Venere. Venere e amorini

dipinto,

Dipinto a olio su tela in cornice intagliata e dorata

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Cignani Carlo (1628/ 1719)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
  • INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela entrò a far parte delle Collezioni d'Arte della Cassa dei Risparmi di Forlì nel 1986; nella documentazione inerente all'acquisto (conservata presso l'Archivio della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì) il soggetto dell'opera veniva identificato dalla proprietaria, la bolognese Annalena Corradi, quale "Risveglio di Venere". Il dipinto era accompagnato dalla perizia di Renato Roli (datata 27/10/1986), tra i maggiori esperti della pittura bolognese del Seicento, in cui era definito "opera certa" di Carlo Cignani (Bologna, 1628- Forlì, 1719), parere confermato anche dall'allora soprintendente Andrea Emiliani (comunicazione scritta, datata 11/11/1986) e dagli studiosi Daniele Benati e Fiorella Frisoni (comunicazione orale). Nella sua perizia Roli proponeva l'ipotesi che l'opera forlivese potesse essere identificata con una delle due tele, raffiguranti "Venere", che fonti settecentesche ascrivevano al soggiorno romano di Cignani, datato tra il 1662 e il 1665. In un articolo pubblicato l'anno successivo sulla rivista "Paragone" (Roli 1987), lo studioso avanzava poi la possibilità che nel dipinto si potesse riconoscere quella "Venere con puttini poco minore del vero", opera di Cignani, che risultava nel 1686 all'interno delle raccolte granducali di Cosimo III de' Medici e che scomparve in data e circostanze imprecisate; a sostegno di ciò Roli portava l'esistenza di un'incisione, realizzata da Giovanni Antonio Lorenzini intorno al 1730 e pubblicata nel 1778 a corredo della descrizione delle raccolte granducali, che riproduceva fedelmente, seppur in controparte, il dipinto ora a Forlì. Un parere diverso fu espresso invece da Beatrice Buscaroli Fabbri, autrice di una monografia dedicata a Cignani (Buscaroli Fabbri 1991), in cui pubblicò, affianco dell'opera forlivese, una sua replica, quasi identica, conservata in collezione privata e proveniente dalla smembrata raccolta del duca Massari Zavaglia di Ferrara. Secondo la studiosa l'identificazione della "Venere" di Forlì con il perduto dipinto fiorentino non era del tutto convincente, dal momento che le dimensioni indicate per la tela fiorentina nell'inventario mediceo differivano da quelle del dipinto di Forlì per una ventina di centimetri in lunghezza. Appariva casomai più plausibile per la studiosa identificare la tela commissionata da Cosimo III con la versione in collezione privata, date le misure più rispondenti e soprattutto la qualità di esecuzione più alta rispetto alla versione di Forlì, da considerarsi comunque una replica del soggetto autografa di Cignani. Buscaroli Fabbri rigettava anche la datazione precoce della tela di Forlì agli anni Sessanta del XVII secolo, avanzata da Roli. La studiosa riteneva infatti che l'opera fiorentina dovesse essere stata commissionata da Cosimo III all'incirca all'epoca in cui il Granduca richiese al pittore bolognese un suo autoritratto, opera che arrivò a Firenze nel 1686. Anche il dipinto forlivese, di composizione identica a quello fiorentino a giudicare dalla stampa di Lorenzini, andava dunque per Buscaroli Fabbri datato attorno alla metà degli anni Ottanta: era infatti assai improbabile, per quanto tenace fosse la fedeltà del pittore ai suoi modelli, che Cignani avesse ripetuto alla lettera, dopo più di vent'anni, la stessa composizione per un committente di così alto profilo
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690227
  • NUMERO D'INVENTARIO 02001011
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • ISCRIZIONI recto, su cornice, in basso al centro, su targhetta metallica - CARLO CIGNANI/ BOLOGNA 1628- FORLì 1719/VENERE - a impressione -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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