motivi decorativi vegetali

decorazione a intarsio, ca 1460 - ca 1460

Incorniciatura con motivi a intreccio

  • OGGETTO decorazione a intarsio
  • AMBITO CULTURALE Manifattura Pistoiese
  • ATTRIBUZIONI Vitoni Ventura (1442/ 1522 Ca)
    Pieratti Claudio (notizie Prima Metà Sec. Xix)
  • LOCALIZZAZIONE Pistoia (PT)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le 58 tarsie del coro della Cattedrale di Pistoia vengono concordemente attribuite dalle Guide locali e da eruditi degni di fede, come il Dondori, all'architetto e maestro di legname pistoiese Ventura Vitoni. Un'indicazione comprovata da i documenti dove si registra che "Ventura di Andrea maestro di legname debbe fare il choro di Duomo"(Pacini, 1994; p.132). A detta del Tinti, le tarsie furono poi adattate agli stalli del nuovo coro, eseguiti da Jacopo Lafri nel 1629 e completamente distrutti nell'incendio che devastò la Cattedrale il 2 marzo 1641. In realtà, i documenti rivelano che queste non andarono affatto perdute in quell'incendio che dovette interessare, invece, solo la sagrestia vecchia. Stilisticamente gli intarsi e i loro modi compositivi, trovano riferimenti culturali più diretti negli armadi della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze, e nel gusto dei Da Maiano, espresso nelle tarsie degli armadi della Sagrestia di Santa Maria del Fiore e riferimento per l'arte del Vitoni anche nella porta del Palazzo Comunale di Pistoia (Morolli, 1977). Non mancano richiami a pittori fiorentini della seconda metà del Quattrocento, come il Verrocchio o il Pollaiolo, presente nella tarsia con i due Angeli che sorreggono la mitra (foto n.212135), molto vicini a quelli eseguiti dal pittore nella Cappella del Cardinale del Portogallo in S. Miniato, e nelle tavola con l'Annunciazione di S. Maria Egiziaca, della Pieve di Staggia. Anche i braccioli che compongono l'attuale coro della Cattedrale sono stati riferiti all'artista pistoiese. Si tratta, in tutto, di 62 braccioli, di cui 4 di integrazione dove si dispiegano "elementi di una fantasiosa "imaginerie" umanistica quali cornucopie, grandi e carnose foglie, uccelli esotici con frutti nel becco e così via.." (Morolli, 1977). Un interessante fatto di cronaca registrato dall'Arferuoli (Pacini, 1994) ricorda come nell'anno 1479 si sia verificato in cattedrale un "tumulto (..) per questioni di precedenza tra il magistrato civico e i canonici di San Zeno" nell'accesso alle "due prime sedie e cancelli del coro...nel cancello a mano dritta v'è intarsiato dal Ventura Vitoni una mitria significante il luogho del Vescovo; dal primo a mano stanca v'è una bilancia che significa la giustizia, cioè luogo del Gonfalonieri di Giustizia". Due tarsie ancora oggi presenti negli stalli e che negano definitivamente l'ipotesi della distruzione del coro nell'incendio seicentesco.Gli stalli, pervenuti integri ma in condizioni precarie fino all'inizio del XIX° secolo furono trasformati interamente tra il 1837 e il 1839. E' necessario notare come la disposizione dei 58 pannelli non rispetti alcun ordine, nè di misura, nè di logica decorativa, infatti chi si occupò del ripristino delle tarsie quattrocentesche non tenne conto delle loro diverse misure, tentando di unificarle entro cornice a motivi floreali, di cui soltanto un'attenta misurazione dimostra le dissimili proporzioni. Tale varietà delle tarsie, a volte decurtate per necessità di allestimento, potrebbe anche suggerire una non eguale provenienza dei pezzi. Documenti recentemente pubblicati ricordano il contratto stipulato il 24 aprile 1849 tra lo "stipettajo Pierucci e legnajolo Lovatti per ridurre in buon grado gli antichi specchi e scartocci degli stalli". I Canonici guardarono al risparmio, preferendo "servirsi dell'opera del Maestro Claudio Pieratti, che s'è esibito di concorrere a più discreto prezzo"(cfr. Pacini, 1999). Tali interventi sono visibili soprattutto nelle tarsie con parti figurate, ad esempio nei visi dei putti, cui si tentò di dare maldestramente un'espressione patetica. Nelle vedute architettoniche il restauratore ottocentesco si dimostrò premuroso di integrare le parti mancanti con reinvenzioni "neogotiche" di incredibile ingenuità (Scheda figlia n. 12, 15, 16, 17, 34). Le tarsie alle figlie nn. 29 e 36, infine, sono completamente dipinte. Secondo il Tigri e il Finocchietti, autore dei disegni delle tarsie sarebbe stato un "F. Elvanino Ingrh" ovvero "Selvanino Ingrech", "artista fiammingo" che lasciò il suo nome scritto nel taglio d'un libro raffigurato in una tarsia del coro (foto n. 212126). In realtà l'iscrizione è da leggersi: "Elvanino in grecho", il nome cioè di un autore in lingua greca (Eliano?) contenuto nel libro raffigurato. I due pannelli intarsiati conservati nel Museo della Cattedrale, raffiguranti rispettivamente S.Zeno e S.Jacopo, già creduti parte del coro ligneo, devono invece riferirsi secondo Pacini, alla porta d'accesso alla sacrestia perduta nell'incendio del 1641, opera non già di Vitoni, ma, secondo evidenze documentarie, del legnaiolo "Alessandro di Ser Antonio di Giorgio" che l'eseguì nel 1524: un'ipotesi stilisticamente poco persuasiva. Si potrebbe invece pensare alla provenienza dagli antichi cancelli del coro che nel 1469 "lavorò Ventura Vitoni" (Pacini, 1994; p. 81)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900073556-22
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni artistici e storici delle province di Firenze, Pistoia e Prato
  • DATA DI COMPILAZIONE 2006
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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