Spirito Santo e Santi Martiri

dipinto, 1603 - 1620

Il dipinto rappresenta un gruppo di Santi Martiri disposti attorno alla figura centrale del pisano Torpè; questi volge lo sguardo verso l'alto dov'è la colomba dello Spirito Santo affiancata da coppie di serafini e da due angeli che sorreggono corone e palme, simboli del martirio. In basso si riconoscono, in primo piano, Sebastiano e Lorenzo, dietro di essi Caterina e Lucia, all'estrema destra Margherita che tiene la croce, e Stefano, sul fondo, con una pietra posata sul capo. Più difficile identificare le quattro figure appaiate ai lati, Iacopo forse a destra sul bordo e Tommaso che si intravede sul fondo, come si ricava per confronto con la lista dei nomi dei Santi da inserire nel gruppo, consegnata al momento del contratto al Passignano (che vi si attenne comunque soltanto parzialmente), pubblicata in TANFANI CENTOFANTI 1897, pp. 152-153

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura
  • MISURE Altezza: 3.04 m
    Larghezza: 2.12 m
  • ATTRIBUZIONI Cresti Domenico (ante 1559/ 1638)
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE In un Ricordo risalente al 1620 Curzio Ceuli riassume le vicende della commissione dell'opera "che già 18 anni sono fino al tenpo de' signori deputati [cioè i curatori del restauro del Duomo] era stata data a fare al signore cavaliere Domenico Passignani [...], e non era seguito"; "fatta finire et ricuperata", fu pagata "ducati 275 di moneta" al pittore recalcitrante che ne "pretendeva [...] 300" (pubblicato in TANFANI CENTOFANTI 1897; p. 153). Più di un contatto intercorse tra il Cresti e i committenti i quali, per via epistolare, il 18 novembre e il 7 dicembre 1609 chiesero notizie dell'opera; lo stesso Passignano il 23 gennaio 1620, ancora per lettera, confermò al Ceuli di avere ricevuto 154 scudi di pagamento (secondo i documenti trascritti in TANFANI CENTOFANTI 1897, p. 153). Le fisionomie appaiono standardizzate in tipi, ampiamente ripetuti da un'opera all'altra, ciascuno dei quali, nell'irregolarità accennata dei tratti, accoglie sollecitazioni di moderata verosimiglianza -si vedano, ad esempio, le due Sante in basso, con le labbra affilate e gli occhi globosi; in modo analogo, il pallore delle epidermidi carica di un senso di verità la fissità poco caratterizzata delle espressioni. La soluzione, equidistante da intenti di classicismo come pure da una decisa accentuazione in senso realistico dell'immagine, è impensabile senza il precedente costituito, a Firenze, dai tentativi di riforma messi a punto prevalentemente da Santi di Tito, volti ad accrescere il contenuto di naturalezza, l'effetto di plausibilità persino domestica della scena. La vistosa simmetria della struttura compositiva regola rigidamente posizioni e gesti delle figure, che risultano pressoché uniformate a un unico atteggiamento di devozione e preghiera. L'espediente, che nega l'articolazione in senso narrativo della scena, riprende dai moduli compositivi semplificati e arcaizzanti utilizzati in funzione antimanierista da Federico Zuccari quali si ritrovano, per non dire di altri esempi possibili, negli affreschi della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, ai quali del resto lo stesso Passignano ebbe a collaborare nel momento dell'apprendistato. La qualità scarsamente contrastata della gamma cromatica è il risultato, a quanto riporta il Baldinucci, dell'utilizzo di "poco colore" steso "liquidissimo, valendosi talvolta per mezza tinta, del nero della mestica" ([1681-1728] 1974-1975,111, p. 445), secondo modalità diffuse nella cultura veneziana del Cinquecento sull'esempio di Tintoretto, riprese dal Passignano prevalentemente nella versione di Palma il Giovane (CONTINI 1992 d, p.184)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665694-1
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Opera Primaziale Pisana
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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