Madonna col Bambino e San Giovannino

dipinto,
Zaganelli Francesco (e Aiuti)
notizie dal 1484/ 1532

dipinto su tavola, interessata al retro da assottigliamento e segate superficiali di andamento diagonale incrociato e applicazione di parchettatura detta 'alla fiorentina', con regoli verticali lungo la venatura e traverse orizzontali a scorrimento. Tavola posta entro cornice a cassetta in legno intagliato e dorato con preparazione a bolo, battuta liscia con racemi vegetali intagliati intervallati a decori pure floreali realizzati a punzonatura, ampia fascia modanata esterna a ovoli e dardi, fascia liscia a listello a luce con fascia a perline. Maria Vergine è seduta, in posizione quasi di profilo, un velo sottile e trasparente sotto un panno bianco ricopre i capelli. La tunica indossata da Maria è rosso carminio come il mantello che indossa il Bambino. Il fanciullo è vestito all'antica, con tunica verde sotto il mantello, il quale è fissato alla spalla sinistra da un cordino che scende con doppia nappa ed una perla. Più modesta la veste marrone del San Giovannino, a mezzo busto e di spalle, che indica la scena rivolto all'osservatore

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera mista a olio
  • ATTRIBUZIONI Zaganelli Francesco (e Aiuti): pittore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Maestro Della Conversazione Walters
    Zenale Bernardo
    Bartolomeo Veneto
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo della Residenza della Cassa dei Risparmi di Forlì
  • INDIRIZZO Corso della Repubblica, 12, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola venne segnalata a New York da Federico Zeri col supporto di una foto di Arthur Murray risalente al sesto decennio del XX secolo. Tuttavia doveva trovarsi lì già da molto tempo dacché la sua prima attestazione risulta essere l’expertise che Wilhelm Suida aveva sottoscritto nel dicembre 1939, da poco giunto nella metropoli americana, sua nuova patria dopo la precipitosa partenza dell’Europa. Lo storico dell’arte austriaco individuava subito il corretto contesto produttivo dell’opera la quale pertanto, nella prima vendita all’incanto (Parke-Bernet Galleries, 12 novembre 1952 - lotto 130) sarebbe stata accompagnata dall’attribuzione agli ‘Zaganelli’, cifra cumulativa ad entrambi i fratelli cotignolesi Bernardino e Francesco. Del resto Roberto Longhi l’anno seguente confesserà «continuano a sembrarmi fratelli siamesi anche dopo la intelligente operazione tentata dal dott. Gnudi nel recente catalogo della Mostra di Forlì» (Longhi 1940 ampliamenti alla Officina Ferrarese), facendo ovviamente riferimento alle schede che ai due maestri aveva dedicato Gnudi nella fastosa mostra curata con Ragghianti e Becherucci nel 1938, ricorrenti i centenari dei due artisti cruciali per il Rinascimento forlivese (il V° della nascita di Melozzo, il IV° della morte di Palmezzano l’anno dopo) e che aveva avuto qualche merito anche nell’estendere lo sguardo a vicini contesti produttivi come appunto la Cotignola sforzesca e il fiorire della “società” dei fratelli Zaganelli. Potè essere pertanto anche un poco figlia dell’attenzione rivolta al periodo da parte degli studiosi internazionali, il riconoscimento sicuro della nostra tavola. Del resto, sondando le etichette via via incollate alla parchettatura sul retro, esse mantennero quel nome, appena storpiato in “Zagianelli”, nelle successive attestazioni di possesso espresse sia dalla galleria Silberman, (fondata sempre a New York nel 1938 da Elkan e Abris Silberman), dove probabilmente la vide Zeri, sia dalla londinese Matthiesen, dove giunse dopo l’asta Sotheby’s del 14 gennaio 1994 battuta a New York, per restarvi appena più di un anno, allorché all’inizio di maggio 1995 essa veniva acquistata dalla Cassa dei Risparmi di Forlì. Già l’etichetta Silberman riportava tuttavia, insieme al nome del solo Francesco Zagianelli, anche quello di Bartolommeo Veneto, in una qualificazione di certo figlia di inquadramenti critici per quest’ultimo allora evidentemente troppo aurorali, ma che fanno presumibilmente il paio con la parimenti curiosa presenza di una nota manoscritta che Zeri manteneva sul retro della foto Murray degli anni ‘50: “Bernardo Martini Zenale” (la foto comunque era correttamente inserita nel fascicolo di Francesco Zaganelli). Più che serie proposte attributive, tali spigolature danno piuttosto corpo ad una certa aura “lombarda” posseduta in effetti dalla composizione. Del resto se ne può trarre conferme anche