soggetto assente
Trattasi del secondo affresco del registro superiore che prosegue la narrazione del ciclo. L'ambientazione analoga alle scene precedenti si svolge su di un prato verde lussureggiante di vegetazione e fiori. Presso una fontanina da cui sgorga acqua tramite una testina zoomorfa che alimenta un piccolo ruscello, un cavaliere solitario e in atteggiamento pensante e malinconico è seduto, mentre il suo cavallo a riposo, mangia l'erba del prato. Sul petto del cavaliere è applicato un foglietto di carta, recante il nome del protagonista e attualmente illeggibile. Sullo sfondo, dietro la cortina del prato in un piccolo largo, un uomo è accovacciato nella posizione di ascoltare, origliare e osservare quello che sta succedendo. Alla sinistra, due asinelli occupano la parte superiore della scena ad evidenziare l'ambientazione campestre del luogo. L'affresco è inquadrato in una cornice, definito attraverso un modulo a mascherina, presente in tutto il ciclo cavalleresco della metà settentrionale della Camera pinta
- OGGETTO dipinto
- AMBITO CULTURALE Ambito Umbro
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ATTRIBUZIONI
Maestro Della Dormitio Di Terni (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo Nazionale del Ducato di Spoleto
- LOCALIZZAZIONE Rocca Albornoziana
- INDIRIZZO piazza Campello, Spoleto (PG)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L’episodio narrato nella terza scena del ciclo superiore della Camera pinta, viene menzionato dalla Benazzi che dà seguito alla narrazione tra la scena de “Il cavaliere dormiente sorpreso dal rivale” (1997, p. 47, fig. 14) in oggetto e la scena de “Il duello e la dama cacciatrice” (op.cit., p. 48 fig. 15). Nel 2004, Fratini, riprendendo quanto già affermato dalla Benazzi, sulla non facile interpretazione iconografica (ivi, p. 32), avanzò per gli episodi del lato nord, una fonte letteraria narrante le vicende della leggenda di Tristano e Isotta (2004, p. 263) ma non solo, la disamina che quest’ultimo fa a proposito del ciclo spoletino, mette in evidenza la presenza di una vera e propria bottega del Maestro della Dormitio di Terni, il cui numero di opere e la distribuzione nell’Umbria centro meridionale e nelle Marche, non possono che rilevare la presenza di diverse personalità che operavano presso l’artista. Il ciclo spoletino, secondo Fratini, rappresenta un unicum, poiché da un lato, testimonia una committenza di alta levatura e dall’altra, tradisce “la presenza di diversi esecutori” (op. cit. p. 264). A tal proposito, su quest’ultimo aspetto, Fratini mette a confronto due scene del registro superiore della Camera pinta, la scena col “Duello di due cavalieri davanti alla fontana” e quella con “Il cavaliere addormentato destato da un rivale”; nel primo caso, lui evidenzia la presenza di un pittore dal tratto inciso, dedito alla descrizione “minuta dei dettagli” che identifica nel Maestro Grafico, nel secondo caso, invece, “l’inclinazione più sintetica” e la propensione all’utilizzo del chiaroscuro “piuttosto marcato” lo inducono ad identificarlo con il Maestro Sintetico, confermato dalla comparazione di elementi comuni alle due scene: i cavalli e le fontanine, trattate in modo diverso. Nel secondo affresco, quello analizzato per prima tuttavia, il cavallo viene “condotto in modo più abbreviato con la criniera corta, rigida e compatta” mentre la fontanina risulta “coerentemente scorciata dall’alto, con una minuscola testina zoomorfa da cui zampilla acqua”. Contestualmente al Fratini, Marilena Fiori nell'anno accademico 2003-2004, pubblicò nella tesi di laurea, uno studio sui contribuiti per la lettura iconografica della Camera pinta. Affermò che alcune scene dell'ambiente nord, si riferissero alla storia dei genitori di Tristano, Rivalin e Biancofiore, nella versione fornita da Gottfried von Strassburg. Nel 2013, la De Luca, tuttavia, smentisce le due interpretazioni fornite a distanza di dieci anni, poiché afferma nel primo caso, che nessun dei testi letterari che abbiano narrato le gesta di Tristano e Isotta, fornissero una lettura unitaria del ciclo spoletino. Proseguendo, parla anche dell’estraneità del ciclo anche rispetto ai volgarizzamenti italiani arricchiti dalla narrazione contaminata della storia di due amanti con quelle di Tristano e Isotta. A proposito della lettura della Fiori, invece, la De Luca, vuole far notare come le corrispondenze individuate in alcuni affreschi fosse "una lettura applicabile soltanto ad una parte degli episodi raffigurati" e collocati in modo non contiguo (2013, pp. 77-78). A questo punto, propone la sua lettura iconografica, supponendo che ad aver ispirato il ciclo spoletino della Camera pinta sia una fonte letteraria ben precisa, un'opera epica del Boccaccio, il Teseida. Proseguendo con la lettura iconografica dell’affresco preso in esame, la De Luca titola la scena con “Arcita nel bosco” (op. cit., p. 161, fig. 13), secondo la cui narrazione desunta dal Teseida (libro IV), vorrebbe che lo stesso Arcita, tornato presso la corte di Teseo, non potendo manifestare il suo amore per l’amata Emilia essendo sotto mentite spoglie, malinconico vada a dare “libero sfogo” ai suoi pensieri amorosi lamentosi in un luogo isolato. L’episodio raffigurato ricalca fedelmente il momento in cui i lamenti del cavaliere, vengano uditi da Panfilo, un servitore di Palemone che riconosciuto Arcita, corre ad informare il suo padrone del ritorno del rivale (op.cit., pp.92-93)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1000196838-16
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0