Salvatore Acheropita
icona,
(?) 1730 - (?) 1730
Tavola intera, con incavo e due listelli trasversali a incastro. Tela preparatoria non rilevata. Levkas
- OGGETTO icona
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MISURE
Altezza: 31 cm
Larghezza: 25.7 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Russo
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Ambito Di Stroganov
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo delle Icone Russe
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Pitti
- INDIRIZZO Piazza de' Pitti 1, Firenze (FI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La parte centrale raffigura il panno bianco con due nodi agli angoli in alto, con il volto di Cristo in posizione frontale e simmetrica. Il nimbo è coperto di raggi eseguiti con la tecnica della foglia d'oro. La tradizione dell'Oriente cristiano testimonia l'esistenza di alcune antichissime raffigurazioni di Cristo Acheropita (cioè "non dipinte da mano umana"). Tra esse la più famosa e venerata era il Volto di Edessa. Il Volto Acheropita, o Santo Mandylion, venne custodito a Edessa fino al 944, quando l'imperatore bizantino Romano I conquistò la città agli arabi. Il Mandylion fu allora trasferito a Costantinopoli, dov'era custodito nella chiesa palatina della Madre di Dio Faros. A Bisanzio era venerato come indiscutibile documento dell'Incarnazione, come la prima e più veridica icona di Cristo, prodigiosamente eseguita per suo volere. Dall'XI-XII secolo raffigurazioni del Salvatore Acheropita si incontrano frequentemente negli affreschi delle chiese bizantine e russe. Inoltre, a differenza di Bisanzio, nella Rus' l'effigie del Salvatore Acheropita ebbe ampia diffusione proprio nella pittura di icone. Dei mutamenti nella venerazione del Salvatore Acheropita si rilevano in Russia nella seconda metà del XVII secolo, quando sotto l'influsso del culto cattolico del Volto Santo della Veronica, il Mandylion cominciò a inserirsi nel contesto del tema della Passione di Cristo. Nel contempo, si intensifica l'attenzione al Volto Acheropita come archetipo delle raffigurazioni di Cristo, giustificando così la pittura naturalistica, la "verosimiglianza" dei suoi lineamenti. A queste tendenze, si ricollega la serie di icone del Salvatore Acheropita firmate dal celebre artista imperiale Simon Ušakov, eseguite intorno al 1660-1670. Questo artista, pur conservando la tradizionale iconografia russa dell'effigie di Cristo, la rinnova attraverso il modellato in rilievo del volto, e attraverso un mutamento della sua tipologia: le icone di Ušakov sono simili ad alcune raffigurazioni occidentali del Velo della Veronica del XV-XVI secolo. L'opera in esame presenta una serie di differenze sostanziali dal tipo 'ušakoviano', che attestano una sua mutazione sotto l'influenza dell'iconografia più tradizionale. L'autore di quest'icona ha notevolmente semplificato, rispetto a Ušakov, il disegno dei capelli e della barba e ha dato al volto di Cristo un'espressione impietrita, che contrasta con lo sguardo vivo del Salvatore, leggermente di traverso, delle icone di Ušakov e dei suoi seguaci. Nel catalogo del 1958 l'icona è stata pubblicata come opera tarda della scuola Stroganov, che si distingueva per i tratti popolari e per la tecnica rozza. Veniva attribuita all'iconografo che aveva eseguito l'icona "Non piangere per me, Madre" della Galleria dell'Accademia. Tuttavia, l'immagine dell'Acheropita costituisce un esempio caratteristico della prima metà del XVIII secolo dell'imitazione dei pittori di icone del Palazzo dell'Armeria, che riflettevano non solo l'iconografia 'ušakoviana', ma anche i segni fondamentali dello stile 'naturale'. Nonostante la forte semplificazione dei procedimenti del modellato e la gamma coloristica ristretta, che attestano l'origine provinciale dell'autore, l'opera si differenzia dalle altre icone della raccolta per una particolare minuziosità di esecuzione, che indica il buon apprendistato e la conoscenza delle opere della capitale fra il XVII e il XVIII secolo. Questo fatto e anche le caratteristiche paleografiche dell'iscrizione, non permettono di attribuire allo stesso maestro le icone del "Cristo Acheropita" e "Non piangere per me madre", essendo quest'ultima di un iconografo meno qualificato. Benché non si possa escludere che l'opera sia stata prodotta nello stesso centro del gruppo principale di icone della raccolta, ci sono le basi per supporre che questa abbia avuto un'origine particolare. I segni iconografici e stilistici dell'opera (il cambiamento nel disegno delle pieghe, il testo della scritta e la maniera semplificata della trattazione del volto con un rilievo attenuato) permettono di accostarla ad alcune icone con lo stesso soggetto riferibili al primo terzo o al secondo quarto del XVIII secolo. L'autore di quest'opera non si limita a riprodurre l'iconografia di Ušakov, ma ne riprende anche le tecniche pittoriche, caratteristiche dell'arte dello stesso Ušakov e dei maestri del Palazzo dell'Armeria che lo imitavano
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900742639
- NUMERO D'INVENTARIO Inv. 1890, 9341
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Le Gallerie degli Uffizi
- ENTE SCHEDATORE Le Gallerie degli Uffizi
- DATA DI COMPILAZIONE 2006
- ISCRIZIONI negli angoli in alto del panno - IHC XC - caratteri cirillici - a pennello - russo
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0