Salvatore Acheropita

icona, post 1725 - ante 1749

Tavola intera, con due listelli inseriti nei margini superiore e inferiore, senza incavo. Non si osserva presenza di tela preparatoria. Levkas

  • OGGETTO icona
  • MISURE Altezza: 30.5 cm
    Larghezza: 27 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Moscovita
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo delle Icone Russe
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pitti
  • INDIRIZZO Piazza de' Pitti 1, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tradizione dell'Oriente cristiano testimonia l'esistenza di alcune antichissime raffigurazioni di Cristo Acheropita (non dipinte da mano umana). Tra esse la più famosa e venerata era il Volto Acheropita (Santo Mandylion) custodito fino al 944 a Edessa e poi trasferito a Costantinopoli nella chiesa palatina della Madre di Dio Faros. A Bisanzio era venerato come indiscutibile documento dell'Incarnazione, come la prima e più veridica icona di Cristo, prodigiosamente eseguita per suo volere e fondamento della prassi della pittura e del culto delle icone. Dall'XI-XII secolo raffigurazioni del Salvatore Acheropita si incontrano frequentemente negli affreschi delle chiese bizantine e russe. Dei mutamenti nella venerazione del Salvatore Acheropita si rilevano in Russia nella seconda metà del XVII secolo, quando sotto l'influsso del culto cattolico del Volto Santo della Veronica, il Mandylion cominciò a inserirsi nel contesto del tema della Passione di Cristo. Nel contempo, si intensifica l'attenzione al Volto Acheropita come archetipo delle raffigurazioni di Cristo, giustificando così la "verosimiglianza" dei suoi lineamenti. A queste tendenze, oltre che alla nuova percezione del ruolo dell'iconografo, che sembra quasi voler imitare Cristo come 'autore' della prima icona, si ricollega la serie di icone del Salvatore Acheropita firmate dal celebre artista imperiale Simon Ušakov, eseguite intorno al 1660-1670. Nell'arte bizantina non si ha notizia di raffigurazioni del Salvatore Acheropita con angeli che reggono il drappo su cui si imprimono i suoi lineamenti. Nella Rus' e nell'Ucraina occidentale appaiono per la prima volta nel XV secolo, con la raffigurazione degli angeli agli angoli del pannello centrale, seminascosti dal drappo del Mandylion. Nella variante più solenne, formatasi probabilmente nella seconda metà del XVI secolo, gli angelio affiancano il Mandylion, finchè, nel XVII secolo, la raffigurazione dell'Acheropita con angeli a figura intera spesso occupa l'intera composizione. Questa variante, a cui appartiene anche l'opera in esame, viene usata dagli artisti che lavoravano per i membri della ricca famiglia mercantile degli Stroganov. In queste opere per la prima volta appare un dettaglio presente anche in quest'icona: le nubi a volute sotto i piedi degli angeli. Questo motivo sottolinea anche il carattere 'epifanico' del Mandylion, la sua origine soprannaturale e le sue caratteristiche taumaturgiche. In quest'opera la tipologia del volto di Cristo e le peculiarità del suo modellato attestano un'imitazione delle icone dipinte da Simon Ušakov e dai suoi discepoli, gli artisti del Palazzo dell'Armeria. Bisogna tuttavia osservare che nella maggior parte delle icone di piccolo formato dipinte da Ušakov le figure degli angeli sono assenti. Essi appaiono invece nelle grandi icone patronali dipinte dall'artista, come pure in una serie di opere realizzate dai suoi seguaci. Marcucci ha pubblicato questa icona come opera tardiva della scuola Stroganov, datandola alla prima metà del XVIII secolo e attribuendola all'autore dell'icona Resurrezione, con scene della Passione. L'icona appartiene al gruppo principale della collezione, costituitasi intorno al 1730 e priva di rapporti con le icone degli Stroganov. Lo indicano le peculiarità della conformazione dei bordi e del pannello centrale, il colorito e la resa delle raffigurazioni. Nonostante la semplificazione nel modellato delle figure secondarie e il carattere 'corsivo' dello stile, il Volto è dipinto secondo una tecnica abbastanza complessa, a più mani di colore, e ciò evidenzia un nesso con le migliori opere degli artisti del Palazzo dell'Armeria. Lo sguardo di Cristo, rivolto di lato, la vivezza espressiva del volto, la morbidezza del modellato dei capelli e la luminosità dell'incarnato richiamano alla mente le icone di Simon Ušakov e dei suoi discepoli, che divennero dei modelli attivamente seguiti dagli artisti di provincia. Attraverso quest'opera possiamo farci un'idea del livello tecnico degli iconografi che dipinsero il gruppo principale di icone della collezione dell'Accademia, che in genere lavoravano in una maniera più rudimentale. Per meticolosità di esecuzione dei volti, l'icona del Salvatore è paragonabile a quella della Madre di Dio con Bambino nel pannello centrale dell'icona Madre di Dio di Kazan. Le minute nuvolette che ricoprono il fondo dell'icona costituiscono un motivo caratteristico dell'iconografia provinciale tra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo, impiegato anche dagli autori delle opere fiorentine. Questi elementi consentono di ritenere l'icona un'opera della bottega a cui è legata la maggioranza delle icone dell'Accademia
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900742658
  • NUMERO D'INVENTARIO Inv. 1890, 9351
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Le Gallerie degli Uffizi
  • ENTE SCHEDATORE Le Gallerie degli Uffizi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2006
  • ISCRIZIONI nella croce inscritta nel nimbo di Cristo - COLUI CHE E' (monogramma) - caratteri cirillici - a pennello - russo
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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