Spinario estense (Giovane che si toglie una spina dal piede. Figura di giovane seduto su un sedile di roccia, curvo e reclinato in avanti nell'atto di accavallare la gamba sinistra su quella destra per togliersi una spina dal piede

scultura scultura marmorea a figura intera, post 100 a.C - ante 1 a.C
Arte Romana Repubblicana (attribuito)
509 a.C. 509 a.C. / 27 a.C

Figura di giovane seduto su un sedile di roccia, curvo e reclinato in avanti nell'atto di accavallare la gamba sinistra su quella destra per togliersi una spina dal piede. Roma, Palazzo imperiale sul Palatino, ante 1566; Ferrara, Castello Estense, 1566; Ferrara, laboratorio dello scultore Francesco Casella, 1598; Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 1599; Modena, collezioni estensi, 1629-30; Modena, Palazzo dei Musei, 1894 (inventariato in R.C.G.E. nel 1924)

  • OGGETTO scultura scultura marmorea a figura intera
  • MATERIA E TECNICA Marmo
  • MISURE Profondità: 36 cm
    Altezza: 92 cm
    Larghezza: 50 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Romano
  • ATTRIBUZIONI Arte Romana Repubblicana (attribuito): scultore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense di Modena
  • LOCALIZZAZIONE Gallerie Estensi
  • INDIRIZZO largo Porta S. Agostino, 337, Modena (MO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Lo Spinario estense è una scultura emblematica degli interessi archeologici degli Estensi. Venne acquistata, tramite Pirro Ligorio, nel 1566 dal cardinale Ippolito II d’Este, come opera antica recuperata dal un palazzo imperiale del Palatino (forse la Domus Flavia). Se in anni recenti (Bentini 1996 e 1998) lo Spinario estense è stato ritenuto opera del XVI sec., oggi prevale una datazione all’antichità, in accordo con quanto già ritenuto da Adolfo Venturi (in R. Galleria Estense 1883, p. 80), il quale però lo riteneva perduto. Secondo quanto espresso da Claudio Parisi Presicce (in Catoni 2008, p. 206), l’opera è riferibile all’epoca cesariano-protoaugustea, idea riaffermata da Fabrizio Paolucci (in Paolozzi Strozzi, Bormand 2013, p. 286). Alla morte del cardinale entrò a far parte delle raccolte ducali allestite nell’antiquarium del Castello di Ferrara. L’immagine del giovane cavaspino era conosciuta ed apprezzata già nel medioevo. Si pensi, ad esempio, alla sua raffigurazione tra i girali popolati di figure che decorano l’archivolto dei portali della cattedrale di Modena. I riferimenti a tale scultura derivavano dalla statua bronzea che si trovava, allora, nel campus Lateranensis a Roma, prima che questo rientrasse nella donazione di Sisto IV al popolo romano, giunta in Campidoglio nel 1471. Con il Rinascimento l’opera venne letta dagli artisti come modello (exemplar) dell’eccellenza dell’arte classica. Insieme al Marco Aurelio, lo Spinario fu replicato innumerevoli volte. Pier Jacopo Alari Bonaccolsi, detto l’Antico, realizzò per Isabella d’Este una di queste statuette intorno al 1501. La copia estense (ingrandita rispetto all’originale, alto solamente 73 cm e oggi conservato nei Musei capitolini), assieme a dodici teste ritenute antiche, fu restaurata tra il 1598 e il 1599 dallo scultore Francesco Casella (lettera dello stesso a Giovan Battista Laderchi, segretario del duca Cesare d’Este: ASMo, Archivio per materie, Arti belle-scultori, b. 17/1). Giunse a giunse a Modena negli anni 1629-30 (Venturi 1883, pp. 129-130). Ampie dispute si sono susseguite in riferimento alla sua cronologia: un’opera di stile severo o della scuola di Prassitele prima, un’opera originale del III o del I secolo a.C. poi. Lo Spinario oggi è quasi unanimemente considerato un’opera eclettica, in cui compare una commistione tra un corpo concepito su un prototipo ellenistico e una testa dalla forma in stile severo. Si ipotizza dunque che l’opera sia stata creata in età ellenistica e giunta a noi in questa redazione di I secolo a.C.. Il tema figurativo, grazie al significato simbolico assegnato all’azione dell’estrarre la spina, si trasformò, già in età antica, in una metafora del dolore procurato dall’innamoramento, il che ne ha decretato la grande fortuna. Ed è un’interpretazione che ha avuto fortuna sino ai giorni nostri, dato persino che István Szabó nel film Sunshine (1999) cita lo Spinario in tale chiave, rivolta quindi agli amorosi sensi. Oggi, in considerazione della sua produzione in età proto-augustea, le possibilità identificative si spostano invece dall’immagine generica di un pastorello verso un personaggio specifico e significativo per la storia mitica dell’antica Roma. E in età augustea il pastore di origini greche per antonomasia era Ascanio/Iulo, capostipite della gens Iulia
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800675924
  • NUMERO D'INVENTARIO 4167 (inventariato in R.C.G.E. nel 1924)
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA GALLERIA ESTENSE
  • ENTE SCHEDATORE GALLERIA ESTENSE
  • DATA DI COMPILAZIONE 2018
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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