soggetto assente

dipinto,

Trattasi della prima scena a sinistra del registro inferiore del lato nord della Camera pinta. La scena si svolge a destra della finestra per poi concludersi sulla parete; su di un prato ricco di arbusti e di vegetazione rigogliosa, a destra della finestra, un uomo sta scannando un animale, presumibilmente una capra appesa ad un albero dalle zampe posteriori, mentre un’altra figura maschile inginocchiata a terra, sta scannando un altro animale, forse un agnello. Precedono la dama orante davanti al tempietto di Diana dalle forme gotiche, identificabile con la freccia e l'arco, tre fanciulle che con le braccia e le mani accolgono le suppliche della dama, il cui vestito è molto vicino a quello indossato dalla dama cacciatrice di una delle scene precedenti (196838-19) . L’affresco è inquadrato in una cornice, definito attraverso un modulo a mascherina, presente in tutto il ciclo cavalleresco della metà settentrionale della Camera pinta

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Umbro
  • ATTRIBUZIONI Maestro Della Dormitio Di Terni (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale del Ducato di Spoleto
  • LOCALIZZAZIONE Rocca Albornoziana
  • INDIRIZZO piazza Campello, Spoleto (PG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Per la Benazzi, trattasi dell'affresco che raffigura "L’aruspice e la preghiera all’idolo", (1997, p. 49, fig. 16). La scena è tra le quelle che concludono la narrazione e che ha un chiaro rimando alla “cultura visibilmente influenzata dalla conoscenza dell’antichità classica, segnali di un precoce umanesimo in linea con i tempi e con i gusti delle corti” (op. cit., p. 32). Proseguendo, questa vede negli uomini che scannano alcuni animali, il sacrificio o un rituale di arte aruspicina, considerando che nella scena successiva, una dama insieme ad altre, è in preghiera di fronte ad un tempietto dove è presente l’effige di una divinità pagana. Nel 2004, Fratini, riprendendo quanto già affermato dalla Benazzi, sulla non facile interpretazione iconografica (ivi, p. 32), avanzò per gli episodi del lato nord, una fonte letteraria narrante le vicende della leggenda di Tristano e Isotta (2004, p. 263) ma non solo, la disamina che quest’ultimo fa a proposito del ciclo spoletino, mette in evidenza la presenza di una vera e propria bottega del Maestro della Dormitio di Terni, il cui numero di opere e la distribuzione nell’Umbria centro meridionale e nelle Marche, non possono che rilevare la presenza di diverse personalità che operavano presso di lui. Il ciclo spoletino, secondo Fratini, rappresenta un unicum, poiché da un lato, testimonia una committenza di alta levatura e dall’altra, tradisce “la presenza di diversi esecutori” (op. cit. p. 264). Contestualmente al Fratini, Marilena Fiori nell'anno accademico 2003-2004, pubblicò nella tesi di laurea, uno studio sui contribuiti per la lettura iconografica della Camera pinta. Affermò che alcune scene dell'ambiente nord, si riferissero alla storia dei genitori di Tristano, Rivalin e Biancofiore, nella versione fornita da Gottfried von Strassburg. Nel 2013, la De Luca, tuttavia, smentisce le due interpretazioni fornite a distanza di dieci anni, poichè afferma nel primo caso, che nessun dei testi letterari che abbiano narrato le gesta di Tristano e Isotta, fornissero una lettura unitaria del ciclo spoletino. Proseguendo, parla anche dell’estraneità del ciclo anche rispetto ai volgarizzamenti italiani arricchiti dalla narrazione contaminata della storia di due amanti con quelle di Tristano e Isotta. A proposito della lettura della Fiori, invece, la De Luca, vuole far notare come le corrispondenze individuate in alcuni affreschi fosse "una lettura applicabile soltanto ad una parte degli episodi raffigurati" e collocati in modo non contiguo (2013, pp. 77-78). A questo punto, propone la sua lettura iconografica, supponendo che ad aver ispirato il ciclo spoletino della Camera pinta sia una fonte letteraria ben precisa, un'opera epica del Boccaccio, il Teseida. Proseguendo con la lettura iconografica dell’affresco preso in esame, la De Luca, afferma che l’episodio narra de “La preghiera di Emilia presso il tempio di Diana” (op. cit., p. 163, fig. 21), quando cioè alla vigilia del torneo che si dovrà disputare tra Arcita e Palemone, Emilia si reca presso il tempio di Diana per offrire un sacrificio alla dea. Giustappunto questa scena, tratta dal libro VII del Teseida, narra della preghiera della fanciulla presso il tempio della dea per offrirle degli animali in sacrificio che i due personaggi intanto, alla destra della finestra, stanno scannando. Anche qui, secondo la De Luca, trova rispondenza fedele il passo letterario che narra dell’episodio prima con “la puntuale coincidenza della ragazza del dipinto” e poi con i personaggi, i servitori ai quali Emilia chiede le viscere da ardere sui fuochi accesi sull’altare della dea, non ultima, la rappresentazione del tempietto e la posizione in cui Diana appare ad Emilia, dandole segnali attraverso le fiamme dei due fuochi accesi nel tempietto, del suo destino (op.cit., pp. 99-100)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000196838-22
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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