stipo - bottega Italia settentrionale (secondo quarto sec. XVII)
Lo stipo, che poggia su quattro piedi a cipolla schiacciata inseriti durante un restauro ottocentesco, presenta la parte lignea impiallacciata di ebano e completata dall'inserimento di piccole cornici guillochè. Otto cassetti decorati ciascuno da due riquadri in pietra paesina sono disposti ai lati di uno sportello centrale, quattro a destra e quattro a sinistra, che ha alla base e alla sommità altri due cassetti decorati rispettivamente da una formella di pietra paesina e da un piccolo pannello in scagliola raffigurante un pipistrello. Due colonne con capitelli e basi che formano altrettanti cassetti fiancheggiano lo sportello contenente a sua volta una formella di pietra paesina contornata da marmi policromi che chiude un vano con quattro piccoli cassetti. Altre aperture sono state ricavate nella cornice al di sopra dello sportello
- OGGETTO stipo
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MATERIA E TECNICA
Marmo
PIETRA
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MISURE
Profondità: 43.5
Altezza: 64
Larghezza: 113
- AMBITO CULTURALE Bottega Italia Settentrionale
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Musei Civici
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Mazzolari Mosca
- INDIRIZZO via Rossini, 37, Pesaro (PU)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Lo stipo inteso come un mobile con cassetti e nicchie funzionale a contenere oggetti preziosi o da toelette e da scrittoio esiste come elemento d'arredo sin dall'antichità, è presente nel Medioevo e nel Rinascimento, ma è solo nel Cinquecento che, utilizzato anche come scrittoio (dalla cui funzione deriva il nome di 'studiolo' che spesso si incontra nei documenti antichi) assume la forma di un vero e proprio mobile con sportelli e cassetti: da forziere o scrittoio spesso rivestito in pelle e fornito di maniglie laterali per essere trasportato, si trasforma in arredo fisso. Da questo momento sarà presente in ogni dimora sia appoggiato a tavoli da parete che fornito di un proprio sostegno e per soddisfare la crescente richiesta di tali arredi le botteghe artigiane italiane cominciarono a specializzarsi nella loro realizzazione in diversi materiali approdando ad una tipologia d'arredo sempre più complessa e sfarzosa, soprattutto nella Firenze governata dai granduchi medicei, con forme monumentali e di impianto fortemente architettonico, caratteristica che sarà tipica della maggior parte degli stipi eseguiti durante il Seicento che derivavano la propria struttura da quella delle facciate dei palazzi o delle chiese. Concepiti in forma di elaborate strutture, presentavano al loro interno scenografici fondali con complicati congegni di apertura ed erano per lo più sorretti da mensoloni intagliati o da varie figure attegiate in linea col diffondersi del gusto barocco. Con il diffondersi del rococò e, in seguito, del neoclassicismo, gli stipi cominciano a scomparire dagli arredamenti d'interni perchè la nuova moda, ricercando mobili confortevoli e dalle dimensioni ridotte, prediligeva piccoli scrigni o scrittoi dalle forme avvolgenti, per conoscere un nuovo successo nel corso dell'800 (tesori collezione, 1998). Le formelle di pietra paesina che ornano l'arredo in esame risultano identiche a quelle presenti nello stipo appartenuto al canonico milanese Manfredo Settala attualmente conservato all'Ambrosiana di Milano che Alvar Gonzàlez-Palacios riferisce a fattura lombarda del secondo quarto del Seicento (A. Gonzàlez-Palacios, 1988). Molta popolarità ebbero infatti in Europa, soprattutto in Germania, i pannelli di pietra paesina che erano però invenzione fiorentina; tali pietre erano utilizzate per lo più tagliate a guisa di piccoli pannelli incastonati in cofanetti o stipi, altre volte intarsiate con altre pietre o marmi colorati per formare composizioni più ricche e in alcune occasioni anche dipinte. Il gusto dell'utilizzo di questa pietra godette quindi di particolare favore in Toscana ma nell'Europa settentrionale si costruirono molti mobili per mostrare queste pietre bizzarre e lo stesso accadde nel nord d'Italia come testimonia il citato stipo del Settala. Tipico dell'artigianato artistico emiliano e lombardo è anche l'inserimento della placca in scagliola (tesori collezione, 1998). Relativamente all'acquisizione del pezzo da parte dei Musei Civici di Pesaro si è scelto di indicare genericamente come terminus post quem l'anno di morte della marchesa Vittoria Toschi Mosca (1885), anche se si segnala che fin dal 1877 l'illustre cittadina stilò un testamento in cui lasciava alla città il Palazzo Mazzolari da lei acquistato per collocarvi la propria collezione artistica con l'obbligo espresso di stabilirvi subito un pubblico museo rivolto alla studiosa gioventù (Barletta C.-Marchetti A., 1994)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1100205356
- NUMERO D'INVENTARIO inv., n. I.G.0111
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche
- DATA DI COMPILAZIONE 2003
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2003
2006
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0