La dea Teti. Teti

dipinto,

Dipinto a olio su tela in cornice di legno intagliata e dorata

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Balestra Antonio (1666/ 1740)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
  • INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è stato offerto alla Cassa dei Risparmi di Forlì nel 1993 dalla forlivese Elide Casadei Lelli Rossi, nella cui collezione si trovava da alcuni decenni. L'opera venne acquistata dall'ente bancario insieme alla tela, di medesima proprietà, raffigurante "La Pietà" dello Scarsellino, per evitarne la dispersione sul mercato milanese a cui i dipinti erano già destinati. La raffigurazione de "La dea Teti" risulta attribuita al pittore veronese Antonio Balestra da Egidio Martini, che per primo la pubblicò nel suo volume "La pittura veneziana del Settecento" (1964): lo studioso era arrivato all'identificazione dell'autore del quadro, all'epoca conservato in collezione privata fiorentina, grazie alla segnalazione orale di Mina Gregori (Martini 1964, p. 149). Dedicatosi inizialmente alla pittura come semplice dilettante, Antonio Balestra (Verona, 1666- 1740) ricevette i primi insegnamenti artistici da Giovanni Ceffis, mediocre pittore veronese. Nel 1687, una volta deciso di far dell'arte il proprio mestiere, si trasferì a Venezia, dove rimase per tre anni nella bottega di Antonio Bellucci, la personalità più prestigiosa del momento in città. Intorno al 1690 passò a Roma, entrando nell'atelier di Carlo Maratta e seguendo i corsi dell'Accademia di San Luca: nella Città Eterna poté quindi ultimare la propria formazione, studiando l'arte antica e i grandi maestri del classicismo (Raffaello, Annibale Carracci, Guido Reni, Domenichino). Rientrato in Veneto nel 1697, intraprese una brillante carriera di successo in linea con il gusto accademico dominante, muovendosi in un ambito classicizzante, chiaramente improntato alla tradizione romana, ma interpretato con fluidità formali e scioltezze ispirate al Correggio. Pur avendo assunto una posizione polemica, ampiamente documentata dalle sue lettere, nei confronti del rococò trionfante in laguna, il pittore veronese non poté sottrarsi al mutamento del gusto che si stava affermando in quegli anni, evolvendo nelle opere dell'ultimo periodo della sua attività verso un colorismo sempre più libero e sciolto. Proprio a questi anni è da riferire "La dea Teti", datata da Giordano Viroli nel catalogo della Quadreria forlivese attorno al 1710 (La tradizione rinnovata 2006, p. 286). Nella raffigurazione la dea si muove in uno spazio indefinito in compagnia di due amorini, uno recante un'ancora, l'altro un fiore. Secondo Viroli, "l'immagine conferma il dispiegarsi nei soggetti mitologici o allegorici di una più libera e felice creatività dell'artista: in essi l’alleggerirsi del colore, o il venir meno della tensione, significano un'adesione a quel mondo arcadico che precede il neoclassicismo, e ha un suo fascino indiscutibile" (ib.). Una copia della tela risulta passata all’asta a Firenze nel 1976 (Sotheby’s 7 Aprile 1976, lotto 34)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690254
  • NUMERO D'INVENTARIO 02001027
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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