nell’esclusione del più ‘pinturicchiesco’ Bernardino, per mantenere come autore il solo Francesco, più longevo dei due e già interpellato per viaggi a Milano (Colombi Ferretti 2015), e contatti con Giovanni Agostino da Lodi, un altro artista sensibile all’invincibile fascino dell’arte nordica e attento alle presenze veneziane di Albrecht Durer. Rispondono a questa particolare attitudine, per portare qualche esempio, i modi da oreficeria con cui sono stati dipinti i riccioli dei due bambini, del Gesù in particolar modo. Ad alcuni espedienti – comunque non risolutivi nel caso presente – di naturalismo minuto e lenticolare, si uniscono poi evidenti le sollecitazioni di questo sguardo malinconico e quanto mai riflessivo assunto dalla Madonna, spiegabili con facilità in un artista attento in gioventù alle composizioni sacre veneziane di Antonello e di Giovanni Bellini, ma qui oggettivamente vicino a sensibilità quasi lombarde, più verso Solario a dire il vero, che non a Zenale. La figura del Bambino partecipa dello stesso enigmatico silenzio e se ne fa anzi mediatore privilegiato con l’osservatore, con maggiore forza rispetto ad un Giovannino serafico ma invero alquanto rigido. Dolcissimo è l’arco degli occhi, flesso e protratto all’estremo, in assonanza con la linea della bocca che scende sotto la rotondità delle guance, fino ad essere questi più larghi di quelli della madre. Per tornare alla figura della Vegine, come ricordato nella scheda di Donati, l’impostazione dei volti giocata sul profilo e sull’estensione lineare del naso non è inedita nella pittura di Francesco Zaganelli (richiamati i volti del Battista e di San Rocco nella pala firmata il 1518 per San Martino di Viadana), pur se risulta minoritaria per la Madonna, che spesso è altrimenti ricondotta a un ovale tornito, specie nella punta del naso. Alcune peculiarità della tavola della Cassa di Forlì, appena accennate, e tra tutte la netta lontananza dall’arte del fratello Bernardino, contribuiscono ad ogni modo a suggerire una produzione alla fase terminale di Francesco, dopo l’avvio del terzo decennio del secolo, e pertanto espressione della bottega da questi stabilita saldamente a Ravenna a partire dal 1513, anche per la presenza di alcuni percepibili indebolimenti della tensione qualitativa della pittura. L’opera è stata d’altro canto ricompresa nella recente proposta di varo critico di una differente personalità artistica, dubitativamente appellata con il namepiece di “Maestro della conversazione Walters”. L’iniziativa, condotta da Andrea Ugolini, costituisce in tal senso l’evoluzione delle fondamentali puntualizzazioni che Raffaella Zama e Andrea De Marchi avevano avviato nel 1994 per la distinzione analitica delle responsabilità distinte dei due fratelli, ad aprire poi la strada all’identificazione delle personalità ‘minori’ gravitanti attorno alla bottega, o meglio alle botteghe degli Zaganelli, dapprima riuniti e poi separati, essa si integra alle pure recenti aperture di Andrey Bliznyukov riguardanti i rapporti e le dipendenze reciproche con Antonio Pirri. Nella decina di opere del Maestro della Conversazione Walters, che potrebbe ad ogni buon conto corrispondere a nient’altro che la fase estrema dello stesso Francesco, ovvero alla sempre potenziale e mai saggiata identificazione del terzo fratello Matteo Zaganelli, si annoverano opere a vario titolo accostate agli Zaganelli, e tra le quali, per evidenti affinità stilistiche con la tavola di Forlì, conviene citarne almeno le seguenti: il Gesù Bambino in braccio alla Madonna in Conversazione con i SS. Giovanni Battista e Francesco del Museo nazionale di Belgrado ha le stesse rotondità del mento e gli stessi archetti del labbro superiore, mentre vicinanze alla figura della Vergine si ritrovano nel profilo appena meno netto sperimentato sia nella Madonna col Bambino di collezione privata bolognese (Foteca Zeri scheda 59528 - già a Firenze presso Lawrence Kalom), o nello stesso gruppo con l’aggiunta del San Giovannino apparso nel 1975 presso Lempertz e già a Ferrara nell’Ottocento presso Giovanni Barbi Cinti (vedi Ugolini 2017)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800686809
  • NUMERO D'INVENTARIO MS002288
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2021
  • ISCRIZIONI retro della cornice, angolo in basso a destra - 000560 - a stampa su etichetta di carta, a penna, a pennarello - inglese
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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