Natura morta di fiori e frutta. Natura morta di fiori e frutta

dipinto ca 1650 - ca 1699
Marchioni Elisabetta (notizie Seconda Metà Xvii / Inizio Xviii)
notizie seconda metà XVII / inizio XVIII

Pittura ad olio su tela. Sul verso sono presenti due etichette: la prima relativa alla mostra del 1964 a Napoli-Zurigo; la seconda di Cienne Transport

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Produzione Veneta
  • ATTRIBUZIONI Marchioni Elisabetta (notizie Seconda Metà Xvii / Inizio Xviii)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Roverella
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Roverella
  • INDIRIZZO via Laurenti 8/10, Rovigo (RO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Elisabetta Marchioni, presumibilmente rodigina d’origine, fu una pittrice attiva nel capoluogo polesano tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, specializzata in nature morte di fiori e frutta. Non sono noti gli estremi cronologici della sua vita, perché non si conosce il suo cognome da nubile (Marchioni, infatti, è quello del marito). Si ritiene che Elisabetta fosse moglie dell’orefice Sante Marchioni, operante nella piazza di Rovigo, in base alla testimonianza del Bartoli (1793), suo primo biografo, il quale sosteneva che “quasi tutte le case di Rovigo possedevano quattro, sei, otto [suoi quadri]”. Secondo altri, si potrebbe riconoscere nella monaca rodigina Elisabetta Marchiori. Non mancano dubbi anche sul cognome Marchiori o Marchioni, di scarsa tradizione polesana. Non è escluso che il marito provenisse dalla Toscana, dove l’arte orafa vanta un’antica tradizione. La pittrice, molto apprezzata già in vita, anticipò con il suo stile le fantasie floreali veneziane riferibili all’ambito di Francesco Guardi, caratterizzate da vasi e recipienti di svelta e quasi impressionistica modellazione, con una base di fondo scuro, per far risaltare densi mazzi di fiori fantasiosi. Nonostante abitasse in un luogo periferico dal punto di vista artistico e senza una tradizione propria nel campo della pittura, la Marchioni si è sempre dimostrata aggiornata sul panorama a lei contemporaneo: il suo stile sembra debitore della conoscenza di Francesco Mantovano e molto simile a quello della lombarda Margherita Caffi. La produzione artistica di Elisabetta Marchioni si caratterizza per alcuni elementi peculiari: la collocazione dei recipienti su due livelli diversi per creare cascate floreali policrome ed esuberanti in stile proto-rococò; le composizioni costituite da un vasto assortimento di fiori resi con libertà e fantasia piuttosto che copiati dal vero; le immancabili “cascatelle di verde” e “la spappolatura dei petali nelle rose”. Della sua vasta produzione, con infinite variazioni sul tema, si è persa per la maggior parte traccia. Ben poco, inoltre, è rimasto nella sua città natale. Un caso a parte è costituito dal paliotto floreale che la stessa Elisabetta donò alla Chiesa dei Cappuccini di Rovigo, oggi conservato nella Pinacoteca dell’Accademia dei Concordi. Dalla medesima collezione proviene anche la “Natura morta con fiori e frutta” e la “Natura morta con melograni”, che Bartoli (1793) aveva visto in casa Silvestri al pianterreno del palazzo. Tuttavia, non si può escludere che il primo dei due esemplari si possa riconoscere in quello visto in Casa Campanari sempre dal Bartoli (1793), che così era stato descritto: “Il quadro grande per traverso esprimente alcuni vasi di fiori, e cestelle di frutti, così naturalmente dipinti, è opera della Marchioni da Rovigo, pittrice di vaglia in questo genere di pittura”. Naturalmente la descrizione non permette di essere certi del riconoscimento, ma è anche vero che diversi dipinti conservati presso la famiglia Campanari siano poi confluiti nelle collezioni dei Silvestri. L’autografia del dipinto non è mai stata posta in dubbio e, anzi, in parallelo con la ricostruzione della figura della Marchioni operata dalla critica, trova ancor più riscontri favorevoli. L’impostazione su fondo scuro atta a far risaltare i fiori, la disposizione su corti gradini, la scioltezza del tratto e la qualità della rappresentazione depongono a favore. Ulteriormente corrobora il confronto con l’unica opera di sicura autografia, ossia il paliotto d’altare donato dalla pittrice ai Cappuccini di Rovigo, ricordato dal Bartoli (1793), e poi confluito nelle raccolte dell’Accademia dei Concordi. Purtroppo, l’assenza di documentazione che faccia luce sulla vita dell’artista rende impossibile una collocazione cronologica più ristretta della seconda metà del XVII secolo, anche se, secondo Gianluca e Ulisse Bocchi (1998), le due tele dei Concordi possono essere collocate nella fase giovanile dell’artista, assieme ad altri due quadri appartenenti al Seminario Vescovile di Rovigo, parimente provenienti dalla Collezione Silvestri. Rispetto a questi ultimi due, la composizione è ravvicinata e satura maggiormente lo spazio disponibile, mentre nei primi risulta più arretrata; ciò risulta facilitato anche dal formato: sempre rettangolare, ma verticale e non più orizzontale. Allo stesso tempo, il punto di vista (frequentemente alzato dall’artista) rimane invariato
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà mista pubblica/privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500730538
  • NUMERO D'INVENTARIO 388
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Accademia dei Concordi
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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