Deposizione. Trasporto di Cristo al sepolcro
vetrata
1526 - 1526
Guillaume De Marcillat (1470/ 1529)
1470/ 1529
Vetrata centinata raffigurante in primo piano il Cristo mentre viene trasportato nel sepolcro da Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo; in basso ai piedi del sepolcro, a sinistra la Madonna inginocchiata e a destra la figura della Maddalena mentre sorregge il vasetto dell'unguento. In alto nella centina, è raffigurata la scena della crocifissione di Gesù assieme ai due ladroni, nel momento in cui viene schiodato il corpo di Cristo
- OGGETTO vetrata
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MATERIA E TECNICA
vetro/ pittura/ piombatura
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ATTRIBUZIONI
Guillaume De Marcillat (1470/ 1529): pittore
- LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Nei suoi ultimi anni Guillaume ebbe diverse commissioni anche fuori di Arezzo, come appunto la vetrata per la cappella Capponi in S. Felicita a Firenze del 1526. Quest'ultima raffigura il ‘Trasporto di Cristo al sepolcro’ ed era inserita nel complesso programma della decorazione della cappella Capponi del Pontormo, fu commissionata da Ludovico Capponi, mercante fiorentino con il quale Guillaume aveva rapporti commerciali fin dal 1519 per l'acquisto di vetri, da questo luogo la vetrata venne rimossa nel 1737 durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio: data per dispersa da alcuni autori, venne invece alloggiata nella Cappella privata del Palazzo Capponi alle Rovinate fino al 1859, allorquando fu posta nel Museo del Palazzo del Podestà; collocata nuovamente nella Cappella del Palazzo Capponi dopo la seconda Guerra Mondiale, è stata sostituita nell’originaria collocazione in S. Felicita da una copia fedele realizzata nel luglio-settembre del 1996, durante il restauro dell’originale, dallo Studio Polloni del professor Papucci di Firenze. L’opera appartiene alla fase tarda della produzione del Marcillat e rappresenta l’ultima delle vetrate eseguite dal Maestro giunta fino a noi, essendo andate irrimediabilmente perdute tutte le realizzazioni successive, come ad esempio la vetrata con l’Albero di S. Domenico per la chiesa domenicana di Arezzo (allogata il 24/12/1528), o quella per la cappella di S. Lorenzo in S. Domenico a Perugia con Annunciazione e santi del 1526-28. L’opera può ben essere inquadrata in quel gruppo di vetrate, prodotte dal Maestro tra il 1524 ed il 1526, che mostrano un Marcillat più "intimista": conclusa la stagione delle grandi bifore per il Duomo aretino, testimonianza tra le più ricche e complesse dell’articolata cultura dell’artista, il Marcillat pare avviato verso un ripensamento della Maniera e dei suoi effetti più eclatanti; egli sembra recuperare in un certo senso quella misura più ponderata e quel raccoglimento che aveva caratterizzato i tempi del suo esordio e del periodo romano, 1506-1515. Nella vetrata in esame egli si basa su poche figure essenziali, riassuntive dell’intero dramma in atto, e trova il suo fulcro nella figura del Cristo, sottilmente modellata con la grisaille, colta in ardito scorcio, il cui pallore contrasta con l’esplosione brillante dei colori delle vesti degli altri personaggi, tutti colti nelle loro fisionomie ben distinte e nell’espressione individuale del dolore, con una sensibilità e una partecipazione ancor più attenta del solito, segnati da profonda compostezza. E a rendere ancor più paradigmatico il tragico epilogo, ecco sul fondo rappresentato il momento precedente, il dramma è avvenuto e si provvede alla Deposizione del corpo di Cristo dalla croce; l’inserto è tutto realizzato in monocromo di grisaille e giallo d’argento, secondo un procedimento caro al Marcillat. Lo stile dell’inserto è rapido, compendiario, ma riesce a fondere l’acuto segno grafico di ascendenza nordica del Maestro con tutto il patrimonio di modelli, repertori, rielaborazioni acquisito nel lungo soggiorno in Italia. Alcuni critici (Tafi) hanno posto l’accento sulle parole descrittive del Vasari, che a proposito dell’opera dice "…la quale finestra venne nelle mani de’ frati Giesuati, che in Fiorenza lavorano di tale mestiere; ed essi la scommessero tutta per vedere i modi di quello, e molti pezzi per saggi ne levarono, e di nuovo vi rimisero; e finalmente la mutarono di quel ch’ella era…", ravvisando in tale brano l’ipotesi forse di una qualche manomissione rispetto al disegno originario. Se la circostanza non si può totalmente escludere a priori, ritengo però che i brani di più alto lirismo, come la figura del Cristo, i volti dei personaggi principali e la raffigurazione della Deposizione, siano da ascrivere alla mano del Maestro e per la perizia tecnica, e per la sensibilità nel modellare, e per la complessa stratificazione culturale che manifestano, e per quel senso di commossa partecipazione che egli è riuscito a trasfondere dal proprio animo alle sue creature (notizie per aggiornamento tratte da Marina Del Nunzio del 2000; si veda anche la relazione storico-artistica di Bertani- Bigalli allegata al Decreto). (bibliografia ulteriore: G. Milanesi, Testamento di Guillaume de Marcillat, francese, maestro di vetri colorati, in Giornale storico degli archivi toscani, III (1859), pp. 151-155; G. Mancini, Guillaume de Marcillat francese insuperato pittore sul vetro, Firenze 1909 (con bibl. prec. e regesto dei documenti); G. Virde, Guillaume de Marcillat: annotazioni tecnico-contabili dell'attività di un maestro vetraio del '500, in Atti e memorie della Accademia uillelme Petrarca di lettere, arti e scienze, n.s., LIX-LX (1997-98), pp. 399-444)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà privata
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900078563
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0