Madonna con Bambino in trono con Sant'Antonio da Padova, San Bernardino e angeli
L'impianto dell'opera mostra deciso l'ascendete goticheggiante dell'autore, nella predilezione per il fondo oro e nella graziosità delle figure e del decorativismo tra il classicheggiante ed il lezioso, come negli inserti cosmateschi del trono. Nel pieno gusto rinascimentale, la tavola è un fiorire di simboli botanici attribuibili alla Vergine e sorretti dagli angeli, dalle rose ai gigli, in un tripudio di elementi naturalistici raffinati. Anche i due santi recano gli attributi consueti e le pose si collocano nell'alveo della tradizione.Rispetto al garbo delicato delle figure principali, emerge una ricerca espressionistica più marcata nella varietà d'atteggiamento delle figure angeliche, che mostrano alcuni ascendenti benozzeschi e fiorentini in genere; in particolare si noti l'espressività dello sguardo di sottecchi dell'angelo per metà celato dietro l'aureola della Madonna. Anche il Carli (Opera, 1989, p. 55) parla di un'opera che conserva "qualche eco di cultura umbra, o meglio, centro-italiana, mentre il fluente profilo del manto della Madonna sembra attestare una rimeditazione del linearismo gotico di un Simone Martini".Notevole anche la vocazione naturalistica del dipinto, con le rughe del volto di S. Bernardino e le mani paffute del bambino.I cromatismo è brillante e vivac
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Matteo Di Giovanni Di Bartolo (1430 Ca./ 1495)
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Pietro Di Francesco Degli Orioli; Giovanni Di Pietro (collaborazione)
- LOCALIZZAZIONE Siena (SI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Si tratta della tavola appartenente alla pala d'altare eseguita per una cappella del battistero di San Giovanni del Duomo di Siena, intitolata ai santi predicatori Antonio e Bernardino; l'opera è datata al 1460. Il patronato apparteneva a "Antonio di Carlo, cittadino di Siena" e l'agiatezza della famiglia committente è dimostrata dai documenti che descrivono lo sfarzo del funerale. L. Paardekooper riporta la notizia di un inventario del 1478, che testimonia come la predella, perduta, raffigurasse i dodici apostoli: «[.] In primis una tavola al'altare d'essa cappella con figure di nostra donna et di sancto Antonio di Padova e di sancito Bernardino cola predella dodici apostoli [.]" (1998 p. 32, nota 7). La tavola esibisce, poi, i segni di altre carenze: dalle punzonature lungo il bordo superiore, che seguono la curva della centinatura e fuoriescono ai lati, si evince che la tavola in origine fosse più larga e che la curvatura fosse probabilmente un semicerchio di larghezza ipotetica di 216 cm., compresa la cornice di 8 cm. Il fatto che la tavola fosse più larga è comprovato dalla larghezza della predella, attualmente reputata scomparsa e nota solo dall'inventario del 1478. Enzo Carli riconobbe inizialmente nella pala quella eseguita nel 1494 per la cappella di S. Antonio nel Duomo di Siena e la attribuì a Pietro di Francesco degli Orioli (1946, p. 20; 1976, p. 94) "modesto seguace di Matteo di Giovanni". E' nel 1989 che il Carli restituisce la tavola al maestro, in seguito al rinvenimento sotto la cornice (1953) della scritta e della data 1460 ("OPUS MATHEI IOH. ANNI M CCCC LX"). Il Carli, allora, aggiusta il tiro e parla della "più antica opera datata di Matteo di Giovanni" (1989, p. 55). Il Palladino, nel 1998, però ipotizza la collaborazione tra Matteo di Giovanni e Giovanni di Pietro, partendo dalla medesima ipotesi per la pala di S. Pietro a Ovile, nonostante la precedente attribuzione solo a Matteo. Il Palladino (1998, p. 52) nota infatti il contrasto e la differenza stilistica tra la Madonna e uno degli angeli che sorreggono la corona: «Questi esili, quasi incorporee figure dai volti pallidi e allungati, i tratti aristocratici e sottili, si ritagliano come fantasmi contro le solide figure circostanti, i cui volti rotondi, dai tratti incisivi e di colorito caldo, sono invece interamente conformi al linguaggio di Matteo». Lo studioso nota anche la mancanza di coerenza tra l'esile figura della Vergine e il robusto bambino da attribuire a Matteo, ispirato al famoso tondo di Donatello al museo di Siena secondo il Christiansen (1998, nota 39). Tale varietà di mani fu notata anche dal Fiocco che nel 1929 parlava di un'opera di cultura "Tra Matteo di Giovanni e il Vecchietta"
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900185903
- NUMERO D'INVENTARIO OA/3003
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Siena e Grosseto
- DATA DI COMPILAZIONE 2004
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2006
- ISCRIZIONI sotto la cornice in basso - OPUS MATHEI IOH. ANNI MCCCCLX - a incisione - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0