengono allo stesso autore e potrebbero costituire un dittico o far parte di uno stesso ciclo più ampio. Il dipinto in questione presenta in primo piano un rogo di libri accompagnato, a sinistra, da un soldato nell’atto di gettare un testo e, a destra, da una donna velata che tiene sottobraccio altri volumi. In secondo piano si trovano alcuni astanti che assistono alla scena e, più in fondo, proprio sopra al braciere, troneggia la figura che sembra aver dato l’ordine, forse un imperatore. Tutti i personaggi sono vestiti all’antica: tuttavia, non è stato possibile interpretare con più precisione l’iconografia. L’unico riferimento bibliografico relativo alle due opere è contenuto nel testo del 2010 “Lotto, Zuccari, Ramazzani, Lazzarini: altri dipinti per la Galleria nazionale delle Marche e restauri in regione” in una scheda redatta da Maria Rosaria Valazzi (pp. 35-36). Nella scheda le due opere, di cui non abbiamo alcuna notizia sulla provenienza, sono attribuite a Gian Andrea Lazzarini (Pesaro, 1710-1801), interessante protagonista della scena pesarese e marchigiana della seconda metà del XVIII secolo. Rappresentante della cultura che si muove dal classicismo seicentesco all’esperienza neoclassica, Lazzarini è stato uomo di chiesa, pittore, architetto, trattatista e teologo. È stato particolarmente rilevante il suo apporto teorico: nel 1753 scrisse infatti una “Dissertazione sopra l’arte della pittura”, e perfino Luigi Lanzi nella sua fondamentale “Storia pittorica della Italia” gli dedica alcune righe – tra cui: “quanto differiscono nelle invenzioni un pittor letterato, e un pittor senza lettere!” – riconoscendogli il merito di saper rendere con verosimiglianza le storie sia sacre sia profane e di saper ricreare un’ambientazione antica, come nel caso della nostra tela, “senz'affettazione e senza pompa”. La prima mostra dedicata a Lazzarini risale al 1974 e in questa non compaiono le due opere. Sorprendentemente, neanche la studiosa che più si è occupata dell’artista, Anna Cerboni Baiardi, fa riferimento alle tele: né nel contributo del 2009 in cui, per la prima volta, viene delineata una fisionomia chiara di Lazzarini, né nella più esaudiente monografia del 2023. In quest’ultima monografia la studiosa ricostruisce un catalogo quanto più completo dell’artista, trovando corrispondenze tra i disegni lasciati da Lazzarini nei fogli di taccuino e le opere finite citate in un elenco redatto nel 1806. Né nell’elenco né nei taccuini si trovano tracce relative alle due tele. Eppure, i due dipinti recano entrambi un’iscrizione sul retro che recita “G.A.L. 1753”, unico appiglio che ci permette di ricollegarle alla mano e alla carriera di Giovanni Andrea Lazzarini. L’anno 1753, stesso anno della sua prima “Dissertazione”, rappresenta uno dei momenti più prolifici della sua vicenda artistica: tornato stabilmente nel 1749 nella sua città natale, lavora ad importanti committenze, come quella di Palazzo Olivieri-Macchirelli e nel 1750 viene nominato principe dell’Accademia di San Luca. Lazzarini è tornato a Pesaro dopo aver vissuto quattordici anni a Roma, dal 1734 al 1748, e dopo aver fatto bagaglio di quanto appreso frequentando la scena culturale del colto papa Clemente XII Corsini e di papa Benedetto XIV Lambertini. È a Roma che entra in contatto con il fervore neoclassico, ottenendo la stima di personaggi come Francesco Algarotti e Anton Raphael Mengs, e che amplia il suo immaginario relativo all’antico. Le due tele della Galleria Nazionale delle Marche sono intrise di questa temperie neoclassica e “archeologa”: secondo l’iscrizione, le opere si porrebbero in perfetta continuità con lo stile assimilato dal Lazzarini a Roma, fortemente teso verso il bello ideale e finalizzato alla rappresentazione delle virtù civili attraverso l’esempio antico
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1100263577
  • NUMERO D'INVENTARIO 1990 D 305
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Galleria Nazionale delle Marche
  • ENTE SCHEDATORE Galleria Nazionale delle Marche
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2024
  • ISCRIZIONI sul retro - "G.A.L. 1753" - maiuscolo - a pennello -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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