grifone
statua
1000 - 1099
Grifo con becco adunco, cresta e barbigli, ali ondulate a punta; corpocon ampia pancia; zampe leonine. Graffiti su tutto il corpo ad eccezionedell e gambe e della pancia; caratteri cufici sulle coscie
- OGGETTO statua
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MATERIA E TECNICA
Bronzo
- AMBITO CULTURALE Bottega Ispano-moresca
- LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
- INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera fu collocata nel lato Nord della galleria Est, ben in vista sopra una base marmorea policroma seicentesca, di proprietà dell'Opera eprovenie nte dalla cattedrale. Vi rimase fino alla risistemazione del1935, quando e ntrò nel Museo dell'Opera e venne posta al centro della'Sala del Grifo' (C ARLI 1935a). Nel 1952 fu portata di nuovo inCamposanto, e collocato al cen tro del Salone degli Affreschi, sedeprovvisoria del Museo dell'Opera (TCI 1959). Dal 1986, si trova nel nuovoMuseo dell'Opera, posto ancora sul pied istallo seicentesco, nella saladelle sculture romaniche del duomo pisano. Il grifo bronzeo giunse inCamposanto dalla cattedrale pisana; l'opera, di provenienza e fattura nonlocale, si trovava, molto probabilmente dal suo a rrivo in città,all'esterno della chiesa, nella parte absidale, al culmine del tettodella navata, immurato su di un capitello ionico di reimpiego sop ra unacorta colonna con base (oggi se ne vede una copia in cemento). Il br onzoera entrato ormai a far parte integrante della cattedrale e veniva spe ssoraffigurato nei dipinti che ritraevano la chiesa; il primo a parlarne è RONCIONI 1844, nell'opera composta nei decenni a cavallo tra Cinque eSeice nto: "sulla sommità uno ippogriffo di bronzo, tutto intagliato dilettere e giziache: cosa invero molto bella da vedere"; più approfondita èla trattaz ione di MARTINI 1705, che, descrivendo gli esterni del duomo,lo illustra, ricordando le varie ipotesi sull'identificazione: dragone,grifo, animale d ell'Apocalisse, cioè l'aquila, simbolo evangelico; ilcanonico propende per quest'ultima e vede la conferma nella presenza, neipressi, del resto del tetramorfo, distribuito nella zona absidale. DALBORGO 1765a, ritiene il gr ifo "un idolo della Gentilità" e credeopportuno inserirlo nell'elenco di o pere da esporre nel futuro 'museopatrio' del Camposanto. Il primo a darne un disegno 'dal vero' fu DAMORRONA 1787-93 che lo ritenne un'Ippogrifo, "u no dei simboli d'Apollo",riconoscendolo come opera antica anche per l'ipot esi che fosse statoritrovato nel fare le fondamenta del duomo, tra i resti del palazzo diAdriano: "Credo possa valutarsi un monumento Egizio della s econda epocameno aspra, o Etrusco dello stile ancor secco…; da reputarsi d 'indubitataantichità da vedersi, con sorpresa per i tanti suoi lavori d'in cavo, e dacelebrarlo raro più per grandezza, che per buona forma". CIAMPI 1812bcritica l'identificazione ormai tradizionale come ippogrifo affermand oche si tratta di un grifo (la dimostrazione venne quando l'opera fucalata per restauri nel 1812 e si videro le gambe di leone, pubblicate daCiampi in una nuova incisione dell'opera fatta da Carlo Lasinio). AncheCICOGNARA 1823 entra nel dibattito affermando che potrebbe essere statoritrovato in uno scavo "quantunque tutti i caratteristici suoi segnidimostrino non esse re punto opera d'aureo tempo, ma appartiene fors'anchea quello in cui fu e retta la fabbrica"; secondo lo studioso l'opera fuposta sui tetti, analoga mente al sarcofago di Beatrice, come "repertod'anticaglia". L'interesse ve rso l'opera e le preoccupazioni per la suaconservazione (la base era consu nta e l'opera rischiava di precipitare)mossero la Deputazione per la conse rvazione dei monumenti ed oggettid'arte del Dipartimento del Mediterraneo (MECHERINI ET ALII 1811), conl'appoggio dell'allora operaio, Marzio Ventur ini Galliani, a presentareun'istanza al Maire per il trasferimento dell'op era in Camposanto; mal'autorità cittadina non diede l'assenso (RUSCHI 1811 ). Tuttavia furonoeseguiti lavori per rendere più stabile l'opera ricordat i in LASINIO1820, che si lamenta che il "monumento egizio… mille volte chi esto perconservarsi ed ammirarsi come cosa degna e rara in mitologia, ma l 'usol'ha sempre voluto a consumarsi la sù per essere ammirato più dagliani mali che dagli uomini virtuosi". Intanto, c'era già chi aveva capitola ver a origine dell'opera: l'arabista Michelangelo Lanci, che avuto, nel1826 a Firenze, un disegno della scritta mal copiata, la corresse dandonel'esatta interpretazione; ma non la divulgò finché non poté confrontarlasull'opera (VALERIANI 1829), cosa che fece nel luglio 1829 quando l'operaera ormai d a un anno in Camposanto "dietro le istanze del Conservatorepresso il Magis trato Comunitativo, ed appoggiate dal meritissimo OperaioSig. Cav. Bruno S corzi" (LASINIO 1831; il progetto di trasferimento erastato approvato dagl i organi competenti fin dall'agosto 1826); copiòl'iscrizione, dando la "tr aslazione in mani del Custode della piaFabbrica, il quale, a suo ed altrui piacimento, quella in quadretti sottovetro dispose" (LANCI 1845-46), e pu bblicando traslitterazione etraduzione, dapprima nell'"Antologia" (VALERIA NI 1829), quindi nel suotesto monumentale sulla scrittura araba, dove trov iamo anche una precisaincisione del grifo (LANCI 1845-46). (continua in OS S)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà persona giuridica privata
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900235583
- NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00235583
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
- ISCRIZIONI sulle coscie - baracat càamelat va neamat sciamelat va; ghèbtat càmelat va salàmatdajema t va; afiat càmelat va saàdat va omdat le sachèbehi -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0