ritratto di Selvaggia del Riccio negli Albizi

dipinto, ca 1590 - ca 1599

n.p

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Fiorentino
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Palatina e Appartamenti Reali
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pitti
  • INDIRIZZO Piazza de' Pitti 1, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto fa parte della serie detta delle Bellezze di Artimino (cfr. L.Bertani Bigalli in Gli Uffizi Catalogo Generale, ed.1980, II, pp. 710 e sg.; M.Chappel, 1988, pp. 56-64), costituita da ritratti di gentildonne pervenuti in doppia versione, al 'petto' e al 'gomito' (una delle due versioni era probabilmente destinata alle ritratte e alle loro famiglie). La serie, voluta forse da Cristina di Lorena per ornare i saloni della Villa di Artimino, fu iniziata alla fine del secolo XVI e terminata entro il 1638. Il nucleo principale (quarantaquattro ritratti) è databile comunque entro il 1606. Dai documenti pubblicati dal Chappel si ricava che una prima serie di ventitré ritratti fu pagata nel 1601 e una seconda di ventuno tra il 1603 e il 1606. In alcuni pagamenti della seconda serie, certamente copia della prima, compare il nome di Achille di Baldassarri Granre, pittore della bottega di Jacopo Ligozzi, attivo come ritrattista per i Medici. Dai documenti si deduce che sono probabilmente suoi i ritratti di Settimia Magalotti, Maria Pucci, Ludovica Antinori Falconetti, Maddalena Strozzi Bardi, Costanza di Lioni Ricci, dei quali sono conservati solo gli ultimi due. Non potendo però stabilire con certezza quale sia la serie originale e quale la copia (anche se è più probabile che la versione originale sia quella al gomito) non si può determinare quali ritratti abbia eseguito il Granre. Per quanto riguarda i dipinti documentati nel 1601, il Chappel fa il nome di Matteo Confortini, pittore noto per pagamenti di ritratti non meglio precisati, attivo negli anni fra il 1585 e il 1633. Ma in una lettera del 28 maggio 1600 al Granduca Ferdinando I (ASF, Mediceo 5962, c. 523), Cristina di Lorena nomina come artista scelto per l'esecuzione della serie un certo 'Zoppo pittore', che potrebbe essere Francesco Mati, citato dal Gabburri proprio come 'Zoppo' e che era allievo di Alessandro Allori. A parte l'identificazione dei nomi, nella serie sono individuabili, secondo la Meloni, due mani, una più antiquata e rigida nei ritratti delle dame col doppio collo di merletti, e una più moderna nei ritratti delle donne con il colletto più rigonfio e con gli orecchini a grappolo d'uva. Nel 1676, trentasei tele sono registrate nell'Inventario generale della Guardaroba (ASF, Guardaroba 741) e poco dopo trenta (le stesse?) entrarono in galleria (AGF, Giornaletto di Galleria, ms 62, c. 128,7, gennaio 1678). In data imprecisata i dipinti giunsero al Poggio Imperiale, dove furono inventariati nel 1836. Alcuni ritratti, tornati agli Uffizi, furono nuovamente rinventariati nel 1890. Altre tele mantengono invece soltanto il numero del Poggio Imperiale, dove ancora sono conservati dieci dipinti. Per la versione al petto del ritratto di Selvaggia del Riccio negli Albizi vedi inv. 1890 - 2286
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900296381
  • NUMERO D'INVENTARIO Inv. 1890, 2298
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2009
  • ISCRIZIONI davanti - SELVAGGIA DEL RICCIO NEL GL ABIZI - antica - a penna -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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